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Agliana, Stefio, e Cupertino tre vite salvate

Publie le mercoledì 9 giugno 2004 par Open-Publishing

Guerre-Conflitti medio-oriente Rina Gagliardi

di Rina Gagliardi

Dall’Iraq, dove ogni giorno si contano i morti, i feriti e le devastazioni, arriva, finalmente, una buona notizia. La notizia di tre vite salvate. Di tre persone che sono state sottratte ad una condizione di prigionia violenta ed umiliante, quale quella che trasforma esseri umani in ostaggi, in "merce di scambio", in puri strumenti di dominio. Non possiamo che tirare, noi come tutti, un vero respiro di sollievo. La logica di morte della guerra - di questa guerra come di tutte le guerre - per una volta è stata battuta. C’è chi può ritornare a casa e riscoprire di colpo la bellezza di un’esistenza "normale", senza i cannoni che ti tuonano intorno e senza mitra che improvvisamente vanno fatti cantare. C’è chi ha visto l’inferno ed ora può riassaporare il gusto della vita quotidiana, con i suoi affetti, le sue contraddizioni e, magari, i suoi nuovi progetti. Siamo sinceramente lieti di questa conclusione, per Stefio, Cupertino, Agliana.

Tanto più che, stando agli scarni particolari ufficiali che ci sono stati forniti, il blitz risolutivo sarebbe stato incruento, e singolarmente efficace. Anche questa è una notizia positiva, che spezza la lunga e ripetitiva sequenza degli scontri militari. Un successo che, tuttavia, non ci pare molto elegante strombazzare, stracomunicare, strumentalizzare, come hanno fatto per tutta la giornata di ieri Berlusconi e molti esponenti del Governo. Non solo perchè rinvia, fin troppo scopertamente, un messaggio speculativo a fini di consenso elettorale. Ma perchè "usa" una vicenda umana drammatica, e umanamente rispettabile, piegandola, di nuovo, a fini impropri e faziosi. Se poi, un giorno, chissà quando, si scoprirà come si è davvero svolta tutta questa faccenda, potremmo noi stessi stupirci dei limiti che il cinismo della politica, e della ragion di Stato, è disposto a varcare.

Eora? Ora è ancora tempo di riflessione e proposta politica. Se c’è una lezione che possiamo trarre dalla liberazione dei tre prigionieri italiani, è la necessità assoluta che la pace riesca davvero a prevalere sulla guerra. Perchè non consentire ai tremila giovani italiani che stanno occupando all’Iraq di tornare a casa, anche loro? Perchè non sottrarli alla condizione che vivono da mesi, percepiti come invasori da combattere e come nemici da odiare? Ritirare le nostre truppe dall’Iraq sarebbe il gesto più concreto per la pacificazione del paese irakeno che l’Italia potrebbe compiere. Per consentire a tutti di tornare a casa: agli italiani in missione militare. E agli iracheni, che non sono più sovrani nel loro territorio. Anche loro hanno il diritto inalienabile di tornare davvero a casa, a casa loro.

http://www.liberazione.it/giornale/040609/LB12D6B7.asp