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RED EYE, il film di Wes Craven - Volare dopo l’11 settembre è sempre horror

Publie le sabato 22 ottobre 2005 par Open-Publishing

Dazibao Cinema-video - foto

Horror psicologico sull’aereo per gli States

di GIULIA D’AGNOLO VALLAN

«Povero nel budget ma non nello spirito». Così Dennis Lim (Village Voice) ha descritto Red Eye, il clautrofobico thriller di Wes Craven incentrato su un duello all’ultimo sangue che si combatte per la maggior parte su due poltrone di classe economica a bordo di un jet Dallas-Miami nella tempesta.

Lei (Rachel McAdams): direttrice delle pubbliche relazioni di un grande albergo della Florida, ineccepibile, imperturbabile di fronte ai clienti più orribili e alle richieste più bizzarre o complicate, come la suite blindata del vicesegretario per la sicurezza nazionale Usa. Sta rientrando a Miami da Dallas dove si è recata per un problema di famiglia.

Lui (Cillian Murphy, già temibile nell’ultimo Batman, prossimamente con Ken Loach): modi da seduttore di professione se non fosse per l’occhio verde/blu un po’ troppo inquietante. La abborda al terminal, dividono un drink quando l’aereo è in ritardo e, per una strana coincidenza, il suo posto in aereo è proprio al fianco di lei.

Appena decollati, Murphy modifica un po’ quella sua aria soave per annunciare alla vicina che, se non collabora al suo micidiale plot terroristico il padre (Brian Cox) sarà ucciso da un complice già appostato nei paraggi della sua residenza. Il meglio di questo compattissimo ritorno in forma di Craven si gioca in poco più di un paio di metri quadrati di cabina d’aereo, una guerra psicologica ma anche fisica tra i due protagonisti.

Già carico di tutta la tensione che si accumula naturalmente viaggiando negli Usa post 11 settembre, con tutte le linee aeree sull’orlo del fallimento (controlli interminabili, nervosismi e paure diffuse, condizioni di volo sempre più disagiate...) Craven usa al massimo la premessa di soffocanti giochi a gatto e topo come i recenti successi Phone Booth, Speed o Panic Room.

L’orrore della straripante cabina in economica - con le hostess furibonde perché sono rimaste senza pensione insieme all’orrore intrinseco al plot. Non sorprende che Red Eye sia stato in Usa un sorprendente successo di tarda estate. Agile, compattissimo, agguerrito, con due attori capaci di rendere interessanti i minimi movimenti del volto, calibrato come un cronometro è stato il miglior pop corn movie della stagione calda.

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"Red eye"

Intervista al regista Wes Craven.

di Pietro Salvatori

In un’assolata mattinata di ottobre, abbiamo l’onore e il piacere di incontrare uno dei maestri del cinema horror e thriller, padre di due delle serie che di questi generi hanno segnato gli anni ’90 come Nightmare e Scream. E’ Wes Craven, che si presta volentieri a rispondere a domande sul suo ultimo film, "Red Eye", ma non solo.

 Lei si è sempre divertito a giocare con il thriller. Quanto l’ha divertita portare un suo film all’interno di uno spazio chiuso, quello di un aereo, se è vero, come diceva Bertolucci, che lo spazio chiuso impone uno stile?

Wes Craven: Era due anni che lavoravo duramente, non avevo nessuna intenzione di rimettermi su un film. Poi mi hanno sottoposto questa sceneggiatura, e ne sono rimasto veramente affascinato. Mi affascinavano proprio le costrizioni che uno spazio chiuso di un aereo comportava. La sfida era tenere sulla corda il pubblico con un film che per più di metà del tempo non esce da quella cabina di volo.

 Nel cast c’è una forte componente femminile. Che ruolo pensa che la donna abbia, nel film e nella società?

Wes Craven: Io adoro le donne. Sono stato cresciuto da una madre vedova, quindi conosco bene la forza e il coraggio che una donna può avere. In questo secolo, il loro arrivare a una piena eguaglianza, rappresenta una svolta epocale. C’è nel film un pò l’idea classica della damigella in pericolo.

 Perchè "Red eye" quando in realtà gli occhi del protagonista sono azzurri?

Wes Craven: Il titolo è specifico del mondo americano, è difficilmente esportabile. I "red eye" sono quei manager che lavorano a New York che decidono di fare i pendolari in aereo con la città dove risiedono. Il nomignolo si riferisce agli occhi rossi che gli vengono a causa della perdita di sonno.

 Accetterebbe di filmare il remake di un horror orientale, visto che oggi va così di moda?

Wes Craven: In realtà avevo già lavorato al remake di un film del giovane Kurosawa. Avevamo finito tutta la fase di pre-produzione, ma alla fine lo studio decise all’ultimo di rinunciare al progetto e non se ne fece niente. Oggi non lo rifarei, ormai il fenomeno è troppo inflazionato.

 Il suo cinema di oggi in cosa è diverso dai suoi inizi negli anni ’70?

Wes Craven: Innanzi tutto sono più anziano. Oggi tante cose le capisco più a fondo. Sono diventato più accomodante verso tanti aspetti, ma insieme più sofisticato. "Red eye" può essere visto anche come grande scontro sui sessi, può avere più piani di lettura. Da giovane non penso avrei fatto un film del genere.

 Lei ha abbandonato le maschere di Nightmare e Scream, per un cattivo che in realtà è un giovane dall’aria rassicurante che si trasforma in un mostro. E’ un immagine del terrorismo odierno e globalizzato?

Wes Craven: In tutto il primo atto del film in realtà tutti i personaggi indossano una maschera, ma astratta, psicologica ed emotiva. Le maschere cambiano nel corso del film, si evolvono nel secondo atto. Io non penso che sia un film sul terrorismo, anche se credo che sia importante parlare di terrorismo oggi.

 Nei suoi film dell’orrore c’è sempre molto di sè. Se dovesse fare un horror vecchio stile, qual’è la sua paura che metterebbe in scena, che non ha ancora portato sullo schermo?

Wes Craven: Probabilmente farei un film su un uomo che mi rassomiglia inseguito da un centinaio di censori che vogliono mettere mano alla sua opera. Scherzi a parte, è chiaro che oggi c’è una forte censura in America. Forse per questo che c’è una tale proliferazione di film su fantasmi, sono un compromesso tra quello che si può o non può vedere. Oggi gli horror possono addirittura venire denunciati.

http://filmup.leonardo.it/speciale/redeye/int01.htm


http://www.edoneo.org