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Una controriforma di minoranza

par Emmezeta

Publie le sabato 14 febbraio 2015 par Emmezeta - Open-Publishing

Sabato 14 Febbraio 2015

Un aspetto taciuto sul blitz del bullo di Palazzo Chigi
E se Renzi avesse sbagliato i suoi calcoli?

Dunque, essi credono d’avercela fatta. In fretta, come da verbo imperante. Da soli, come non si dovrebbe. Ma, si sa, il ducetto "non molla". E questo è il risultato. Colpire di notte la Costituzione dev’essere sempre stato il suo sogno. Il secondo round l’ha così quasi vinto (il voto finale sarà a marzo), ma non è affatto detto che la meta si sia avvicinata. Anzi, forse, così facendo, potrebbe essersi invece allontanata.

Non siamo noi, ma il solitamente plaudente Sole 24 Ore, a parlare stamattina della "sindrome di Napoleone" che detta le mosse del capo del governo. Il quale, di fronte allo spettacolo, di un’aula semivuota, ha twittato: «Grazie alla tenacia dei deputati terminati i voti sulla seconda lettura della riforma costituzionale. Un abbraccio a gufi e sorci verdi». Arroganza? Ma no - che dite? - è solo il nuovo che avanza...

Il Sole, nell’articolo già citato, ricorda come andò a finire al Bonaparte, benché il córso avesse in tutta evidenza qualche numero in più...

A giustificazione di tanta sfrontatezza l’argomento dei renziani è davvero illuminante. E’ un argomento che ci parla della loro pochezza, ma anche di quella dei loro oppositori istituzionali, che nel merito sembrano muti.

Qual è il ragionamento che i renziani ci propongono da giorni in tutte le salse? In breve è questo: «le minoranze hanno il diritto di dire quello che vogliono, ma non possono impedire alla maggioranza di decidere». Ma che bella frase fatta! Ma che sforzo concettuale! E che stile! Ma questo, signori, è il renzismo. E i cortigiani del bullo al di là di questo non sanno proprio andare.

Ora, in molti stanno osservando - del tutto giustamente - che rifarsi al mero principio di maggioranza quando si tratta di una modifica costituzionale è assai grave. L’osservazione è del tutto pertinente, ma ce n’è un’altra mille volte più importante.

La maggioranza di cui lorsignori parlano è infatti solo una maggioranza parlamentare, che corrisponde però ad una minoranza nel paese. Le forze che compongono l’attuale maggioranza di governo, quelle che si sono approvate da sole gli articoli della controriforma costituzionale, ottennero nelle ultime elezioni politiche solo il 36,4% dei voti (Pd 25,4%, Centro Democratico 0,5%, Svp 0,4%, Scelta Civica 8,3%, Udc 1,8%). A questa percentuale dobbiamo sommare il peso elettorale di Ncd, valutabile (dati delle europee, in cui correva insieme all’Udc) in non più del 3%. Otteniamo un totale del 39,4%, perfino al di sotto della soglia del 40% prevista dalla legge truffa renziana - il cosiddetto Italicum - per far scattare il premio di maggioranza.

Dunque, di quale maggioranza vanno cianciando? In nome di quale maggioranza si sentono legittimati a stravolgere la Costituzione? In nome di quale diritto divino pensano di poter stracciare ogni regola parlamentare?

Essi, gli piaccia o no, sono soltanto una minoranza. Peccato che nessuno glielo ricordi con la forza necessaria. Segno di quanto la mentalità maggioritaria sia penetrata nel profondo di tutti gli attori istituzionali. Segno, in altri termini, della separazione sempre più netta tra il paese reale e quello legale.

Del resto, non ci stancheremo di ripeterlo, la forza di Renzi sta principalmente nella debolezza degli avversari. Alcuni dei quali - i forzaitalioti di Berlusconi - fino a due settimane fa se ne stavano nell’allegra combriccola dei supporter del premier, a votare e condividere la stessa controriforma. Ma anche lasciando perdere i berluscones e le loro continue figurette, il fatto è che un’opposizione che si limiti a contestare il metodo è votata alla sconfitta.

Il metodo, autoritario e sprezzante, è perfettamente in linea con la sostanza antidemocratica delle modifiche costituzionali promosse da Renzi. Questo è il punto. E l’abolizione dell’elezione popolare del Senato ne è l’emblema più chiaro. Una negazione del principio di rappresentanza che fa non casualmente il paio con l’impianto ultra-maggioritario dell’Italicum.

E’ su questo che dovrà concentrarsi l’opposizione. E’ su questo che il M5S potrà tornare a contare davvero. Potrà farlo se impugnerà con forza la questione democratica in tutti i suoi aspetti, al di là di un’inutile tattica emendativa.

Renzi canta vittoria, ma non è detto che abbia fatto bene i suoi calcoli. Perché di ostacoli, e non piccoli, ce ne saranno almeno due. Intanto c’è ancora il secondo passaggio della controriforma, prima al Senato e poi di nuovo alla Camera. Al Senato i numeri sono assai più risicati, a meno che - e siamo certi che questa sarà la tattica renziana - i berluscones vengano indotti ad un mesto ritorno all’ovile.

Ma l’ostacolo maggiore si chiama referendum. Renzi pensa di vincerlo a man bassa. Ne è sicuro perché sente di interpretare al meglio il sentimento di un’antipolitica che altri hanno suscitato. Non è un calcolo peregrino, ma presenta tuttavia un punto debole.

Il capo del governo pensa ad un referendum contro tutti. Nella sua spregiudicata propaganda sarà il derby (come ama dire) non solo del "nuovo" contro il "vecchio", ma anche quello tra "rottamazione" e "conservazione". Guai a farsi irretire in quella trappola. Abbiamo detto che lo schema renziano ha un punto debole, ma qual è? Il punto debole del renzismo coincide paradossalmente con uno dei suoi punti di forza, e si chiama difatti Matteo Renzi.

Spieghiamoci meglio. Il referendum confermativo non potrà svolgersi prima della primavera del 2016. Formalmente si tratterà di una consultazione sulle modifiche costituzionali. Abbiamo già detto che Renzi cercherà di trasformarlo in un plebiscito sul "cambiamento". E se invece, alla fine, diventasse - anche grazie alla sua linea del "solo contro tutti" - un referendum proprio su Matteo Renzi e sul suo governo? Provate ad immaginarvi un referendum sul Jobs Act, sui tagli, sull’insieme delle scelte economiche. E magari anche su tutte le altre porcherie, compresi i tanti aiutini ad amici ed amichetti delle banche e della finanza speculativa. Il bullo lo vincerebbe ugualmente? Non lo pensiamo affatto.

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