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A proposito di Pasolini

par Antonio Recanatini

Publie le mercoledì 4 novembre 2015 par Antonio Recanatini - Open-Publishing

In questi giorni ho letto tantissimi editoriali, commenti, accuse e ingiurie su l’ultimo intellettuale della nostra storia, Pier Paolo Pasolini. Nei forum ho letto dichiarazioni folli, correlati da un odio particolare, risultato di vezzi mai curati nel nostro paese. Pasolini, a quarant’anni dalla sua morte, viene ancora ricordato per le sue "periperizie" sessuali, a volte solo per queste o poco altro. Tutto ciò non mi meraviglia e ne’ mi scandalizza, per usare un termine caro a Pasolini.
Anzi, credo che, in questo caso, l’ingiuria sia soltanto un meccanismo di difesa, degli airbag piazzati nei vicoli della coscienza, per non urtare i sensi di colpa. Forse a uccidere Pasolini sono stati dei ragazzi che volevano derubarlo, forse è stato il potere a condannarlo, forse ci sono altre migliaia di storie che pochi conoscono, di certo non è stata la mia generazione; ma sicuramente il perbenismo innato di questo paese l’ha ammazzato ancora milioni di volte.
Il senso di colpa non è un passaggio, anzi spesso diventa uno stato permanente, una resa, perché, in fondo, anche oggi non saremmo capaci di difendere un intellettuale, un letterato, un filosofo, un poeta, un pittore, un artista sopra le righe e mai conformista.
A noi riesce meglio difendere Benigni e Saviano. Eppure mi chiedo, ma questi moralisti hanno mai letto qualcosa sulle abitudini sessuali di, uno a caso, Michelangelo? Oppure quelle di Bukowski, di Wilde, di Whitman, Da Vinci, Lorca, Eremburg, Poe, Baudelaire, Verlaine... Maradona? Forse l’intera letteratura sarebbe stata distrutta, i grandi dipinti bruciati, milioni di canzoni sarebbero vietate, migliaia di sculture sepolte, forse non esisterebbe l’arte e nessun grande gol.
Pasolini è come uno specchio che distorce l’immagine riflessa, per ricavarne un pregiudizio da utilizzare come polvere da sparo; cattolico quanto la preghiera. Qualcuno lo detesta perché nel 71, si dichiarò un indipendente della sinistra, per cui divenne un bersaglio a portata di mano. A quarant’anni dall’assassinio, fa ancora scalpore la sua vita, a discapito delle opere, una persecuzione che non riusciamo a bloccare, ne’ a limitare. Pasolini non era Brecht, neanche Hikmet, tanto meno Sartre, eppure io continuerò a definirlo grande poeta-scrittore.
Non è importante amare o odiare Pasolini, l’importante è leggerlo, almeno per criticarne il pensiero.

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