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Abu Ghraib: torture, medici in prima linea

Publie le domenica 22 agosto 2004 par Open-Publishing

Guerre-Conflitti Prigione Daniele Zaccaria

La prestigiosa rivista britannica "The Lancet" accusa i camici bianchi militari: «Ruolo attivo nelle sevizie dei detenuti nel carcere di Abu Ghraib»

di Daniele Zaccaria

Certificati contraffatti, alterazione di prove, omissioni di soccorso, omicidi occultati, ma anche partecipazione attiva a tutto il bieco campionario di abusi e torture che hanno reso celebre il carcere iracheno di Abu Ghraib. Uno studio che apparirà oggi sulla prestigiosa rivista scientifica britannica "The Lancet", citando decine di testimonianze dirette e dichiarazioni giurate, lancia un virulento atto d’accusa nei confronti dei medici militari che hanno prestato servizio nella "prigione degli orrori". I quali hanno offerto ai rozzi e stressati carcerieri professionalità e competenze di prim’ordine per svolgere al meglio lo sporco lavoro di demolizione psico-fisica del nemico. Atti che violano in maniera flagrante le disposizioni elementari della Convenzione di Ginevra sui diritti dei prigionieri. Tanto che l’editoriale che accompagna l’articolo si chiede perché costoro hanno subordinato i vincoli morali del giuramento di Ippocrate alla bassa rappresaglia carceraria.

«Il personale sovrintendeva agli interrogatori coercitivi, permetteva agli interroganti di usare l’anamnesi per individuare il tipo di interrogatorio, falsicava i registri sanitari e i certificati di decesso e ometteva di garantire l’assistenza medica di base», scrive l’autore dell’articolo, il professor Steven M. Miles dell’università del Minnesota. Lo specialista di bioetica non risparmia ai lettori i macabri dettagli delle sevizie, inflitte ai prigionieri attraverso le puntuali consulenze mediche.

Tra i metodi più in voga nei cupi bracci del pentenziario iracheno, il risveglio farmacologico di detenuti svenuti per le botte ricevute al fine di far durare più a lungo possibile il gratuito calvario. Anche perché, per stessa ammissione del comando Usa, i marines non torturavano per ottetnere informazioni ma per svagarsi dalle durezze della guerra. Molto diffuso anche l’intervento "post mortem": «Un medico inserì un catetere intravenoso nel corpo di un iracheno deceduto sotto tortura, per far credere che fosse ancora vivo quando giunse in ospedale». In prima linea ortopedici, anestetisti e soprattutto psichiatri in grado di testare i livelli di sopportazione psicologica dei presunti terroristi.

Un’altra prestazione ordinaria riguarda la contraffazione dei certificati di morte: nelle cartelle cliniche dell’infermeria della prigione, sarebbero infatti decine gli iracheni che sono ufficialmente deceduti «nel sonno», per «crisi cardiache», «complicazioni respiratorie» o addirittura a causa di «colpi di sole» (dove? nei sotterranei?). Un prezioso lavoro di copertura che ha permesso a molti marines di restare al di fuori dell’inchiesta militare aperta dopo che gli abusi sono diventati uno scandalo di dimensioni planetarie. Queste pratiche, che nei palazzi di Washington continuano a definire «episodiche», frutto di iniziative e frustrazioni individuali, sono le stesse che scandiscono la vita quotidiana nella base di Guantanamo Bay e nei campi afghani, definendo in chiave globale il sistema punitivo destinato ai malcapitati prigionieri della guerra infinita.

«Lo studio del dottor Miles è una descrizione puntigliosa ed esaustiva della violazione dell’etica medica», ha commentato Jay Lifton, primario dell’ospedale di Cambridge e autore di un saggio sul ruolo dei medici nei campi di concentramento nazisti, il quale si associa senza sfumature all’indignazione del collega. «I medici di Abu Ghraib dovevano e potevano intervenire per difendere i detenuti dalle sevizie», ha concluso.

Stizzita e maldestra la reazione del Pentagono che definisce «molto gravi» le affermazioni della rivista medica: «Si tratta di accuse vergognose ed inesatte, per quanto l’inchiesta sugli abusi non sia ancora terminata, non esiste alcuna prova che certifichi il coinvolgimento del personale medico nelle torture» ha ringhiato il tenente colonnello Joe Richard, portavoce del dipartimento della Difesa.

http://www.liberazione.it/giornale/040821/LB12D6A3.asp