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IN FUNZIONE DELLA STORIA

par Franco Astengo

Publie le martedì 19 maggio 2015 par Franco Astengo - Open-Publishing

OPPORSI ALLA BANALITA’ DELLA GESTIONE DEL POTERE: PENSARE E AGIRE IN FUNZIONE DELLA STORIA di Franco Astengo

Il lascito della storia del XX secolo sembra essere ormai ridotto alla banalità della gestione del potere, a tutti i livelli e a tutte le latitudini.
Il fondamento dello storicismo marxista sembra ormai abbandonato in favore di un’idea immediatistica e trasformistica della politica, attraverso la quale si ricerca esclusivamente di trarre profitto dall’insieme delle tragedie umane, prima fra tutte quella della guerra.
I due secoli delle grandi contese belliche, ma anche della filosofia del riscatto umano, il XIX e il XX sembrano ormai abbandonati nel limbo di una pallida memoria fatta solo di tragedie e di “pensiero unico”: redatti dai vincitori del momento i manuali di storia sembrano indicare i popoli a “stringere i denti”. Dormite in pace, suggeriscono, soffrite in silenzio, dimenticate la Comune di Parigi, la Lunga Marcia, le Brigate Internazionali in Spagna, Rosa Parks, le lotte anticoloniali.
Adesso ci pensiamo noi, i dominatori di sempre, a riempirvi di propaganda e a gestire un eterno presente.
Che abbiamo imparato allora da questo XX secolo che continua a rimbalzare nelle nostre teste?
Vale la pena , forse, rileggere quanto scrisse Serge Halimi presentando il volume “Storia Critica del XX Secolo” redatto da “Le Monde diplomatique”.
Il XX secolo fu all’inizio quello dello sviluppo del sindacalismo, la potenza del razionalismo e il progresso delle scienze: si intravedeva il successo della democrazia politica, il declino degli imperi e la marcia verso l’uguaglianza.
Oggi l’oligarchia si piazza solidamente nei palazzi governativi; la fine degli imperi coloniali ha dato origine a nuovi rapporti di dipendenza; lo scarto tra la fortuna di Bill Gates e quella di uno dei suoi giardinieri ha pochissimo da invidiare a quello che separava il tenore di vita di Luigi XVI da quello di un contadino che andava a presentargli le sue rivendicazioni.
Per impegnarci ancora una volta in una sacrosanta battaglia delle idee occorre riportare alla luce capitoli dimenticati, appunto comprendere la storia.
Dopo aver vissuto il Fronte Popolare fra gli operai in lotta, Simon Weil scrisse: “conta molto quando si è miserabili e soli avere con sé la storia”.
Senza il ricordo di quei momenti incandescenti nel corso dei quali i popoli hanno pensato l’impensabile, e a volte rovesciato l’irreversibile, la “folla schiava” di quelli che non avevano altro che il loro lavoro come capitale sarebbe stata condannata a “stringere i denti. Tenere. Come un nuotatore sull’acqua. Con l’unica prospettiva di nuotare sempre fino alla morte”.
Non possiamo abbandonarci al presente per guardare al futuro recuperando la memoria nel senso che ci ha indicato Eric Hobsbawm: “ La memoria non è tanto un meccanismo di registrazione, quanto un meccanismo di selezione che consente di leggere i desideri del presente nel passato”.
Insomma, per dirla con una frase conclusiva: “la storia non è finita, ma continua”.
A essa vale allora ancora la pena di riferirci anche nelle battaglie dell’oggi.