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RIFONDAZIONE: Il Prc non sarà per tutti

Publie le sabato 26 luglio 2008 par Open-Publishing

Rifondazione: VII congresso

RIFONDAZIONE: Il Prc non sarà per tutti

Aperto il settimo congresso con Bertinotti presente ma silenzioso. Il presidente della Puglia archivia la costituente della sinistra gelando Fava (Sd): «Un passo indietro». E recupera Sinistra europea per il 2009. Un abbraccio sotto il palco, poi con l’ex ministro della solidarietà è guerra aperta: «Abbiamo pagato le intemperanze improduttive al governo»

di Micaela Bongi, INVIATA A CHIANCIANO

Sotto il palco rosso e gli omini colorati simil-Keith Haring che animano lo sfondo attraversato dalla sagoma di una falce, i due contendenti sciolgono la tensione degli ultimi mesi in un abbraccio. Ma il primo flash di questo settimo congresso di Rifondazione comunista che si celebra a Chianciano nonostante tutto, nonostante, cioè, si sia persino sfiorato il rischio di annullamento al culmine di uno scontro quasi suicida, non deve trarre in inganno: non sarà l’abbraccio tra Nichi Vendola e Paolo Ferrero, il primo candidato segretario della mozione due, il secondo firmatario «semplice» della uno, a suggellare un lieto fine impossibile. La resa dei conti è stata aperta e il vincitore sarà uno dei due.

Sono già le sei del pomeriggio quando il sindaco della cittadina che ospita le assise sta lanciando l’allarme per lo stato di degrado in cui versano le terme nel suo saluto ai delegati che evidentemente pensano a tutt’altro: allo stato della sinistra, al rischio che il partito anneghi in acque ben poco curative. Almeno due ore in ritardo sulla tabella di marcia. E’ arrivato Fausto Bertinotti, anche lui abbraccia Vendola e non è una notizia, il governatore della Puglia lo invita a sedersi accanto a lui in prima fila ma no, «non sarebbe giusto» e l’ex subcomandante si siede più in fondo a masticare il suo sigaro spento.

Accanto a Vendola c’è Franco Giordano e accanto all’ex segretario c’è il coordinatore del Pd Goffredo Bettini che quando in sala risuona Bella ciao nella commemorazione di Giovanni Pesce batte persino il tempo con le mani insieme ai delegati che riempiono la platea. Sullo schermo compare un’immagine del comandante «Visone» con l’ex presidente della camera e qui sono applausi per lui e per la verità anche un paio di fischi.

Ma i fischi sonori sono quelli che i delegati riservano agli attuali presidenti di camera e senato quando dalla presidenza Graziella Mascia legge i messaggi da loro inviati.

La giornata scorre lenta, la tensione torna a accumularsi mentre dietro le quinte colorate si tratteggiano scenari ipotetici, intese possibili, colpi di scena probabili. E tocca a Vendola, come primo firmatario della mozione che ha ottenuto la maggioranza relativa aprire le danze.

Sale sul palco e l’applausometro sembra già incoronarlo segretario. Si immerge nel suo intervento che tra i ramoscelli d’ulivo e l’afflato unitario - «dobbiamo ritrovare insieme il bandolo di quella matassa che si è ingarbugliata disarmando le parole che hanno acceso l’odio e spento la politica» - non nasconde i frutti indigeribili per l’avversario ex ministro della solidarietà sociale. I passi indietro, il non parlare più di processo costituente della sinistra ma di «una grande sinistra di popolo», l’assicurazione che non c’è la volontà di sciogliere il Prc, che alle prossime elezioni per Strasburgo tornerà Sinistra europea, si fermano a un certo punto.

Prima di quel punto c’è Claudio Grassi, leader dei Essere comunisti che firma la mozione uno. Oltre quel punto c’è Paolo Ferrero. Al quale il presidente della Puglia regala qualche siluro non indifferente: contro le «intemperanze improduttive della sinistra radicale» al governo. Contro «qualsiasi sciagurata ipotesi di autonomia del sociale», ma anche, senza citarlo espressamente - del resto aveva già affondato sul «giustizialismo» dalle colonne di Repubblica - contro il «No Cav day» di Di Pietro con Ferrero a piazza Navona.

Una gestione unitaria è insomma impossibile, è il messaggio di Vendola. Al quale l’ex ministro della solidarietà sociale risponderà senza troppi complimenti all’uscita del Palaterme: «E’ la prima volta che in Rifondazione sento un attacco da destra a come ho fatto il ministro».
Non interviene ancora dal palco, Ferrero. Tocca al primo firmatario della sua mozione, Maurizio Acerbo, presentare il documento. Parla chiaro. Non sorvola sullo spettacolo offerto da Rifondazione dopo il tracollo elettorale: «Siamo riusciti a farci molto male, ci vorrà del tempo a rimarginare le ferite. Il conflitto interno ha superato i livelli di guardia».

Ma nonostante l’elogio della gentilezza, a Vendola - che aveva citato l’enciclica Gaudium et spes - non risparmia ruvidezze tipo l’«afflato mistico ci allontana dal materialismo storico». Nessun giustizialismo, giura Acerbo dopo aver comunque rivendicato la presenza in piazza l’8 luglio con Di Pietro perché «non abbiamo paura di contaminarci». E se l’ex pm divide le anime di Rifondazione, il Pd molto di più: un bel pezzo di platea esplode in un applauso sul no alle alleanze col partito di Veltroni. Un applauso più tiepido aveva invece accompagnato subito prima le critiche a D’Alema.

La giornata scivola verso la sera in attesa delle mosse di Claudio Grassi, dei cambi di fronte che già si delineano, della risposta di Ferrero. Gli ex soci della fallita ditta Sinistra arcobaleno commentano: Claudio Fava, coordinatore della Sd, non nasconde la delusione per il passo indietro di Vendola sulla costituente «ma noi andiamo avanti - assicura - perché nel paese c’è una sinistra che è molto più avanti dei congressi che la rappresentano». DELEGATI Maggioranza alla mozione 2 (Vendola) con 307 voti, segue mozione 1 (Ferrero) con 262. 50 per la mozione 3. 21 per la 4 e 10 per la 5

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