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Per un’etica della politica di Rifondazione Comunista

Publie le giovedì 19 giugno 2008 par Open-Publishing

Rifondazione: VII congresso

Per un’etica della politica di Rifondazione Comunista

di Fausto Cò

Una delle acquisizioni fondamentali della Rifondazione Comunista è l’affermazione che il fine della propria politica deve permeare anche le forma della sua organizzazione.

La politica dell’alternativa di società non può che avere forme e modalità organizzative della politica coerenti con l’idea della società nuova che si vuole costruire. Dunque poniamo la trasformazione della società come un obiettivo che bandisce ogni divaricazione tra il conflitto sociale dell’oggi e la futura società del domani che non si realizza mai. Per questo consideriamo che il partito di massa modernamente concepito non può che essere il partito che si fa società, ossia un partito articolato anche in strutture e spazi sociali e parte integrante di un più vasto tessuto sociale di autoorganizzazione.

Nel deserto dell’atomizzazione individualistica, la ricostruzione di nuove relazioni sociali di classe costituisce la sfida del moderno partito comunista di massa.

L’azione dei comunisti deve essere ispirata da una nuova etica. La sfida che abbiamo di fronte è perduta se la considerazione sociale del nostro modo di essere e di agire ci parifica alle altre formazioni politiche. La degenerazione della politica ha colpito anche noi: essa mette in seria crisi il progetto di trasformazione perché spezza il legame che necessariamente deve sussistere tra l’agire dell’oggi e la prospettiva del domani di una nuova società.

Se l’orizzonte ricercato è la solidarietà di classe, occorre praticarla da subito nei rapporti interni e nella relazione che il partito ha con la società.
Una nuova etica dunque individuale e collettiva.

Il superamento dell’approccio correntizio alla politica significa non solo affrontare il nodo politico di quale partito costruire, ma anche cancellare dai nostri comportamenti l’ostilità pregiudiziale e la riserva mentale nell’affermare posizioni sistematicamente smentite da un operare esattamente contrario.

Nuova democrazia non significa soltanto dare finalmente voce agli iscritti, ma combattere anche le iscrizioni fasulle, figlie del correntismo e dell’idea che in politica l’importante è prevalere, prima ancora di esserci per realizzare un progetto. Un progetto solidale non si costruisce con una politica ingannatoria che smentisce il fine e pone le basi per un nuovo burocratismo. Nuova democrazia significa capacità di disporsi all’ascolto e alla critica e dunque saper praticare l’umiltà e al tempo stesso combattere il sopruso. C’è una dimensione anche individuale della politica per il cambiamento della società che non si può cancellare.

Come pensiamo di costruire un nuovo umanesimo, se, combattendo lo sfruttamento di classe, riproponiamo modalità di vita interna di partito e di rapporto con la società che riproducono la separazione tra lavoro intellettuale e manovalanza, tra dirigenti e diretti, tra protagonisti e oscuri militanti?

Se riteniamo che i nostri iscritti siano inadeguati, facciamoli crescere, non teniamoli inadeguati per affermare noi stessi. Teniamo sempre presente che non si costruisce una nuova società se l’emarginazione si riproduce tra di noi. Sappiamo essere comunità accogliente, interpretando la supremazia del soggetto collettivo e del progetto comune, non come vincolo soffocante di gerarchia, ma come attrezzatura necessaria per la trasformazione sociale, unica in grado di garantire autonomia intellettuale e pratica. L’autocritica è figlia della consapevolezza dei nostri limiti e dell’apprezzamento dell’opinione altrui: essa nasce dall’anteporre il progetto comune al proprio protagonismo. Sappiamo dunque essere anche scuola di una nuova etica, in grado di combattere quella dominante che legittima la supremazia del più forte.

Solo praticando spezzoni di nuova convivenza, avremo più chiaro come si costruisce una società libera.