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Il miracolo di Nichi : Intervista a Vendola, presidente della Regione Puglia

Publie le sabato 11 febbraio 2006 par Open-Publishing

Dazibao Discriminazione Partito della Rifondazione Comunista Parigi

di Angelo Notarnicola

Lo scorso 6 febbraio la giunta pugliese del presidente Vendola ha approvato in via definitiva un ddl dal nome: “Sistema integrato di servizi per la dignità ed il benessere delle donne e degli uomini di Puglia”. E’ la prima legge regionale che estende i diritti, solitamente attribuiti solo alla famiglia tradizionale, anche alle coppie di fatto. Ma la legge non è solo questo, come sembrerebbe dal bombardamento mediatico. E’ più rivoluzionaria. E’ ispirata dal principio di non-discriminazione, con l’ambizione di porre al centro la persona e le sue emozioni, comuni a tutti gli esseri umani.

Vendola ha in un primo momento incontrato difficoltà nel fare accettare alla Margherita il disegno di legge. Sono stati necessari approfondimenti con le gerarchie ecclesiastiche per giungere ad un compromesso.

Sullo sfondo il superamento delle vecchie categorie politiche. Da oggi la Puglia, grazie a un “comunista”, è più libera.

 Hai dichiarato: “Abbiamo varato un disegno di legge che oggi rappresenta in Italia il punto più avanzato di ripensamento del welfare”. In che cosa consiste?

Si tratta innanzitutto di cambiare prospettiva culturale. Di non fare del welfare semplicemente una rete assistenzialista, che distribuisce risorse minime per consentire percorsi di sopravvivenza. La cosa fondamentale per noi è costruire percorsi di autosufficienza. La vocazione di un moderno welfare deve essere quella di liberare le persone dalle catene di qualunque tipo di dipendenza. Un’attrezzatura informatica può consentire ad un diversamente abile di uscire dal labirinto del suo isolamento e può metterlo in connessione con il resto del mondo, anche con l’esercizio del diritto al lavoro. Immaginare che un anziano non sia soltanto un problema, ma sia appunto una risorsa della comunità, della vita delle famiglie, della società. E quindi uscire fuori dalla logica che il recapito naturale degli anziani debba essere la loro istituzionalizzazione e fare invece dei servizi socio-assistenziali sul territorio e prospettiva dell’assistenza domiciliare l’arena che consente agli anziani di essere integrati nella società. Guardare ai migranti come a portatori di ricchezza economica e culturale. E quindi prevedere le politiche, le strutture concrete dell’accoglienza. Fare tutto questo con una visione integrata dei servizi sociali che abbia al proprio centro la promozione della dignità del benessere di una persona. Il nostro modello di welfare è fondato sulla sua vocazione universalistica, sul fatto che prevede che ciascuno possa avere quelle forme di accompagnamento verso “il lusso” della propria autonomia. Il ddl introietta fino in fondo il principio di non discriminazione nei confronti di nessuna persona. E quindi ricostruisce attorno alle famiglie una ricchissima progettazione di tutele e di servizi. Accanto, prevede l’estensione di queste tutele e di questi servizi a tutti quei nuclei di persone che abbiano vincoli di carattere solidaristico, e quindi a tutte le coppie di fatto. Noi non compiamo una equiparazione di diritto, anche perché non siamo i titolari di questo genere di legislazione. Non compiamo una equiparazione della configurazione giuridica dei diversi stili di convivenza. Semplicemente assumiamo come dato di realtà il bisogno di non introdurre o reiterare nessun criterio di discriminazione. Aboliamo il principio di discriminazione, anzi attuiamo il principio di non discriminazione

 Come era prevedibile, l’attenzione dei media si è incentrata sull’estensione dei diritti alle coppie di fatto. Sei riuscito a portare la Margherita locale sulla tua posizione, nonostante le dichiarazioni di Rutelli di tre giorni fa. L’ex sindaco di Roma aveva definito “scempiaggini” i Pacs. Come è stato possibile?

È stato possibile prestando un’attenzione seria e profonda ai rilievi critici che provenivano dal mondo cattolico e anche dalle gerarchie ecclesiastiche. Non accettando neanche per un momento il terreno dello scontro ideologico o della guerra di religione. Provando a esercitare in senso alto il dovere della mediazione. Noi oggi abbiamo costruito un compromesso straordinariamente ricco. Perché parte dall’assunto che la famiglia tradizionale sia stata ferita, scorticata viva dalle politiche del centrodestra. Che sono state politiche di smantellamento delle reti di protezione sociale, politiche di impoverimento dei corpi intermedi della società.

 Eppure, Berlusconi, qualche ora fa, ha dichiarato: “Per quanto riguarda i Pacs non credo che si debba andare ad una legge, che rischierebbe di indebolire l’istituto della famiglia”. Cosa senti di rispondergli?

Sento di non rispondergli. Penso che - per quello che è possibile - il centrosinistra dovrebbe concentrarsi sui problemi veri, sulla complessità delle culture dei soggetti, della realtà di oggi. E dovrebbe essere in grado di coniugare, su un terreno di avanzamento dei diritti e delle libertà civili, ipotesi e istanze che vengono malvagiamente giustapposte. Si può fare una passo in avanti se si ha la pazienza di ascoltarsi reciprocamente, senza affermare visioni puramente valoriali, tenendole nel cielo dello scontro ideologico.
Il centrodestra ha avuto il più grande disprezzo per le famiglie in carne e ossa. Berlusconi, che ha sputato nel piatto sempre più povero delle famiglie italiane, adesso cerca di ritagliarsi un ruolo sempre più goffo e anche un po’ comico di custode delle famiglie, sapendo quanto sia ipocrita tutto questo. Inseguirlo su questo terreno non giova a nessuno, ragionare dei problemi veri consente a tutti quanti di poter scoprire le carte false di un baro professionista.

 Un’ultima domanda. Un "comunista" che vara una legge "liberale". Cosa sta succedendo?

Un comunista che vara una legge liberale senza offendere i sentimenti della gerarchia cattolica, per la rivendicazione di nuovi beni e nuovi diritti. Sta succedendo che il confronto può avvenire fuori dai posizionamenti simbolici. E si può praticare l’arte nobile della politica come volontà di costruire una sintesi in avanti, una sintesi che parte dalla concretezza della vita quotidiana piuttosto che dai propri postulati ideologici.

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