L'URLO DI RABBIA DI DUE GENITORI: LO STATO CI HA NEGATO GIUSTIZIA !

I genitori di un ragazzo "morto di naja" durante il servizio militare obbligatorio hanno scoperto che il figlio è stato seppellito nudo, sporco di fango e chiuso in un sacco di plastica. Ma per la magistratura è stato tutto regolare: non c'è stato nessun vilipendio. Un grido di rabbia contro l'archiviazione delle indagini, disposta il 26 febbraio 2004 dopo sei anni di non indagini.

MESSAGGIO ALLE PERSONE DI BUONA VOLONTA'

Il 9 febbraio u.s. accompagnati dai nostri legali: avvocati Livio Bernot e Roberto Mazza del Foro di Gorizia V.le XXIV Maggio, 7 Tel. 0481.533757 - 34170 Gorizia; siamo stati finalmente ascoltati dal Giudice per le Indagini Preliminari che il 26 febbraio, solo 17 giorni dopo l'udienza, ha deciso di archiviare la nostra richiesta di indagini sulla morte di nostro figlio, morto per servire lo Stato che gli ha negato giustizia.

Davanti ai nostri occhi di genitori oggi non c'è l'immagine di una legge uguale per tutti, ma quella di una magistratura fetida ed arrogante che da 5 anni e 8 mesi si tappa occhi, naso e orecchie per non vedere né sentire gli atti ufficiali di questa vicenda, le autopsie fatte e poi sottratte dai fascicoli, i documenti dettagliati che abbiamo presentato, tutte le nostre richieste di giustizia riguardo all'assassinio di nostro figlio Roberto, e al conseguente vilipendio alla Sua salma.

Roberto è morto in quel maledetto ed obsoleto servizio obbligatorio, denominato servizio militare di leva o naja che condiziona la vita dei giovani al pari di quei regimi totalitari che da sempre il nostro paese ha criticato e condannato. La naja ci strappa i nostri figli, cresciuti con le nostre sole forze (senza asili nido, senza contributi economici per la "scuola dell'obbligo", con un'assistenza sanitaria per lo più a pagamento, e senza prospettive per il loro futuro) e con tutto l'amore che solo i genitori possono nutrire per i loro figli.

Dopo quasi sei anni di attesa, a partire da questa unica udienza sono bastati 17 giorni per dire ancora una volta che è stato il caso a uccidere nostro figlio, unitamente ad altri tre militari e una donna civile.

Nostro figlio era in servizio militare di leva, lontano da casa ed in tempo di pace. Secondo il Gip che ha archiviato le indagini, seppellirlo nudo come un verme, sporco come un maiale, storto e scomposto come un ramo secco, "per quanto riprovevole non è condannabile".

Trattandosi di un atto che viene riconosciuto come lecito e non rilevante dal punto di vista legale, il Gip nel Nome del Popolo Italiano ha legittimato che i militari che perdono la vita al servizio della patria, in futuro potranno essere gettati nella bara nudi e sporchi divenendo ciò normale e quotidiana consuetudine, ed i responsabili restando impuniti ed impunibili.

E il noto pregiudicato Giuseppe Calabrese, titolare delle pompe funebri "Amadeus", già condannato per altri reati, da questa vicenda ne uscirà pulito, anche dopo aver truffato sul trasporto delle bare contenenti la salma di nostro figlio e degli altri militi morti con lui.

Questa truffa, e queste bare, erano ricoperte da un tricolore, svilito, vilipeso e usato al pari di uno straccio miserabile per nascondere queste nefandezze.

Per la magistratura è irrilevante che ai genitori di quei caduti in tempo di pace sia stato negato il diritto al dovuto riconoscimento delle salme.

Ai parenti dei caduti di Nassiriya è stata permessa la riapertura delle bare una volta rientrate in patria per consentire ai familiari questa triste e dolorosa incombenza. Ancora una volta lo Stato ha dimostrato che per la politica ci sono dei caduti "di serie A" e altri di "serie B", come i ragazzi morti di leucemia a causa dell'uranio impoverito, che in moltissimi casi non hanno avuto il riconoscimento della causa di servizio legata alla loro malattia.

Nostro figlio non è stato celebrato dalle massime autorità dello Stato, ma a noi genitori sarebbe bastata anche una cerimonia funebre dignitosa. Ciò che abbiamo avuto, invece è stata una misera cerimonia svoltasi all'interno della caserma M. Feruglio M.O., in un cortile dove i cassonetti della spazzatura erano a pochi metri dalle bare di nostro figlio e dei Suoi tre commilitoni.

Le mura di quella caserma sono sormontate dalla famigerata intimazione "LIMITE INVALICABILE - SORVEGLIANZA ARMATA", e quella cerimonia funebre ci è stata pertanto negata. I familiari di quei militari caduti in tempo di pace hanno riavuto i loro figli direttamente a domicilio, consegnati su volgarissimi ed anonimi furgoncini solitamente adibiti al trasporto di merci senza valore.

E' così che abbiamo capito che lo Stato considera senza valore le bare dei nostri figli, caduti per servire una "patria" ingrata ed infedele, rappresentata da un mondo politico e da una gerarchia militare che ha risposto al giuramento di fedeltà alla Repubblica fatto dai nostri figli con l'oltraggio ed il vilipendio, proteggendo non solo gli assassini, ma anche il noto pregiudicato che non avrebbe potuto fare impunemente tutto ciò che ha fatto se non godesse delle opportune protezioni.

Queste protezioni oggi non meravigliano più nessuno, le pagine dei quotidiani sono piene tutti i giorni di atti vergognosi che ci allineano a quei paesi che abbiamo da sempre condannato in nome della giustizia e della democrazia: i regimi di Pinochet, Didi Amin, Ceausescu, Saddam Hussein, e altri ancora.

La nostra classe politica dirigente ci fa vergognare davanti all'intera umanità, e ai nostri occhi di genitori violentati, offesi e vilipesi, la politica adottata nei nostri confronti dal Parlamento e dalla Magistratura ci sembra una politica degna della peggior "associazione a delinquere": gli Andreotti, gli Amato, i Prodi, i D'Alema, i Fassino, i Berlusconi e i Ciampi sono tutti pieni di bella retorica per la morte dei "nostri ragazzi" quando questa morte è sotto i riflettori della stampa, ma diventano tutti ciechi e sordi alle invocazioni di giustizia del popolo "oppresso", imbrogliato e ingannato dopo aver creduto e sperato in un paese veramente libero e GIUSTO.

La giustizia al servizio del "potere armato" obbliga all'eterno silenzio i testimoni scomodi, come è accaduto nel "Caso Ustica", nel "Caso Ilaria Alpi", nel "Caso P.za Fontana" e in moltissime altre situazioni. Intorno alle Forze Armate non bisogna mai fare rumore. A questo diktat si adegua anche la magistratura: con la sentenza di oggi lo ha dimostrato ancora una volta e inequivocabilmente.

Alla luce di tutto ciò e del male che questo paese ci ha riservato, rifiutiamo una identità nazionale in cui non ci riconosciamo, ci rifiutiamo di rispettare personaggi che non meritano nessun rispetto in quanto già responsabili dell'assassinio di nostro figlio, del suo vilipendio e delle menzogne costruite per celare la verità che noi ben conosciamo. Questi uomini non rappresentano l'ideale di Stato Sovrano, ma il disvalore della sopraffazione e persistono nel negare quella giustizia che ci rende veramente liberi, e che non va professata solo con parole vuote ed ipocrite, ma anche con dei concreti atti di giustizia verso la nostra famiglia e verso tutte le famiglie dei ragazzi morti in divisa, caduti anche in tempo di pace e in terra di pace.

Mamma e Papà Garro genitori dell'alpino Roberto Garro Per contatti e informazioni:

Co.Ge.Mil.
COMITATO GENITORI DI MILITARI CADUTI IN TEMPO DI PACE
Referenti: Angelo Garro e Anna Cremona
Tel.Fax 02.7389527
Cell. 338.9351886

E-mail : cogemil.caduti@libero.it

http://www.alpinorobertogarro.it

27.02.2004
Collettivo Bellaciao