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> “Cuori Neri” il libro di Luca Telese - Memoria degli anni ’70 e guerra speculare dei miti

22 aprile 2006, 22:46

Ho già detto della mia totale estraneità, non solo politica ma soprattutto culturale essendomi sempre ispirato all’eresia comunista/libertaria se non direttamente anarchica, rispetto al brigatismo e alla tradizione comunista ortodossa cui innegabilmente si ispirava.

Anche se bisogna anche dire che i brigatisti erano militanti tutt’altro che isolati in molte grandi fabbriche del Nord ed anche successivamente in alcune borgate romane o rioni napoletani.

E poi, tornando alla mia storia personale ( puoi leggere su questo sito il recente pezzo "In principio fu Lotta Continua", una specie di biografia), ho sempre considerato con un certo fastidio anche gli eccessi dell’ antifascismo militante delle strutture di movimento di cui ho invece fatto direttamente parte, antifascismo militante spesso trasformato in una specie di epopea da "ragazzi della Via Paal" slegata dall’intervento politico/sociale vero e proprio.

Questo, però, tenendo ben chiara la memoria del "contesto" di cui dicevo prima e che spesso si tende strumentalmente a dimenticare.

La vicenda Mazzola/Giralucci è assai piu’ complessa di come viene raccontata dagli atti giudiziari ed anche da Telese.

Approfittando anche del fatto che i brigatisti rifiutavano per principio difese legali ed avvocati ed anche del fatto che gli accusati avevano gia’ sul groppone degli ergastoli e quindi una condanna in piu’ non faceva differenza, probabilmente per quella vicenda furono condannati degli innocenti.

E quando uno dei probabili colpevoli veri, un malavitoso milanese che fiancheggiava gli ambienti del disciolto Potere Operaio anni dopo dichiaro’ la sua colpevolezza e quella di altri ( tra i quali un solo brigatista vero, peraltro non coinvolto nel processo originario e che, diventato pentito, in parte confermo’ la versione del malavitoso) semplicemente, per non rimettere in discussione i processi precedenti, si preferi’ non considerare il malavitoso un testimone credibile.

E l’aspetto più assurdo della questione è che da un lato non si volle credere alla sua confessione in cui si attribuiva il duplice omicidio, ma dall’altro viene oggi invece utilizzata la sua testimonianza per sostenere la tesi che i due fascisti uccisi erano disarmati.

A dimostrazione di quanto all’epoca le inchieste giudiziare erano regolarmente inquinate da un pregiudizio, dovuto alla cultura forcaiola in cui erano cresciuti gran parte dei magistrati e degli investigatori in genere e quindi di quanto una ricostruzione seria non puo’ basarsi sui soli atti di tribunale o di questura e meno che mai sulle sole testimonianze orali dei fascisti.

Sarebbe poi sbagliato sostenere, senza per questo dimenticare l’oggettiva innocenza personale di Mazzola e Giralucci, che ci fosse una distinzione netta tra la federazione missina di Padova e i fascisti "bombaroli" della stessa citta’. Anzi la maggior parte dei "bombaroli" era proprio iscritta al Msi e uno dei loro capi, Massimiliano Fachini, in seguito implicato anche per la strage di Bologna 1980, del Msi era addirittura consigliere comunale.

Ed anche su questo particolare "contesto locale" padovano il "compagno" Telese, come su tante altre cose, tende a glissare ....

Andando poi alla tua domanda finale, certamente non è semplice dare una risposta esauriente in poche righe.

Tanto piu’ che, pur avendo avuto molte pause di riflessione, il sottoscritto è uno di quelli che ancora oggi svolge una sua militanza politica e sindacale in area antagonista e quindi vestirei male nei panni del "reduce".

Posso dirti che, con tutti i suoi innegabili errori, quella poderosa insorgenza giovanile ed operaia, che io faccio partire molto prima del 1968 dal femoneno beat dei primi sessanta e dalla battaglia operaia del 1962 a Piazza Statuto a Torino, fece diventare l’ Italietta provincialotta e baciapile un paese moderno.

E posso anche dirti che se non riuscimmo a fare la rivoluzione ( e forse è anche meglio che sia andata cosi’) sicuramente pero’ riuscimmo ad impedire che l’ Italia diventasse a meta’ degli anni settanta il Cile d’Europa.

Poi certo di cazzate ne sono state fatte a vagoni anche per l’oggettiva incapacita’ della classe dirigente di allora, anche quella comunista "ufficiale", di comprendere e quindi dialettizzarsi con quella poderosa insorgenza.

Certo, pur essendo in qualche modo un militante antagonista ancora oggi, posso sinceramente dirti che, quando ricordo quegli anni e gli stessi miei amici e compagni caduti, tendo piu’ facilmente a immaginare come colonna sonora le canzoni "ribelli" ma non direttamente politiche di Lucio Battisti, di Riki Maiocchi o dei Rokes che non certi slogan stupidamente truculenti che si gridavano nei cortei o certi canti rivoluzionari dal sapore ottocentesco che negli stessi cortei si cantavano in coro.

E mi sembra ovvio che questo, anche nel mio spontaneo "immaginario", qualcosa significa ....

Con una eccezione pero’, quella di "Bella Ciao", un canto cosi’ impolitico nel testo da essere pero’ del tutto attuale anche oggi nel suo formidabile significato simbolico di rivolta e di liberta’.

E forse anche per questo, pur disposto a larghissime autocritiche sui fatti di un certo periodo, ce l’ho poi così tanto con certi "revisionisti" alla Telese.

Ciao, Keoma