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L’AQUILA - Carriole, macerie e conflitto

Publie le mercoledì 10 marzo 2010 par Open-Publishing
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Gli aquilani adesso lo sanno. Dopo mesi di repressione e contenimento adesso la popolazione sta prendendo fiducia in sè stessa e sa che le barriere e i divieti che gli sono stati imposti e che gli hanno tolto la propria città e la propria libertà ad autodeterminarsi possono e devono essere infranti. Gli aquilani adesso sanno applicare disobbedienza civile.

Ogni domenica infatti ad infrangere la zona rossa confrontandosi con esercito, polizia e carabinieri ci sono facce nuove. Persone che magari la domenica prima hanno visto cosa è successo solo in televisione e che la settimana successiva sono in prima linea a riprendersi la propria città.

Quei corpi a cui è stata imposta una ferrea disciplina e ai quali è stato imposto il contenimento nei recinti dei campi tenda, spostati come pacchi e confinati negli alberghi della costa. Resi passivi e a cui dare solo da bere e da mangiare. Corpi a cui vietare di muoversi liberamente e che adesso hanno conquistato la libertà di cooperare e mettersi a disposizione.

Si quella del popolo della carriole due settimane fa è stata giustamente chiamata “rivolta”. Definizione giusta perché ben esprime la forza di queste domeniche per reagire all’ennesimo divieto. Una forza direttamente proporzionale a quella utilizzata così professionalmente dopo il 6 Aprile nel comandare e controllare l’intera popolazione. Che ha intercettato e distrutto chirurgicamente ogni formazione spontanea di pratiche di solidarietà e mutuo soccorso. “Rivolta” perché ad una tale repressione si può rispondere solo con una rivolta. Solo quella è possibile.

Si sono diffuse voci e notizie durante questi lunghi mesi, di persone che accaparravano per se stesse più aiuti del necessario. Voci che si diffondevano e attecchivano velocemente sui terremotati distogliendoli su problemi più concreti e reali. Tacitamente è stata data un immagine negativa dell’essere umano che dopo la catastrofe – e col crollo in primis materiale delle normali sedi istituzionali che governano una città – reagiva pensando solo a stesso. Questo stereotipo perpetrato per mesi per promuovere disgregazione sociale e quindi il bisogno indotto di maggiore protezione, controllo e divisioni, è in netto contrasto con quello che gli aquilani nelle ultime domeniche stanno dimostrando.

Braccia che cooperano, si aiutano, lavorano insieme. Un unità che per la stessa dialettica citata prima torna più forte che mai dopo tanta disgregazione. Una condivisione effettivamente impensabile prima del terremoto. Sono molti a L’Aquila a dire che una cosa così non l’avevano mai vista e mai avrebbero pensata di vederla, soprattutto a L’Aquila. La città di Santa Agnese, delle malelingue, dei castelli e della sfiducia nel prossimo.

Questa è la ricostruzione sociale. Va di pari passo col fare qualcosa di concreto per ricostruire la propria città e la propria identità sociale. Passandosi un secchio, rincontrandosi nel posto dove ci si era lasciati prima dell’inizio di questa triste storia.

Sui cumuli di macerie ci è capitato di rincontrare vecchi amici che non vedevamo da anni. Condividere con loro la fatica e ritrovare quel calore che solo situazioni del genere possono sviluppare.

Tutto ciò va inevitabilmente contro le logiche della ricostruzione capitalista. Si contrappone ai grossi affari che avvengono tra chi detiene il potere e le lobby a cui è stato promesso un posto nel miracolo della costruzione più selvaggia, insensata e veloce che la storia contemporanea di questo paese ricordi: il piano c.a.s.e. Mentre si sorseggiano caffè, si consumano cene e pranzi, si offrono massaggi e corpi. In una storia tutta italiana.

No, vedere il popolo che coopera togliendosi da solo le macerie, formando catene umane lunghe quasi un Km, non è qualcosa da capitalismo di inizio millennio. Anzi è qualcosa che per quel sistema non dovrebbe neanche vedersi perché potrebbe dimostrare che le forze che vengono dal basso oltre ad essere pulite sono funzionanti e funzionali. Per questo ci sono le barriere a tentare di impedirlo.

Proprio perché nessuna ha la bacchetta magica nessun aquilano si è mai aspettato di poter rivedere la sua città da un giorno all’altro com’era prima.

Ma la nostra città è ancora lì, sofferente. E noi gente che vive questo territorio che siamo la città, siamo ancora quasi tutti qui. Anche se ce la ridessero bellissima com’era tenendoci lontano per dieci anni non avrebbe senso. Forse ci adatteremmo a vivere altrimenti, formando altre “città”, e non ci torneremmo perché ci sembrerebbe di stare in un museo. E’ importante allora, senza nessuna bacchetta magica come ci dicono, il “come” ricostruirla questa città, perché – se giustamente coinvolti – mentre la ricostruiamo la stiamo già vivendo, senza posticipare teleologicamente a nessun momento futuro il giorno impossibile del “come una volta”, senza mai smetterla di viverla sapendo che niente sarà esattamente come prima. Indietro non si torna.

Quando pochi giorni dopo il 6 Aprile era già purtroppo chiara quale fosse la politica sottostante la gestione dell’emergenza scelta da governo e vaticano, avallata dall’”opposizione” e messa in atto dalla protezione civile ci siamo ritrovati sotto il nome comitato 3e32 sulla base di una scommessa:

Che questa città si sarebbe rialzata a partire dalle proprie forze , ricostruendo dal basso. Lavorando in tal senso e cercando di dare il nostro contributo affinché tale processo si innescasse, nonostante quasi tutto intorno a noi sembrava andasse nel verso sbagliato.

Dopo la giornata delle carriole crediamo che si siano messe finalmente le basi per vincere questa scommessa che sembrava impossibile. Gli aquilani (intesi come tutti quelli che vivono questo territorio come ad es. gli studenti fuori sede) stanno iniziando a riprendersi la propria dignità. Non quella “dignità” fatta di silenzio e obbedienza che ci hanno appiccicato all’indomani del sisma, ma la dignità di essere liberi di ricostruirsi.

Chi questa scommessa non l’ha invece voluta proprio fare è stato proprio il primo cittadino Massimo Cialente (su Chiodi pronunciarsi sarebbe scontato). Cialente è reo di non aver avuto fiducia sulle capacità e l’intelligenza della propria popolazione, avallando la gestione dell’emergenza di Berlusconi e Bertolaso per filo e per segno e mettendosi allo stesso livello di tanti politici locali che nel tempo hanno svenduto la nostra terra.

Quindi Cialente non puo essere al contempo l’alleato dei cittadini arrabbiati e l’artefice deliberato della loro disfatta.

Dopo il sisma che a fine anni 70’ li colpì i friulani nutrivano a quel tempo sfiducia nelle istituzioni, ma avevano al contempo fiducia nelle loro capacità e nella loro forza collettiva. A L’Aquila non abbiamo fiducia nelle istituzioni, ma finora non avevamo avuto fiducia nemmeno in noi stessi e questa è stata una delle ragioni del successo della Protezione Civile. Istituzione apparentemente non collusa con il Potere Politico, arrivata a colmare il vuoto di speranza e la paura degli aquilani di non sapere far fronte all’opera della ricostruzione. Ora che la Protezione Civile si trova discreditata agli occhi del pubblico è giunto il momento di aprire gli occhi anche sull’operato degli amministatori locali.

Cialente ha delle precise responsabilità nella realizzazione del piano case e quindi del soggiorno prolungato nelle tende; del mancato sgombero delle macerie; della lettera-foglio di via scritta a quattro mani con Bertolaso a novembre per convincere gli aquilani ad andar via dalla propria città; del tentativo di fare affari con i privati, per comprare le case su ruota; dell’ordine di chiudere il centro storico alla vigilia della manifestazione che voleva giungere a piazza palazzo.

Massimo Cialente è stato finalmente commissariato domenica 28 Febbraio dalla sua stessa popolazione che lo ha lasciato ai 4 cantoni a rilasciare interviste nella sua solitudine (o peggio ancora con le sue cattive compagnie).

Cialente non deve solo scegliere da che parte stare, ma deve scusarsi pubblicamente se vuole ottenere di nuovo la fiducia degli aquilani, se non lo fa non deve essere il benvenuto nelle manifestazioni di piazza e nelle assemblee pubbliche.

Finché ci saranno commissari siamo tutti primi cittadini. Fino a quando non si capirà che “l’unica grande opera è ricostruire L’Aquila dal basso” siamo lieti di perpetrare la cosiddetta “rivolta” delle carriole.

10 Marzo 2010

Comitato "3e32" - L’Aquila

Messaggi

  • Sono d’accordo sull’importanza simbolica della “rivolta delle carriole”. Sono d’accordo a portarla avanti ogni domenica. Ho personalmemnte riscontrato che, oltre all’aver coeso, svegliato e dato coraggio ai cittadini, sta assumendo grande importanza in tutta Italia, dalle citazioni dei programmi radiofonici (quotidianamente, da caterpillar, 610, radio tre suite, e altri programmi delle 3 reti viene fuori nei punti più impensati la rivolta delle carriole), alla presenza a L’aquila durante le domeniche di cittadini non aquilani che vengono apposta per partecipare alla materiale e molto manuale rivolta. Non ci si deve fermare, in tal senso. Anche perchè contemporaneamente il dibattito cresce e si articola. E finalmente si parla di concrete necessità, cercando di costringere la politica a ripartire da qui. La scommessa, dal 6 aprile e non solo vostra, è questa: una specie di rinascita della partecipazione, una specie di riforma della politica. Una rivolta.

    Francesca

    • Quando la piazza funziona

      Almeno così sembra, dalle dichiarazioni rilasciate dopo il vertice che si è tenuto presso il Ministero dell’Ambiente, in merito alle macerie aquilane. Dopo le affermazioni del ministro Prestigiacomo " la protesta è inutile, toglieremo le macerie dal centro storico al più presto", tutti sembrano fare un passo indietro. E ricalcare le proposte avanzate dai cittadini delle domeniche aquilane. Smaltimento a mano sul posto. Esattamente quello che noi stiamo facendo da due domeniche. E la prossima si continua.E le altre ancora. Le pietre saranno diligentemente accatastate, così come il materiale in cotto, il legno, il ferro, il vetro. Il resto in discarica. Le pietre preziose della nostra storia saranno stivate accanto ad ogni palazzo cui fanno capo. E gli oggetti di valore verranno catalogati e restituiti ai legittimi proprietari, o ai familiari.Così si lavora. E pretenderemo che vengano impiegati gli Aquilani disoccupati, uniti in cooperativa e associati con i cavatori locali. I tecnici dicono che è una loro vecchia idea. Bene, noi abbiamo provveduto a ricordargliela.

      Miss Kappa

  • Per la quinta domenica di seguito, di nuovo in massa nella zona rossa

    Ancora carriole, vittoria dei comitati - VIDEO e FOTO

    Nessuna resistenza dell’esercito, zona rossa aperta per tre ore ai cittadini.

    14 marzo 2010

    Grande soddisfazione tra i comitati che oltre a mantenere alta l’attenzione sul dramma abruzzese fanno proposte: “Riciclamole sul posto queste macerie – dicono – non ha senso portarle via, perché possiamo riutilizzarle nella ricostruzione".

    Lo scoglio alla rinascita è infatti l’enorme quantità di pietre che giacciono al suolo e che chiaramente impediscono di rimettere in piedi le case degli abitanti del cratere. Per quanto riguarda l’Aquila sono stati individuate tre cave dove depositare le macerie che contengono, oltre a materiali riciclabili, anche sostanze tossiche, e che perciò vanno separate e lavorate.

    Alto sarebbe anche il costo dello spostamento di questi sassi dal suolo sul quale si trovano ora verso siti di stoccaggio fuori dal territorio cittadino. Per adesso, il riciclaggio in loco ad opera delle imprese che si occuperanno poi dei ricostruire la città sembra agli aquilani la soluzione migliore.

    video AL LINK :

    http://tv.repubblica.it/copertina/ancora-carriole-vittoria-dei-comitati/43901?video

    foto AL LINK :

    http://ilcentro.gelocal.it/multimedia/home/23586718