Home > I detenuti di Guantanamo in sciopero della fame sono prossimi alla morte

I detenuti di Guantanamo in sciopero della fame sono prossimi alla morte

Publie le venerdì 27 gennaio 2006 par Open-Publishing

Dazibao Guerre-Conflitti Prigione USA

di Sarah Baxter

Washington ­ Nonostante l’alimentazione forzata alla quale sono sottoposti dai militari americani, diversi detenuti che stanno facendo lo sciopero della fame a Guantanamo potrebbero essere prossimi alla morte, secondo i loro avvocati.

Risultano particolarmente preoccupanti le condizioni di due scioperanti yemeniti che rifiutano il cibo da agosto. Si teme anche per la vita di un prigioniero saudita, che è stato ricoverato in ospedale.

La moglie di un cittadino britannico che sta facendo lo sciopero della fame, Shaker Aamer, la scorsa settimana è andata alla Camera dei Comuni per chiedere l’aiuto dei deputati. La moglie di Aamer, 31 anni, che vive a Londra con i suoi quattro figli e ha chiesto che non fosse fatto il suo nome, ha dichiarato: "E’ il momento di fare qualcosa. Mio marito non resisterà a lungo."

Aamer sciopera dal 2 novembre scorso. Anche se ha perso peso, è più forte di altri prigionieri che protestano per la propria detenzione senza processo.

Secondo un rapporto che l’associazione per la difesa dei diritti dei detenuti Reprieve renderà pubblico domani, gli yemeniti, identificati come Abu Bakah al-Shamrani e Abu Anas, secondo quanto affermano gli altri prigionieri sono estremamente deboli. Shamrani pesa ormai solo 32 chili.

Secondo Reprieve, Camp Echo, che è composto da celle d’isolamento, si è trasformato in un’istituzione d’alimentazione forzata, dove gli scioperanti sono tenuti separati dagli altri detenuti e dove il sentiero di ghiaia è stato ricoperto di cemento per poterli portare in giro in sedia a rotelle.

La scorsa settimana l’esercito americano ha comunicato che il numero degli scioperanti era sceso a 22 dopo il picco raggiunto a Natale, e che 17 venivano nutriti con il tubo.

Il Tenente Colonnello Jeremy Martin, portavoce della Joint Task Force (Unità Operativa Congiunta) Guantanamo, si è rifiutato di fornire il numero dei detenuti ricoverati in ospedale e ha detto che gli scioperanti erano "denutriti" ma "clinicamente stabili". Ha negato che fossero in immediato pericolo di vita.

Lo studio legale statunitense Paul Weiss, che rappresenta tre detenuti sauditi, ha ricevuto rapporti medici settimanali sempre più allarmanti sulle condizioni di uno di essi, che si trova nell’ospedale da campo.

Lo scorso mese, durante una visita a Guantanamo, agli avvocati di Paul Weiss è stato impedito di recarsi all’ospedale, e si sono sentiti dire che i loro clienti non volevano vederli. "Siamo preoccupati che possano trovarsi in pericolo di vita," ha detto uno degli avvocati, Jana Ramsay. "Di solito sono contenti di vederci."

I prigionieri nutriti a forza hanno permanentemente inserito nel naso un tubo che scende nello stomaco ed è attaccato a un altro tubo per l’alimentazione. Se non lo strappano, secondo i militari americani acconsentono a essere nutriti anche se il tubo è stato inserito con la coercizione.

Aamer questo mese ha ricevuto la visita del suo avvocato, responsabile legale di Reprieve, e "con evidente sofferenza" si è tolto il tubo dal naso per lasciarsi esaminare. Secondo Stafford-Smith il tubo era lungo un metro e dieci ed era macchiato di sangue dopo essere stato nello stomaco di Aamer.

Aamer ha giurato di continuare lo sciopero della fame finché non otterrà un giusto processo o la scarcerazione. Ha dichiarato: "Il governo britannico si rifiuta di aiutarmi. A cosa serve che mia moglie sia una cittadina britannica?" Ha detto che considera il governo britannico responsabile della sua morte quanto quello americano.

Stafford-Smith ha detto che l’"inevitabile spettro di un prigioniero musulmano morto a Guantanamo creerà un’indignazione ancora maggiore di quella provocata dalla profanazione del Corano".

The Times, 22 gennaio 2006


Tradotto dall’inglese in italiano da Mirumir, membro di Tlaxcala, la rete di traduttori per la diversità linguistica (transtlaxcala@yahoo.com). Questa traduzione è in Copyleft.