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La partita contro le estradizioni

Publie le martedì 9 agosto 2005 par Open-Publishing

Dazibao Giustizia Estradizioni Francia Oreste Scalzone

di Oreste Scalzone

Sulla spada di Damocle che grava su questi compagni ho già provato a mettermi in gioco. Offrendomi come ostaggio in cambio della moratoria delle estradizioni, rinunciando ai benefici della prescrizione ormai imminente per la mia pena (mancano meno di 18 mesi). E anche qui la risposta è stata un silenzio assordante. E quindi a ‘sto punto mi sono guardato bene dal risollevare questo discorso e non solo per non impattare con la demagogia di un Castelli e di un Bossi. L’hanno già fatto contro Sofri e contro Battisti. Metabolizzano sempre qualche spunto che gli si offre ma, addirittura, ci mancava solo che Previti mi dicesse: in nome di che vogliono la moratoria? Beh in nome della vita.

Ah, i signorini almeno chiedessero un’ amnistia politica per tutti i loro compagni.

E se chiedi quella diranno: ah e perché non chiedono l’abolizione delle carceri, del capitalismo? Mica questi hanno scuorno, di destra o di sinistra che siano.

La partita in Francia

Il ministro Perben a una domanda in una conferenza stampa ha detto certo a noi un po’ ci disturba questa cosa e pure la dobbiamo fare perché l’Italia e l’Europa ... Quindi rompere il silenzio sulla stampa francese, anche se la mia battaglia a questo giro è italiana, era importante. Beh bastava poco, certo c’erano state le radio, anche ascoltate, c’erano i siti, ci sarà una trasmissione importante a Radio France international, ma verba volant, sulla stampa scritta ufficiale non c’era niente, poi per fortuna è uscito il settimanale Politis, di giovedì 21 aprile a pagina 21. Il giorno prima è uscita sull’Humanité una rubrica intitolata La questione del giorno: perché Oreste Scalzone è in sciopero della fame?

E ci sono quindici righe di Fernanda Marucchelli, una immigrata italiana, membro del comitato centrale del Pcf, che si occupa degli immigrati. E si spiega pianamente, in modo preciso, di che si tratta, mentre su Politis, nella pagina Resistenze (al plurale, quindi in senso deleuziano) c’è un testo con foto accanto di Paolo Persichetti, e va benissimo, l’occhiello è Giustizia, e il titolo Rifugiati italiani, e poi c’è tutta la spiegazione della mia cosa, un appello a scrivere, anche molto affettuoso. Allora mi viene in mente che il silenzio di Le Monde e Liberation non scatta tanto su di me, ma incredibilmente, riguarda tutta la sequenza.

Non c’è stata una sola riga su Pannella, il Papa, l’amnistia, la proposta di legge di trenta senatori aperta da quattro senatori a vita, un premio Nobel, un ex presidente della repubblica, un ministro di sempre su cui non c’è bisogno di aggiungere niente, come Andreotti. Non una riga. So che qui funzionano così ma è straordinario: Pannella li irrita per il suo modo di fare e circola abbastanza poco in Francia. Accade come per la lettera di Francesco Cossiga, ex presidente della repubblica, a Paolo Persichetti, detenuto, che nel giornalismo da Front Page dovrebbe essere l’esempio dell’uomo che morde un cane.

Oggi è un po’ lo stesso, non una riga, pur tenendo conto di questo flash back straordinario. E non è per laicismo perché i titoli della prima pagina sono tutti sul Papa, quello di prima e quello di adesso. Eppure hanno lasciato perdere il flash back dell’immagine spettacolare non tanto di un Papa che va a lavare i piedi al carcerato, l’avevano già fatto Paolo VI e Giovanni XXIII a Regina Coeli, ma quella di un Papa che va davanti a un parlamento a Camere unite e fa una arringa per i fratelli e le sorelle murati dentro e conclude con una supplica di una misura di amnistia, di decarcerizzazione. Con quello che è seguito.

Secondo me questa bizzarria dovrebbe confortare i patiti del servizio pubblico. Perché mostra che non siamo ancora al punto in cui la legge del mercato domina esclusivamente. Oppure dovremmo arrivare a pensare che il dominio è talmente perfetto che ha fatto tutto il giro e si può permettere anche questa clamorosa omissione, poiché è talmente totalitaria che si può permettere di fare come la Pravda che non aveva problemi. Ma siccome è difficile pensare questo, vuol dire che la legge del mercato non è poi così forte. E parlo non della merce materiale, le copie del giornale che si vendono in edicola, ma del metamercato che sta a monte, che poi è il mercato del lavoro o indirettamente anche dei giornalisti*.

Al livello della spasmodica corsa sul terreno dell’esibizione invece che di muscoli di intelligenza, della feroce concorrenza mimetica di essere più uguali degli altri al botteghino delle quotazioni giornalistiche si è dimostrato che si può tranquillamente prendere un “buco” da un piccolo giornale come Politis perché è più forte una decisione tipo Pravda che la logica, anche quella terribile del mercato, dello scoop, del reality show.

* Giornalisti

C’è chi vuole vedere i giornalisti come facenti parte della piccola borghesia, e chi li ritiene invece come un segmento dell’operaio sociale, ma sono tutti e due. Anche l’operaio che batte la mazza è portatore di quell’ambivalenza che (tanto per cominciare in termini tecnici-teorici) Tronti definiva il double caracter, forza lavoro-classe operaia che si ribella, lavoro come bestie e break out dello sciopero, servitù volontaria indotta dal ricatto a monte del bisogno, e sollevazione, insurrezione. Ambivalenza è tutto, quindi è inutile grattarsi la testa: è chiaro che persino il poliziotto - si sa, Pasolini non aveva letto Marx -persino il poliziotto è questo e quell’altro, è una figura del controllo, dello sbirragliamento, improduttivo ma è anche dentro le dinamiche del mercato del lavoro.

http://orestescalzone.over-blog.com/article-682068.html