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> “Cuori Neri” il libro di Luca Telese - Memoria degli anni ’70 e guerra speculare dei miti

6 febbraio 2006, 21:31

Carissimi,

scusate se mi intrometto, ma mi piace molto leggere e frugare nella rete. Mi piace molto, ovviamente, la recensione di Persichetti. Piena di spunti, alcuni interessantissimi. E soprattutto libera: non conosco Paolo, non so chi sia, cosa voti, ma vedo che è entrato nel mio libro, nelle sue contraddizioni, si è costruito in percorso. trovo bellissima questa intuizione, che corrisponde ampiamente ai diversi ritorni di tanti e meticolossissimi lettori che mi arrivano in queste ore:

"Cuori Neri ha il pregio di dirci molte cose sulla situazione attuale, non solo della destra. E’, infatti, un libro-specchio nel quale le “invenzioni memoriali” dei fascisti, confermati, neo o ex-post, riflettono le “favole retrospettive” che la sinistra tutta, e i comunisti neo o ex-post, raccontano di sé. Siamo in presenza di una sorta di speculare guerra dei miti, o se vogliamo di trappola della memoria che ha per ambizione la conquista della palma della vittima, vista dalle due sponde opposte".

Verissimo. Al punto che chi avesse la pazienza di fare un giro su Coori neri.it ci troverà un mia garbata polemica con Maurizio Gasparri. Non sto qui a ripeterla, ma la sua contestazione del titolo (lui lo vorrebbe sostituire con un più politicamente corretto "Cuori tricolori"!) è la dimostrazione di quello che Persichetti ha scritto: il nodo dei post, la loro icapacità di fare i conti con la propria storia (sia quelli di destra che quelli di sinistra) e il bisogno quasi ossessivo di inventarsi una "memoria non compromettente". Cuori neri, credo, racconta sia i rossi che i neri come erano, come si vedevano, come sono stati descritti all’epoca.

Rimango invece stupito dal commento di "Keoma". A parte il fatto che ogni volta che c’è una critica trovo un anonimo, e questo già mi da fastidio (non è che ci voglia molto coraggio a firmarsi). E’ che ci sono alcune autentiche farneticazioni dietrologiche: la prima è quella sulla presunta concomitanza elettorale (un libro scritto in tre anni è uscito solo ora solo perchè l’editore non lo voleva far copetere con le strenne di Natale: è il mercato editoriale, putroppo, non un complotto). E poi questa idea ridicola della Spectre del revisionismo al lavoro, che mette insieme Pansa, Telese e Tassinari. Sapessi il nome di Keoma gli manderei qualcuno a fare l’esame del palloncino. Tassinari l’ho visto una sola volta in vita mia, e non so quale sia la molla che muove il suo lavoro (di sicuro è diversa dalla mia): certo ha un’età, un’anagrafe e uno stile di scrittura del tutto diverso dal mio. Tra parentesi, credo che se uno legge "Fascisteria" non ci troverà certo apologie del neofascismo. Quanto a Pansa, ho la fortuna di conoscerlo, ma ho inziato a scrivere molto prima che uscisse il Sangue dei vinti e ho pubblicato Cuori Neri dopo il suo secondo romanzo. In questo testo di Keoma, poi, ci sono delle fesserie che mi fanno pensare al fatto che non abbia letto il mio libro.

1) Per cominciare, ad esempio, l’idea che io inquadri "Solo i caduti fascisti".
Non è vero:
racconto la storia di dieci morti di sinistra, da Waler Rossi, a Scialabba a Verbano, a Varalli.... tutti. Basterebbe correre all’indice dei nomi

2) Dice Keoma che ometto "il contesto" e "i golpe".
Non è vero:
Se avesse letto il capitolo su Zilli - ma non lo ha letto - avrebbe scoperto che racconto nei dettagli il golpe Borghese, e concludo che questo serve PROPRIO a ricostruire il contesto.

3) Dice Keoma, (con il trucchetto di attribuirlo alle recensioni) che nel libro non si spiega quali vittime siano originante dall’antifascismo militante e quali da altri responsabili.
Non è vero, non è vero (ma perchè, perchè lo fai, Keoma?):
avesse letto il libro - ma non lo ha letto - scoprirebbe che il capitolo su Giaquinto e quello su Acca Larenzia (Stefano Recchioni) raccontano proprio questo.

4) Dice Keoma: "Telese se la prende con Umberto Terracini, fondatore del Pci e padre della Costituzione Italiana, che fu uno degli avvocati di Marini nei vari processi ed indica il fatto come spia di una certa "ipocrisia" della sinistra, anche parlamentare e moderata, che tendeva comunque a giustificare gli "estremisti".
Non è vero:
ma che film ha visto, che cosa ha fumato il nostro recensore anonimo?
In tutto il libro, a partire dal capitolo di Falvella, documento che non tutto è come sembrava. Racconto della durissima condanna (con tanto di manifesto) che la federazione del Pci di Salerno fece dell’episodio di Favella (anche per che loro seppero subito come erano andate le cose e non dagli opuscoli scritti da Franca Rame che staca a Milano. Racconto invece, che lo scontro tra le due sinistre di allora fu durissimo. Ed era anche - chi al contrario di Keoma troverà ampia messe di riscontri - uno scontro durissimo, uno scontro tra fratelli, tra amici, tra padri e figli. Non è che dire che Terracini forse ha sbagliato a difendere i futuri brigatisti Panzieri e Loiacono (nel 1975!) voglia dire mettere in discussione la Costituzione. Vuol dire prepndere atto che Terracini è un gigante nella sotria di questo paese, che però in quel frangente ha sbagliato. La prova simbolica di questo conflitto fra il Pci e gli extraparlamentati sul tema della violenza è la figura del padre di Loiancono (dirigente di Botteghe Oscure) che in prima fila seguiva il processo al figlio (e non certo per solidarizzare). Ma anche l’articolo durissimo de l?unità sulla morte di Ramelli, mentre i socialisti civettavano con i killer e Pecorella ci spiegava che sprangare era un gesto di coraggio civile.

5) Dice Keoma che mento su Falvella.
Ora, io non so quali siano le sue fonti (immagino l’opuscolo anarchico "Liberate Marini", non lo so) ma negli atti del processo è raccontato benissimo che Marini tornò ad armarsi a casa, con il suo amico Scariati. E la cosa, peraltro, nel mio libro la conferma Michele Santoro ("Per questo Giovanni tornò a casa a prendere il coltello....") che peraltro di Marini era amico, e che peraltro ricostruisce bene "il contesto" dell’epoca, la sua figura (gli volva proprio bene), il fatto che a Salerno con i fascisti ci si picchiava tutti i giorni, il fatto che non ci fossero santi ne eroi, che si moriva per caso, o per infamia. Peraltro, chi legge quel capitolo - Ma Keoma forse non lo ha letto - sa che nella ricostruzione il personaggio di Marini è ricostruito in tutta la sua tragica e drammatica grandezza: un ragazzo, il meno violento dei tre coinvolti nella rissa, che uccide e finisce nel tritacarne proprio per questo. E che viene usato, triturato e abbandonato, proprio dal circo del Soccorso rosso (la metà degli acrobati, a parte Fo e la Rame è finto sotto il tendone di Berlusconi, non sarà un caso?). Perchè Keoma non cita le cazzate che riporto sulle implicazioni fantascientifiche - ipotizzate da Soccorso rosso - fra il delitto Falvella e il golpe Borghese? Santoro (non La Russa) ancora oggi nè è disgustato. Probabilmente perchè Kaoma non ha letto, o se ha letto no gli faceva comodo.

Non conosco Persichetti, ma ha una scrittura giovane. Non conosco Keoma, ma il suo modo di pensare a priori, è vecchio. E’ schematico e aprioristico considerare CUori neri un libro revisionista. Poi se crede faccia pure. Ma non racconti fesserie. Oppure, se proprio deve criticare, trovi delle cose che ne libro ci sono.

Detto questo, Keoma (o come ti chiami, visto che non ti firmi): Cuori neri ha raccolto critiche giuste e legittime sia a destra che a sinistra. E io sono contento di entrambe. Delle critiche di chi invece combatte contro gli spettri - e come Keoma non ha letto, o non è riuscito a leggere oltre le sue idee aprioristiche - mi dispiace.
Mi conforta il fatto che quelli come lui siano pochi.

Luca Telese