Sequestri, tensione, minacce e manipolazione
di voti, nel Guatemala che si avvicina alle elezioni del
9 Novembre.
Dopo 51 ore di prigionia sono stati liberati quattro giornalisti
sequestrati da un gruppo di ex paramilitari appartenenti,
negli anni del conflitto interno, alle forze delle PAC, le “Pattuglie
di Autodifesa Civile” create dall’esercito per combattere
le guerriglie popolari.
Il fatto non è isolato, ma rientra nel clima di violenza
pre-elettorale che l’FRG (partito al governo) alimenta per
creare caos e favorire il proprio candidato: Rios Montt,
ex dittatore genocida. Portillo nell’ultimo anno di governo
ha strumentalizzato il tema dei rimborsi alle vittime della
popolazione (tema presente negli Accordi di Pace tra Stato
e guerriglia) per destinare quei fondi ai membri di quelle
pattuglie paramilitari che attuarono massacri e sterminarono
la popolazione indigena.
Nel piano dei rimborsi attuato da Governo alcuni di questi
gruppi sono rimasti esclusi dalle ricompense come un gruppo
di exPAC, di una comunità al nord del Paese, che risvegliando
la violenza che per tanti anni ha caratterizzato le loro
azioni, ha attuato un blocco stradale per protesta contro
il mancato finanziamento del loro gruppo. I giornalisti del
quotidiano nazionale Prensa Libre, arrivati sul luogo, sono
stati malmenati e sequestrati. Il Governo, fin dalle prime
ore non ha dimostrato la volontà di un impegno per la loro
liberazione. Lo stesso partito, infatti, più volte, ha accusato
la stampa e fomentato la violenza e le aggressioni contro
giornalisti indipendenti.
Dopo più di un giorno di sequestro, quando ormai la pressione
nazionale ed internazionale diveniva sempre più forte, è stata
inviata una missione governativa per le trattative che, in
breve, si sono concluse con la promessa, da parte del governo,
di includere anche quel gruppo di exparamilitari nel piano
nazionale dei rimborsi. Un fatto che potrebbe scatenare altra
violenza da parte di gruppi simili che si stanno riorganizzando
come avvenne negli anni del conflitto interno, stavolta non
per attuare massacri ma per ottenere privilegi e cercare
di imporre il voto a favore del partito che sempre li ha
appoggiati l’FRG, il partito dell’exdittatore Rios Montt.
Per oltre 30 anni, dalla fine della sua dittatura, Montt
ha cercato di arrivare al potere ma sempre la Corte Costituzionale
bloccava la sua candidatura. Solo da quest’anno è riuscito,
grazie a corruzione e violenza, ad ottenere il via libera
alla candidatura per Presidente del Congresso. Evento chiave
per ottenere quel via libera è stata una dimostrazione di
violenza attuata da un migliaio di persone che, incappucciate
ed armate hanno preso possesso della capitale nei giorni
del 24 e 25 luglio, questo senza che le forze dell’ordine
o l’esercito intervenisse. L’evento era stato evidentemente
organizzato per richiedere con forza, di fronte alla Corte
Costituzionale e al Tribunale Elettorale, le carte per candidare
alle prossime elezioni presidenziali il loro Generale Montt.
Il via libera è arrivato dopo pochi giorni. L’inchiesta della
Procura, partita nei giorni seguenti, dopo poco si è arenata
sebbene siano apparse nella stampa nazionale foto di deputati
dell’FRG mentre prendevano parte o dirigevano i disordini.
Mentre il giorno delle elezioni si avvicina l’FRG sta portando
il paese in un clima di violenza e nella corruzione mai toccato
dopo gli Accordi di Pace del 1996. Varie organizzazioni,
anche statali, come il Tribunale Supremo Elettorale, denunciano
che il partito al governo sta utilizzando fondi pubblici
per la campagna elettorale del proprio candidato-exgenerale-genocida.
Un chiaro esempio sono i fondi governativi destinati agli
exparamilitari che vengono distribuiti adesso, in una prima
parte, promettendo l’erogazione della seconda solo dopo la
vincita delle elezioni. “L’acquisto” dei voti passa anche
attraverso la distribuzione di lamine per tetti in comunità indigene
povere ed isolate, di cibo e di fertilizzanti, in cambio
delle preferenza elettorale e, per esser sicuri della fedeltà dei
beneficiari, l’FRG e gli ex PAC stanno diffondendo la notizia
seconda la quale ci saranno sistemi di controllo, nelle cabine
elettorali, per cui loro potranno controllare le singole
votazioni. Seguono, chiaramente, minacce a chi non voterà per
il partito al governo.
In più province del paese vengono oscurate dal governo radio
e TV locali che diffondono propaganda politica di partiti
diversi l’FRG.
Contrabbando, attacchi e minacce ai difensori dei diritti
umani, agli operatori di giustizia, ai giornalisti, ai sindacalisti,
una forza di potere parallelo che controlla il potere nell’amministrazione
pubblica, criminalità e violenza generalizzata, la crescita
della corruzione e del crimine organizzato, il continuo attacco
alla stampa indipendente, violenza politica e assassini ad
attivisti politici e militanti dei partiti, deficienze strutturali
nell’amministrazione della giustizia con conseguente e dilagante
impunità, crescita della tensione e della polarizzazione
politica come causa diretta della violenta e criminale campagna
elettorale dell’FRG. Questo il clima che caratterizza il
Guatemala a pochi giorni dalle elezioni.
737 sono i casi di assassini di cui oltre 20 per motivi politici,
che si sono verificati nei primi sei mesi dell’anno. Per
oltre il 90% di questi casi le indagini non partono nemmeno.
La Commissione Interamericana dei Diritti umani, l’Organizzazione
degli stati Americani, l’Unione Europea esprimono, attraverso
propri delegati, inviati per controllare il processo elettorale,
forte preoccupazione per la situazione disastrosa in cui
riversa il Guatemala di oggi. Un paese che dopo gli accordi
di Pace del 1996 aveva sperato fortemente in un futuro di
pace ma che, dopo pochi anni, ha visto cadere quei sogni
stroncati dalla politica di un governo che ha stralciato
gli Accordi di Pace, ha destrutturato l’apparto di giustizia,
ha corrotto gran parte dello Stato ed ha finanziato Esercito
e Servizi Segreti con budget superiori a quelli degli anni
del conflitto interno. Questo, chiaramente, a scapito dei
piani di rimborso alle vere vittime del conflitto, dei piani
di sanità ed istruzione, in un paese dove giustizia, salute
ed alfabetizzazione sono due priorità centrali per lo sviluppo.
Il partito al governo ha già contrattato, per il giorno delle
elezioni, l’affitto di oltre il 50% del trasporto urbano
ed extraurbano per il trasporto dei propri simpatizzanti
nel recarsi alle urne. Ci si chiede come si muoveranno gli
altri.
Il timore, in molte comunità indigene ma anche nelle principali
città, nel giorno delle elezioni è che si possa ricorrere
all’uso indiscriminato della violenza.
Nei sondaggi dei tre principali quotidiani nazionali Rios
Montt (con l’11% circa delle preferenze) è solo terzo preceduto
da Colom (circa al 20%) e da Berger (oltre il 35%). In molti
temono che l’FRG possa ricorrere a brogli elettorali per
conquistare il potere ma, se anche così non fosse, comunque
i voti dell’FRG saranno decisivi in caso di ballottaggio
tra due diversi candidati.
E’ incredibile notare il silenzio dell’informazione internazionale
a fronte della situazione che si vive nel paese e dei rischi
che il Guatemala corre con questa sfida elettorale. La stessa
Rigoberta Menchù è stata aggredita da un gruppo di simpatizzanti
dell’FRG per le sue forti e continue azioni di denuncia e
contrasto alle politiche del partito di Rios Montt.
Già sappiamo che gli eventi di violenza e compra di voti
porteranno sicuramente alla modifica dell’esito elettorale
a favore dell’FRG ma saranno più di diecimila gli osservatori,
nazionali e internazionali, accreditati presso il Tribunale
Supremo Elettorale, che il 9 Novembre controlleranno il regolare
processo elettorale e si distribuiranno in gran parte del
paese, dalle città alle comunità indigene più isolate. Non
ci resta che mantenere viva l’attenzione su questo paese.
Alessio Ciacci
05.11.2003
Collettivo Bellaciao