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Sacro e profano, legale o illegale

par Antonio Recanatini

Publie le martedì 7 ottobre 2014 par Antonio Recanatini - Open-Publishing

L’apertura della chiesa ai divorziati e alle donne non è un passo avanti o una disponibilità a guardare il mondo e suoi attori.
Figuratevi! sappiamo a malapena un decimo dei segreti del vaticano, semmai è una contraddizione storica. Il business è un dio valido, rincorrere il business è un’arte criminale, i criminali si addensano dove la razionalità cede il posto alla sacralità. e alla venerabilità. L’intera Opera biblica celebra il servilismo della donna e minaccia di "peccato mortale" chi infrange i sacramenti.
La sacralità trae benefico dalla simbologia, la radice latina è chiara, regola-imposizione, riverenza; come è chiara l’etimologia di profanità e cioè "fuori dal tempio", "escluso dal regno", "non può entrare nel tempio". Una semplice suddivisione come tra legale e illegale.
Non molto diversa è la radice europea decantata da molti intelletuali, con cui si indicano gli esclusi, per certi versi un discorso ambiguo quanto la stessa predisposizione a consacrare tutto ciò che è facile da violare.
Un filosofo di questo tempo, Galimberti, ipotizza la sacralità come un apparato tecnico antagonista a ciò che non è buona volontà degli uomini, un punto di riferimento per annettere o dividere, dentro o fuori, benedizione o maledizione; in pratica tutto ciò da cui l’uomo deve difendersi.
Tornando alla simbologia e la sacralità, possiamo rivederla in un ogni culto o tradizione, anche nel bambino mandato alla lavagna a dividere con una linea i buoni dai cattivi... parliamo sempre di simbologia e sacralità.
L’uomo propone e dio dispone, questo è il più grande raggiro dell’intera collezione sacrale: pochi uomini che determinano la sacralità, con il consenso di dio, loro amico.
Fin qui, possiamo paragonare la sacralità a una legge, ma quando l’intento del sacro verte a riconoscere e accusare il profano, il gioco è molto più duro delle tipiche tradizioni, culture e racconti: "Per entrare devi essere".
L’imposizione astratta, la percezione del buono e del cattivo, sacro-profano, legale e illegale pone l’essere di fronte scelte obbligate, divise da due sentimenti contrastanti, da una parte la paura di sforare il sacro, dall’altra la speranza, l’ambizione di entrare nel tempio.
Badate bene, qualsiasi parola abbia carattere celestiale, fuori dalla portata umana, conta su duplici valori, su duplici dettami, su duplici conseguenze.
Nel tempo il "dentro o fuori" determinato da un essere superiore e le regole basilari dell’umanità miste a una serie di regole impossibili hanno dato vita alle religione, al buono-giusto, al cattivo-profano... e così sia!
Allora la chiesa assolve il profano? no, la chiesa è molto più collegata al profano che al sacro!

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