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La sposa cadavere di Tim Burton - Trionfo dello Stop Motion

Publie le sabato 5 novembre 2005 par Open-Publishing

Dazibao Cinema-video - foto

di Paolo Mereghetti

La sposa cadavere di Tim Burton e Mike Johnson (Gran Bretagna, 2005)

Perché La sposa cadavere di Tim Burton è un capolavoro? Probabilmente si dovrebbero dare spiegazioni «critiche». Per esempio sottolineare la qualità tecnica: pensato, progettato e girato nell’arco di dieci anni, il film usa al meglio la tecnologia stop motion, in italiano conosciuta come “passo uno” che prevede di filmare fotogramma per fotogramma i pupazzi utilizzati per l’animazione facendo loro compiere un piccolissimo spostamento per volta, in modo che alla fine, la proiezione a ventiquattro fotogrammi al secondo restituisca l’impressione di movimento, anche se un po’ «meccanico» (proprio come gli effetti speciali del primo «King Kong», quello del 1933, animato in stop motion dal suo inventore Willis O’Brien; o i mostri creati da Ray Harryhausen per Gli argonauti di Don Chaffey).

Oppure notare l’ambizione "filosofica" alla base del progetto: mettere a confronto il mondo dei vivi con quello dei morti, ribaltando molti dei luoghi comuni che si associano a questi due concetti, con il mondo reale grigio e polveroso, per via dell’avidità, dell’egoismo e della violenza che vi dominano, e invece l’aldilà coloratissimo e allegro, pieno di musica e di gioia di "essere morti", dove l’entusiasmo e la generosità sembrano le qualità dominanti. O ancora sottolineare le mille trovate che costellano il film: dalle citazioni cinematografiche (una per tutti: quella che cita la frase più famosa di Via col vento - «Francamente, cara, me ne infischio» - mettendola in bocca a uno scheletro) alle gag vere e proprie (il verme troppo loquace che vive nell’orbita oculare della Sposa cadavere), alle invenzioni più scatenate (il cane-scheletro o il morto diviso in due, neanche fosse un’opera d’arte di Damien Hirst).

Per non parlare dello spessore culturale che c’è nell’utilizzo di una vecchia favola russa, adattata ai nostri tempi, con tutto quello che ne consegue in fatto di letteratura popolare, di moralità dei contenuti, di intenti pedagogici. Probabilmente si potrebbe proseguire (quasi) all’infinito. Ma nessuna spiegazione saprebbe restituire il piacere assoluto che si prova abbandonandosi all’estro bizzarro e malinconico di Tim Burton (e del suo co-regista Mike Johnson), lungo un viaggio che ci porta dentro le zone d’ombra della nostra anima, a confrontarci con i molti fantasmi che possono popolare le nostre fantasie. Magari a cominciare proprio dalle "paure" che possiamo avere sulla nostra inadeguatezza e che rischiano di allontanarci dalla donna amata, proprio come succede a Victor Van Dort, promesso sposo di Victoria Evergolt ma finito tra le braccia di una strana Sposa cadavere...

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Il dark poetico. Tavoli da biliardo a forma di bara, occhi che si staccano dalle orbite. Bruchi che paiono il grillo parlante e vivono nel teschio dei morti. Teschi più espressivi di visi. Cuori che si spezzano anche se hanno smesso di battere. Un mondo dark poetico che ormai da Burton non ci sorprende più, eppure ci ammalia ancora.

La macabra e romantica Sposa Cadavere. Un racconto popolare russo è alla base della storia: la macabra e romantica vicenda di un matrimonio involontario tra un uomo e una donna morta. Il film salta tra il mondo dei vivi - gotico, vittoriano e noioso - e il mondo dei morti - sprizzante di colori e divertimento. Victor è un promesso sposo un pò maldestro e durante le prove generali ne combina di tutti i colori facendo rimandare le nozze. Nel bosco si allena da solo alla cerimonia nuziale e infila l’anello su un ramo sottile. Ahilui, si trattava dell’anulare della Sposa Cadavere che lo trascina nel mondo dei morti. Conteso tra la sua promessa sposa Victoria e la Sposa Cadavere inizia la bizzarra odissea di Victor nel favoloso mondo dipinto da Tim Burton.

La fisicità della Stop Motion. Dopo "Nightmare before Christmas" Tim Burton torna all’amata Stop Motion (1). Stavolta però con telecamere digitali e l’utilizzo incrociato della computer graphic. Il risultato è sorprendente. Gli interni entrano in contatto con i protagonisti animati come si è visto di rado. La stop motion regala una fisicità al film che l’animazione al computer ancora non ha raggiunto. La presenza scenica di un pupazzo, illuminato da luce vere in mezzo a oggetti reali, è credibile quanto quella di un attore in carne e ossa. Tim Burton: L’animazione stop motion mi piace particolarmente perché così tangibile. I pupazzi di Corps Bride sono fatti con una cura particolare, i nostri animatori sono eccezionali. E’ meraviglioso riuscire a toccare e muovere i personaggi e vedere che il loro mondo esiste realmente. E’ come girare un film d’azione con attori reali.

(1) Stop Motion: nella tecnica stop motion si procede a passo uno (frame by frame), animando gli oggetti (pupazzi, sculture di plastilina o altro) già dotati di una propria tridimensionalità e consistenza. Per ogni secondo il personaggio viene mosso leggermente per 24 volte in uno scenario proporzionato. La proiezione in sequenza (24 fotogrammi al secondo) darà l’illusione di movimento.

http://www.film.it/articoli/2005/09...


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