Home > Genova ieri ed oggi

Genova ieri ed oggi

Publie le lunedì 2 luglio 2007 par Open-Publishing

Dazibao Storia

Fra tre settimane ricorre l’anniversario della morte di Carlo Giuliani, il 21 luglio 2001, a Genova, nelle circostanze che – a dispetto di tutti i tentativi messi in atto per occultarle - tutti conosciamo. Il Collettivo Bellaciao ed il Circolo "Carlo Giuliani" del Partito della Rifondazione comunista – Sinistra Europea di Parigi lo ricordano nell’azione di controinformazione e di difesa delle sue idee nell’impegno politico quotidiano.

La sequenza fotografica dell’assassinio di Carlo Giuliani

di Giustiniano Rossi

I fatti del 1960

Il 30 giugno del 1960, quando il Movimento Sociale Italiano, forte del sostegno che i suoi voti fornivano in parlamento al governo democristiano di Tambroni, convoco’ il suo congresso nazionale a Genova, la prima città italiana, Medaglia d’oro della Resistenza, a costringere alla resa le forze nazifasciste il 25 aprile del 1945, la popolazione insorse.

Sugli organici dei dirigenti delle forze dell’ordine dell’epoca, ben 15 anni dopo la Liberazione, Pier Giuseppe Murgia fornisce dei dati estremamente istruttivi, riportati da Renzo Del Carria in « Proletari senza rivoluzione » Vol.V, ed. Savelli 1977, pagg. 13-19.

Nel 1960 i prefetti di 1.a classe erano 64 : tutti, meno 2, erano stati funzionari del Ministero degli Interni del governo fascista. I vice-prefetti erano 241 : tutti avevano fatto la loro carriera nella burocrazia del regime fascista. Gli ispettori generali di Pubblica Sicurezza erano 10 : 7 avevano prestato la loro opera sotto il regime fascista. I questori erano 135 : 120 erano entrati nella polizia sotto il fascismo.

Per « gestire » l’avvenimento, Tambroni nomino’ questore di Genova un tale Lutri che, durante il fascismo, era stato capo della squadra politica della questura di Torino ed era noto per aver fatto arrestare durante la Resistenza numerosi partigiani delle formazioni di Giustizia e Libertà.

Il congresso fu impedito dai genovesi, che diedero battaglia nelle strade e nelle piazze della loro città ad ingenti forze di polizia ed il governo Tambroni dovette dimettersi qualche settimana dopo, ma decine di lavoratori genovesi vennero arrestati e condannati a molti anni di reclusione.

Allora come nel 2001, come oggi, i soli ad essere arrestati e condannati furono gli antifascisti genovesi, non risultano condanne a carico di dirigenti delle forze dell’ordine, che pure spararono sui manifestanti, eseguendo peraltro gli ordini che avavano ricevuto.

I processi per i fatti del 2001

Oltre 40 anni dopo, il comportamento dell’allegra – si fa per dire - brigata dei vari difensori dell’ordine, in ordine alfabetico Caldarozzi, Canterini, Colucci, De Gennaro, Ferri, Fournier, Gratteri Luperi, Manganelli, Mortola, Perugini, più un’altra ventina di cui ci sfugge il nome, che devono difendersi in tribunale, loro malgrado, da accuse gravissime relative ai noti fatti di Genova del 2001 dove, a 23 anni, mori’ Carlo Giuliani – 27 su 29 si avvalgono della facoltà di non rispondere, alcuni negano, altri mentono, altri scaricano le loro responsabilità su colleghi nel frattempo passati a miglior vita, altri fabbricano false prove, tutti ostacolano e rallentano come possono, e possono molto, l’accertamento della verità - suggerisce una serie di considerazioni.

Si é fatto un gran parlare in questi giorni dell’uscita di scena del Capo della polizia, De Gennaro – sotto inchiesta con l’allora questore di Genova Colucci per falsa testimonianza – che il ministro degli Interni, Amato (ricordate il dottor Sottile tanto caro a Craxi e ad altri gentiluomini della sua stessa levatura ?) si é affrettato a premiare con l’incarico di Capo di Gabinetto nel suo ministero e dell’ingresso al suo posto del prefetto Antonio Manganelli, uno dei responsabili della gestione della sicurezza del G8 nel luglio del 2001 a Genova.

De Gennaro era stato nominato Capo della polizia nel 2000 dal governo Amato, confermato dal governo Berlusconi e riconfermato dal governo attuale, quello che, visto il peso trascurabile della sinistra al suo interno, garantisce che, anche se, grazie al risultato elettorale, i musicanti cambiano, la musica rimanga sempre la stessa.

De Gennaro e Manganelli non sono i soli ad essere premiati malgrado le loro responsabilità negli avvenimenti di Genova : gli altri personaggi sopra citati, ed altri ancora che sarebbe noioso elencare, hanno fatto tutti brillanti carriere, infatti lo stato li ha giustamente promossi per aver garantito – sia pure con qualche sbavatura – l’ordine « democratico ».

Quale democrazia ?

Malgrado l’evidenza di questi fatti, molti continuano ad attendersi dal governo e dallo stato che esso rappresenta un comportamento diverso, in base all’idea che essi coltivano di uno stato e dunque di una polizia e di una magistratura al servizio del cittadino, diverso da quello reale, al servizio di una classe – quella dominante – e dei suoi alleati.

Eppure basterebbe a questi cittadini sinceramente democratici – ce ne sono perfino alcuni che aspettano ancora che lo stato si scusi con le vittime della « macelleria messicana » di Genova (l’espressione é dell’ex vice-questore, ora imputato, Fournier) - esaminare con attenzione gli atti dei processi di cui é costituita la storia dei tribunali per accorgersi che « la legge non é uguale per tutti » e non lo é mai stata.

In Italia, come in qualunque altra « democrazia occidentale », la legge é severa con i deboli ed i poveri, mentre i ricchi – i « poteri forti », se preferite – godono di una sostanziale, quando non assoluta, impunità garantita dal denaro con il quale pagano i loro avvocati o, in certi casi, gli stessi giudici.

I ricchi ed i potenti possono far durare i processi fino alla prescrizione dei reati per i quali sono processati e persino, talvolta, modificare le leggi nel loro personale interesse : il caso più clamoroso é quello di Berlusconi, ma il « nostro » non é che la punta dell’iceberg.

Tutti sanno, anche se quasi tutti fanno finta di non saperlo, che i processi di Genova – ci sono voluti oltre cinque anni per arrivarci - non andranno mai in porto e che, se anche nei primi gradi di giudizio si arriverà a delle condanne, queste condanne non saranno confermate nei giudizi successivi o resteranno comunque inoperanti per scadenza dei termini.

Ai cittadini democratici che leggono la stampa democratica, ascoltano e guardano radio e televisioni democratiche, si apprestano a votare il nascente partito democratico, ai quali non é sufficiente l’analisi dell’andamento dei processi a seconda della classe di appartenenza degli imputati per comprendere la natura di classe dello stato e dei suoi strumenti, consigliamo di esaminare la composizione sociale della popolazione carceraria.

Scopriranno che in carcere finiscono, salvo eccezioni che confermano la regola, i poveri ed i deboli : per citare solo un dato, la percentuale dei detenuti migranti – categoria povera e debole per eccellenza - non é lontana dal 25% del totale mentre i migranti rappresentano, come é noto, il 5-6% nella popolazione italiana (l’Italia non é il caso peggiore, infatti negli U.S.A. – noto Eldorado dei diritti umani – un afro-americano su 4 finisce in carcere nel corso della sua vita).

Continuità ?

Nel 2001 il vicepresidente del Consiglio dei ministri era Fini, ex delfino del fucilatore di partigiani Giorgio Almirante, segretario del Movimento Sociale Italiano - partito neofascista costituito nel 1946 malgrado il divieto di ricostituzione del Partito Nazionale Fascista ancorato nella Costituzione - quel Fini che, informato della morte di Carlo Giuliani, dichiaro’ graziosamente che « se l’era cercata ».

Il fatto che il segretario del partito neofascista (o postfascista, ma fa lo stesso) diventi vicepresidente del Consiglio e, in seguito, ministro degli Esteri, non deve meravigliare più di tanto negli stati che vantano un tale eccesso di democrazia da esportarla, dove la continuità é la regola e dove – per dirla con Tomasi di Lampedusa - tutto cambia perché nulla cambi.

Qualche esempio : in Italia, come nella Repubblica federale tedesca o nella Francia gaullista subentrata alla Francia di Vichy, non pochi fascisti ed alti funzionari sono rimasti al loro posto dopo la II Guerra mondiale (Maurice Papon, prefetto della Gironda durante l’occupazione nazista, responsabile della strage degli Algerini dell’ 17 ottobre 1962 e Reinhardt Gehlen, capo dei. servizi di spionaggio hitleriani nei Paesi dell’Est e fondatore del Servizio segreto della Germania Federale, il B.N.D., sono due fra i tanti, troppi possibili esempi).

Per mantenere il suo potere, lo stato é costretto talvolta nel corso della sua storia a disfarsi della sua maschera democratica ed a mostrare il muso duro del fascismo. I governi cambiano, la polizia, la magistratura, la burocrazia, l’esercito restano.

E’ una lezione che non si finisce mai di imparare e che i fatti di questi giorni, quelli del 2001, quelli del 1960, a Genova come altrove, ripropongono alla nostra riflessione ed al nostro impegno perché la discontinuità, oltre che un auspicio, divenga una realtà.

Il papa di Carlo: Giuliano Giuliani con Roberto Ferrario






tué a 23 ans