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LETTERA DI DON ANDREA GALLO

Publie le lunedì 13 giugno 2005 par Open-Publishing

Dazibao Donne Religioni Referendum

de Viviana Vivarelli

Don Andea Gallo ha scritto al vescovo, che lo aveva ammonito sul referendum, una lettera che pubblichiamo. Con piena coscienza e molta sofferenza, don Gallo annuncia che andrà a votare.

Eccellenza Reverendissima, monsignor Luigi Palletti, le dirò francamente che avrei preferito una lettera del Cardinale, Tarcisio Bertone, mio Vescovo e mio Padre. Speravo, come vecchio, un incontro all’insegna della Carità e della correzione fraterna. Dico questo, non certo per mancanza di rispetto alla Sua persona di Vescovo e Vicario generale, "alter ego" dell’Ordinario.

Rispondo alla sua lettera del primo giugno con serenità, per nulla preoccupato dei fraintendimenti, delle false interpretazioni, delle accuse generiche, di cosiddette esternazioni "irriguardose" e soprattutto non mi sfiorano i provvedimenti freddamente da lei annunciati.

Conosciamo molto bene, se vogliamo essere onesti, lo "sconcerto" di certi fedeli, sempre fautori di chiusure e non di "dialogo" aperto e sincero. Mi dispiace dover ricordarle, ad onor del vero, che l’Arcivescovo non mi ha mai "richiamato" in merito ad analoghe posizioni da me assunte nello specifico referendum. Dopo la sua sollecitazione, Eccellenza, cercherò pertanto di "fare chiarezza".

Con responsabilità presbiteriale ho seguito con attenzione l’evolversi della situazione referendaria. Dopo l’approvazione "blindata" della legge 40/2004 era logico attendersi l’insurrezione laica. Ho riflettuto molto sui
documenti del vertice della CEI (sono abbonato all’ "Osservatore Romano").

Dopo la decisione di puntare tutto sull’astensione da parte degi Vescovi, ho cominciato da marzo a meditare, pregare e riflettere. Mi sono consultato con religiosi, religiose, con tanti fratelli cristiani, con giuristi e, per amore della Chiesa, ho cercato di portare il mio contributo per evitare confusioni, steccati, muri contro muri, sempre alla luce del sole. Non ho mai sostenuto il "Comitato del SI’" e tantomeno la Lista Pannella.

Ho sempre agito libero ed indipendente. A Rio Saliceto (Reggio Emilia) c’è stato un dibattito in piazza, aperto a tutti gli interventi. Quale contestazione? L’incontro è terminato tra gli applausi della stragrande maggioranza.

Inoltre ho sempre rispettato le ragioni del NO. Non si può negare che la proposta dell’astensione, così difesa dai Vescovi, non abbia procurato "disagio" profondo anche nella vasta comunità dei credenti e tra numerosi non credenti che guardano alla Chiesa con gioiosa speranza.

Ho sempre difeso, con forza, la legittimità e il dovere pastorale della CEI, di esprimersi su temi così delicati, inerenti la tutela della procreazione e della vita umana.

Come portavoce di tanti cristiani ho tentato, consapevole della mia pochezza, di parlare con la mia Chiesa, proponendo un comportamento d’ardimentosa chiarezza. I cattolici, dicevo, accettino con fierezza il confronto referendario. Gridavo: mettiamo in campo le nostre idee, i nostri principi, forti delle indicazioni del Magistero, tastiamo il polso della società. Il cristiano non fugge dalla storia, dalla polis, dalla città degli uomini. Riapriamo il dialogo con la nostra Chiesa, chiedevo sommessamente, attorno al Vescovo, vicino alla Croce.

Recentemente ho sempre ricordato la prima Omelia di Benedetto XVI nella Cappella Sistina, dove è stato ripreso il valore del Concilio Vaticano II.
Il Concilio del dialogo, dell’apertura al mondo e alla sua laicità. Il Concilio della "Gaudium et Spes".

Non commettiamo l’errore, ripetevo, di schierarsi dietro le sicure "barriere" della disciplina ecclesiastica. "Non abbiate paura", dicevo col Papa.

Chiedevo ai Vescovi di distinguere tra obbedienza, acquiescenza e servilismo. Non m’importava di essere definito ingenuo, provocatore, scandaloso. Come presbitero da 46 anni, lanciavo un grido d’amore alla Chiesa in cui credo e amo.

Non penso si voglia andare verso uno stato teocratico. E’ fondamentale pertanto rispettare la divisione dei ruoli fra la Chiesa e lo Stato con le sue Leggi.

Basterebbe citare l’articolo 98 del Testo Unico della Legge Elettorale, completata con la numero 352 del 1970, riguardante i referendum: "A ministri, a prelati è vietata la propaganda astensionista".

Per sintetizzare tutti i miei modesti interventi vorrei citare la mia chiusura della trasmissione del "TG3" del 30 maggio scorso: "Il Genus della democrazia è il voto".
Penso sia nostro compito evangelizzare le coscienze. Non credo ci si possa riuscire cercando scorciatoie, calcoli, giustificazioni. Tra pochi giorni molti cattolici, ubbidendo all’astensione, saranno a posto con la loro coscienza. Si sentiranno dalla parte giusta perché hanno scelto la vita.
Tutti gli altri che, con la loro coscienza, andranno alle urne, dovranno convincersi che sono dalla parte sbagliata? Il Cardinale Tettamanzi ha affermato: "Non scomunichiamoci a vicenda".

Ponendo il problema tra chi è per la vita e chi no, si fa della legge (sempre mutabile) un assoluto e si rischia di trasformarla in verità di fede. I principi evangelici, le profonde indicazioni morali del Magistero, non cadono per un confronto elettorale.

Continuo a coltivare una visione del mondo tenera e coraggiosa e soprattutto ho imparato a tenere nel massimo rispetto l’autodeterminazione di tutte le persone, con la loro libertà di coscienza. E’ dottrina certa.

Solamente in tempi recenti la scienza professionale ha cominciato ad interrogarsi seriamente sulla liceità di strani comportamenti, di certe gravi manipolazioni. Auspico, dopo questa fase, che si esca dalla contrapposizione laici-cattolici che è priva di senso. Mi aspetto, con tanta speranza, un incontro fecondo tra Fede e Speranza. Tutti alla ricerca di una rigorosa regolamentazione, di una medicina calda e umana, con rispetto e reciproca fiducia. Con tutta sincerità, non le nascondo che andrò a votare in piena coscienza e con molta sofferenza. Confortato per aver rispettato, fin dall’inizio, gli astensionisti, senza intralciare né tanto meno boicottare, la loro massiccia propaganda in tutte le Chiese. A questo punto, mi devo considerare uno sconfitto o un perdente?

Infine, se questa mia modestissima azione democratica sarà configurata grave disobbedienza al magistero, senza erigermi a vittima, accetterò con semplicità i "provvedimenti canonici" del caso. Rispettosamente, devotissimo
Don Andrea Gallo

(ma davvero esercitare i propri diritti democratici deve essere considerato, oggi in Italia, "un comportamento di "ardimentosa chiarezza"? Io credevo fosse solo essere buon cittadino. A questo punto di bassezza ci hanno fatto arrivare? A una situazione di dichiarato conflitto tra diritti e doveri del cittadino e imposizioni della Chiesa? Ma non era forse stato detto da qualcuno: "Date a Cesare cio’ che e’ di Cesare? Non si deve dunque dare allo stato il nostro contributo democratico, perche’ la chiesa non vuole? Altro che relativismo culturale! Qui c’e’ l’opinione di un singolo che si fa Dio! Un atto di inaudita superbia intellettuale! E’ un grande peccato la superbia! L’uomo perde il senso del suo limite in una vertigine di onnipotenza! nda)
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Le parole sacre, vedute le labbra dell’autore, ne rifuggono.
Le cose sacre, veduto il cuore dell’autore, vi si fermano.

(Carlo Emilio Gadda)