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«Rifondazione una necessità assoluta»

Publie le mercoledì 29 settembre 2004 par Open-Publishing

Manifestazioni-azioni Partito della Rifondazione Comunista Parigi Rina Gagliardi

di Rina Gagliardi

A Roma, sotto un cielo capriccioso e gonfio di nuvole, è ricomparso un ospite speciale: quel popolo di Rifondazione comunista che, anno dopo anno, da almeno dieci anni, si ritrova insieme, si riconosce, occupa le strade con la sua presenza fisica e ideale - le sue bandiere. Un rito? Sì, forse anche un rito. Ma non nel senso che comunemente si intende. E’ l’unico momento dell’anno in cui questo "popolo", dai simpatizzanti più esterni ai gruppi dirigenti del Prc, dai parlamentari ai militanti dei circoli e delle federazioni di tutta Italia, si incontra, si mischia, si fa concreta comunità nel vivo di una manifestazione politica. No, non c’è mai nulla di rituale - di obbligato o di burocratico - in questi incontri di massa. Ogni volta, all’approssimarsi della nuova stagione politica e sociale, c’è un corpo vivo che si presenta. Che ricomincia a reinvestire prima di tutto su se stesso.

E ieri? Ieri è stata una bella manifestazione, alla fin fine. Appassionata, combattiva, ricca di presenze sociali diverse - popolari e giovanili. Certo, meno allegra di altri autunni: era quasi impossibile, in giornate come questa, esprimere quella gioia del ritrovarsi che sarebbe altrimenti così naturale. Ma la voglia di esser-ci, da protagonisti, consapevoli che in frangenti della storia così drammatici la costruzione della propria soggettività è un valore essenziale, quella sì che c’era, forse più intensa che in altri anni. Una "cifra" della giornata che Fausto Bertinotti ha espresso nel suo discorso conclusivo, in un comizio per larghi tratti emozionante, eppure denso di rigore politico, ed anche teorico.

Un comizio - come ricordava proprio il segretario di Rifondazione comunista qualche sera fa a Ferruccio De Bortoli - non è una «espressione inferiore dello spirito umano», ma una forma specifica di comunicazione che può essere molto alta. Se e quando è capace di parlare, al tempo stesso, al cuore e alla testa, al bisogno di identità e al bisogno di far politica - riuscendo a unire, a far sentire unite, generazioni diverse di militanti, donne e uomini in carne ed ossa. E Bertinotti, ieri, ha tenuto un comizio magistrale ("una magistrale lezione di politica", come ha commentato un nostro parlamentare) che ha ripercorso tutte le ragioni che rendono Rifondazione comunista - e la sua politica - una necessità "assoluta" per la sinistra italiana ed europea. Contro l’imbarbarimento del mondo, prodotto dalla guerra e dalle devastazioni sociali del neoliberismo, l’unica risposta davvero in prospettiva efficace è quella di un’alternativa di società, della trasformazione radicale dell’esistente, del socialismo: non un’icona della propria coscienza o un orizzonte ideologico lontano, al quale poi corrisponde giocoforza una pratica politica "degradata", ma un esito possibile e necessario della battaglia quotidiana - così come dell’opposizione sistematica all’ingiustizia.

Questo è stato il messaggio di fondo che il segretario di Rifondazione comunista ha comunicato, con successo, al "suo" popolo, parlando di guerra, di salari, di nuovo movimento operaio, della necessità di una nuova piattaforma di lotta delle opposizioni, di identità comunista. Ma anche ribadendo i passaggi talora non ben compresi delle scelte di Rifondazione: come l’iniziativa politica per tentar di salvare la vita delle due Simone («non ho una purezza astratta da salvaguardare: se è necessario vado mille volte a palazzo Chigi e resto, fino in fondo un militante di Rifondazione comunista»); come il rapporto, tutto da costruire, tra movimenti, radicalità sociale e radicalità democratica e partecipativa, ed eventuale nuovo governo di alternativa, per battere il rischio del pendolo (della delusione a sinistra) e anche per superare l’antico modello tattico del "partito di lotta e di governo". La stessa carica di passione innovativa che Bertinotti ha immesso verso la conclusione, quando ha detto che ci si può dire comunisti soltanto se siamo capaci di proiettare sul futuro questa grande ambizione di riforma radicale del mondo, essendo capaci davvero di una resa dei conti con la nostra storia e le nostre sconfitte.

Così, dunque, il rito, se di rito si tratta, conferma la sua natura necessaria. Un partito, come Rifondazione comunista, che ha provato (e riprova ogni volta) la strada dell’innovazione, non può comunque rinunciare alla bellezza di questi momenti.

http://www.liberazione.it/giornale/040926/LB12D6AA.asp