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CONTRO IL TERZINO SINISTRO- assemblea nazionale autoconvocati per l’opposizione

par Autoconvocati per l’opposizione

Publie le venerdì 16 gennaio 2015 par Autoconvocati per l’opposizione - Open-Publishing

Contro il terzino sinistro
18 gennaio, Milano – Assemblea nazionale degli autoconvocati per l’opposizione – di Patrizia Turchi e Franco Astengo -
Ci provano, sempre, a trovare un ruolo da terzino sinistro. Anche in questi tempi dove il gioco di squadra appare venir meno in favore di un individualismo sportivo sempre più smaccato.
Ci ha provato anche Tommaso Nencioni, nel suo articolo, comparso sul Manifesto, che sotto un titolo di per se’ già molto eloquente “La persona che serva (e che manca)”, sdogana – finalmente da sinistra? – il tanto temuto populismo del leader. Dove si premura di distinguere la leadership populista da quella mediatica. Ma il concetto finalmente (e fintamente) emancipatorio di un “capo” che parli alle masse ed in nome di queste, lì appare “collettivo”, dimenticando – per la giovine età, forse, o per la poca conoscenza delle dinamiche umane – che l’affidamento ad un soggetto superiore relega la base a pura massa: portatrice d’acqua, indistinta, poco avvezza a vedersi come appartenente ad una classe ma unita in nome del verbo.
Anche Toni Negri fa trasparire questa ipotesi verticistica assolutamente necessaria, in una sua intervista: “… In questa situazione – pensando a noi – bisogna comprendere che i tempi per organizzarsi politicamente, per far emergere dall’orizzontalità dei movimenti una verticale politica che sappia esprimere forza e programmi politici, è urgente – se non vogliamo aver più paura e sentiamo (come in molti hanno sentito durante la manif dell’11/01) che la nostra povertà e la nostra fraternità possono vincere.” Questa verticalità, qui solo evocata, non lascia molto spazio alla certezza del messaggio. Molte possono essere le interpretazioni. Due ad esempio: il leader (l’ennesimo) che guida il popolo, oppure un gruppo dirigente (alias un partito), anche se l’impianto teorico di Negri potrebbe far propendere per la prima.
Il tutto mentre frotte di quel che rimane dei dirigenti politici della cd sinistra radicale nostrana o sindacale si imbarcano per “viaggi-studio” alla scuola di Atene, per imparare ed esportare la capacità di essere di sì di sinistra, anti-liberisti e non rifiutanti l’Unione europea ma pronti a negoziare soluzioni che sembrano mutuate da vecchie linee-guida socialdemocratiche.
E non ci venga in mente di confondere o solo ipotizzare un parallelo tra questa transumanza formativa verso la Grecia con i dirigenti del PCI che andavano a formarsi a Mosca. Sarebbe un delitto, per spessore e contesto (sull’immaginario/immaginato invece lasciamo libera la fantasia).
Dunque un ruolo di terzino sinistro (laterale o fluidificante, poco importa), che copre la fascia, e corre, corre, corre.
Ma tant’è, come si dice?, è la squadra che conta.
Vero. Ma in quale squadra gioca? In quale squadra politica copre la fascia sinistra?
Non quella dell’anti-capitalismo. Quella cioè che dovrebbe finalmente dare una risposta forte e simmetrica a quanto sino ad oggi i vincitori del blocco egemone ci hanno proposto ed imposto, con una tattica che, fortemente ideologica – questa sì, hanno saputo far diventare pensiero dominante.
Vediamo perché.
La prospettiva di una vittoria di Syriza nelle prossime elezioni greche e il successo incontrato da Podemos in Spagna appaiono essere i temi più interessanti (ed anche controversi) da affrontare nell’analisi riguardante la prospettiva di una sinistra anticapitalista in Europa.
Che si tratti di sinistra comunque andrà visto meglio sviluppando un ragionamento di carattere complessivo in profondità su quanto rappresentano queste due realtà nel quadro dello scontro politico in corso all’interno dell’Unione Europea.
Syriza e Podemos hanno in comune la necessità di espressione di un fronte “no debito” e “anti-austerity” che interessa principalmente i paesi mediterranei dell’Unione particolarmente esposti alle politiche finanziarie restrittive imposte da Bruxelles e dalla Troika.
I due soggetti hanno origini diverse: Syriza nasce dall’assemblaggio di diversi soggetti della sinistra greca, mentre Podemos nasce per un’iniziativa sviluppata a tavolino da un gruppo d’intellettuali “imprenditori politici” postisi in relazione con i forti movimenti dei cosiddetti “indignados” che, attraverso forme anche originali di lotta di massa, avevano sviluppato in Spagna un forte contrasto alle già citate politiche di austerità dell’UE.
Entrambi questi soggetti presentano un punto in comune: quello dell’espressione di una vocazione “populista” di tipo originale nel vecchio continente, laddove espressioni di questo tipo erano sempre appartenute a aree qualunquiste, espressione di piccola borghesia e tendenti ad una vocazione di destra.
Ancora diverse, ovviamente, sono le reazioni politiche anti-europee portate avanti dalla destra vera e propria, sia dal Front National in Francia che dalla Lega Nord in Italia: mentre emergono, come in Grecia, soggetti dichiaratamente razzisti e neo-nazisti come Alba Dorata che pure, in questi ultimi tempi, stanno adottando tattiche più moderate, quasi da richiamare il “fascismo in doppiopetto”.
Tra Syriza e Podemos esiste anche un altro punto in comune molto importante: quello della valorizzazione del meccanismo della personalizzazione della politica e, di conseguenza, dell’espressione di una leadership molto forte: quella di Tsipras in Grecia e quella di Iglesias, in Spagna.
Esistono quindi, per entrambi questi soggetti, due punti di evidente “diversità” al riguardo dell’impianto teorico – politico della sinistra europea: populismo e personalizzazione.
Un populismo che si esprime anch’esso in una forma classica: di superamento della forma di sintesi e di intermediazione esercitata dalla struttura politica e di passaggio diretto al dialogo –appunto- con il popolo, dal quale il leader trae la linfa necessaria per raccogliere, aggregare e mantenere consenso.
La risposta a questa impostazione basata sul dialogo diretto con il popolo è quella di una forte centralizzazione del soggetto politico attorno ad un gruppo dirigente ristretto che impone il proprio modello anche alle strutture periferiche, ricercando una “vocazione maggioritaria” sul piano elettorale basata su parole d’ordine facili e in grado di “tagliare” trasversalmente l’elettorato, rifiutando sostanzialmente un’idea di aggregazione di classe.
Accanto alla “vocazione maggioritaria” si colloca, sicuramente, anche un’impronta antiliberista (se non anticapitalista: su questo punto sarebbe necessaria un’indagine molto più accurata di quanto non sia possibile sviluppare in quest’occasione) che appare però diversamente orientata tra Syriza e Podemos.
Syriza, infatti, si trova alla vigilia di una prova elettorale che potrebbe anche proiettarla alla guida di una coalizione di governo nella drammatica situazione greca: coalizione di governo i cui confini però in questo momento appaiono assolutamente incerti.
Nel caso di successo elettorale Syriza proporrà comunque per reggere la prova del governo due temi: la leadership incontrastata di Tsipras sulla quale basare un forte richiamo d’immagine e la ricontrattazione del debito greco con la Troika (sotto quest’aspetto si parla di trattative già avanzate con offerte molto precise anche sul piano quantitativo).
Appaiono ancora vaghe le caratteristiche dell’eventuale qualità di governo espressa dal possibile centrosinistra greco a guida Syriza, data proprio la natura di tipo populistico (e non socialdemocratico) del soggetto e il ruolo che avrà, rispetto alla funzione di governo, la forte rete di solidarietà sociale che proprio Syriza ha messo in piedi per cercare di contrastare e limitare, per quanto possibile, la drammaticità della situazione sociale greca, ormai al limite delle condizioni concrete di un paese appena uscito da una guerra distruttiva.
In quest’ambito così complesso e pieno di incognite fa impressione il provincialismo italiano che, dopo aver coperto con l’immagine di Tsipras la presentazione elettorale europea dei residui di quella che fu la “sinistra radicale”, adesso si è buttato alla ricerca della “Scuola di Atene” e si appresta ad una gita di massa per assistere il prossimo 25 Gennaio a “come si fa a vincere”.
Riassumendo, sotto quest’aspetto, appaiono del tutto trascurati due punti essenziali:
1) Nella specificità della situazione italiana, caratterizzata dalla presenza del governo Renzi che si basa su principi molto simili a quelli della “deviazione” dell’agire politico appena descritti in precedenza, la necessità prioritaria è quella dell’opposizione: di un’opposizione di sinistra che sappia riconoscere i tratti di acutizzazione della contraddizione di classe e l’avanzato processo di limitazione della democrazia;
2) La necessità di un confronto molto serrato attorno ai due punti che Syriza (ma anche Podemos) presentano sul tema del populismo e su quello, conseguente, della personalizzazione: temi molto diversi da quelli di una ricerca di leadership in funzione della formazione di un gruppo dirigente allargato e di un radicamento tra la soggettività politica e la società, in funzione di sintesi e progettualità di una rappresentanza politica in grado di rapportarsi con le lotte sociali.
Sono questi i punti sui quali impostare un dibattito in parallelo, la cui prima occasione sarà quella del prossimo 18 Gennaio: quando si svolgerà l’assemblea nazionale della lista Tsipras da una parte e dell’altra la prima Assemblea Nazionale degli Autoconvocati per l’opposizione, movimento per un soggetto politico d’alternativa e comunista.
Per giocare dalla parte giusta, e con la giusta squadra.