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> “Cuori Neri” il libro di Luca Telese - Memoria degli anni ’70 e guerra speculare dei miti

10 maggio 2006, 18:44

Morti inutili ? Francamente non saprei dire.

Certo che nel periodo 1964-1975, gli anni che andarono dal tentato golpe di De Lorenzo all’inizio del cosidetto "compromesso storico" tra DC e Pci che indubbiamente porto’ la stessa DC a scaricare i fascisti, in Italia si dovette assistere ad una escalation di violenza fascista e soprattutto "di stato" - i morti furono soprattutto ad opera delle forze dell’ordine - che è difficile anche per chi li ha vissuti saperli raccontare in tutta la loro cupa interezza.

I morti dell’ aprile 1975 - ma ci furono anche i casi nell’autunno di quell’anno a Roma di Pietro Bruno e Antonio Corrado - rappresentano sicuramente il momento piu’ alto di questo tipo di escalation.

E credo sia anche il caso di sfatare la leggenda che vuole che quasta "guerra civile strisciante" fosse soprattutto tra studenti piccolo-borghesi, ; dei morti "di sinistra" del 1975 solo Claudio Varalli e Pietro Bruno erano studenti, peraltro di borgata e figli di famiglie operaie.

Gianni Zibecchi ( il compagno citato anche da te schiacciato dal camion dei CC) non era propriamente un ragazzo e faceva l’insegnante di educazione fisica, Tonino Micciche’ e Rodolfo Boschi erano operai metalmeccanici, Jolanda Palladino era una commessa, Antonio Corrado addirittura un sottoproletario, a Roma si diceva un "coatto".

La tristissima vicenda di Ramelli ( ma in quell’anno mori’ anche un altro giovane di destra, Stefano Cecchetti a Roma) si inquadra in questa pesantissima situazione che descrivevo.

E non fu nemmeno opera di un gruppo particolarmente "estremista", Avanguardia Operaia non lo era e se giocava spesso con le chiavi inglesi era soprattutto per prendersela con gli scavezzacollo autonomi come il sottoscritto che avevano l’abitudine di portare avanti, durante i cortei, azioni militanti in genere rivolte soltanto contro le cose.

In quel clima pesantissimo anche i "moderati" di Avanguardia Operaia ritennere di dare qualche lezione ai fascisti e l’episodio Ramelli, dove certo non c’era volontà omicida, nasce da questo e probabilmente anche dalla loro oggettiva disabitudine e incapacità di "modulare" lo scontro fisico, cosa che noi autonomi avevamo invece ben presente.

Ramelli, nonostante la giovanissima età, non era propriamente un angioletto, anche se certo non per questo meritava - come del resto nessuno - la pena di morte.

Era stato coinvolto in numerose aggressioni ed era sicuramente un "isolato totale" nella scuola che frequentava, egemonizzata dagli autonomi del collettivo del Casoretto, ma francamente non risulta avesse mai subito, a scuola, aggressioni fisiche ma al massimo sfotto’ verbali.

L’azione degli "avanguardisti", questi si’ tutti studenti di medicina estranei alle dinamiche del quartiere e sostanzialmente tutti "figli di papa’", si inseri’ come un corpo estraneo e separato in quelle pur scoppiettanti dinamiche.

E realisticamente fu all’origine di altre due vicende di segno opposto, il fallito agguato omicida nel 1977 della banda Fioravanti ad Andrea Bellini, leader degli autonomi del Casoretto, e il successivo omicidio, anche in questo caso opera probabilmente di fascisti romani del giro di Fioravanti, di due ragazzini del centro sociale Leoncavallo, Fausto e Iaio, nello stesso quartiere nel 1978.

In entrambi i casi i fascisti dei Nar intendevano "vendicare Ramelli".

Ma era gia’ un’altra epoca ; il lottarmatismo, non solo quello delle BR, segnava un attentato al giorno, Moro era stato rapito da una settimana e si era aperta di fatto un’altra guerra, meno "strisciante", che portera’ nel giro di poco tempo alla sostanziale sparizione di ogni movimento di massa.

Luca Telese tutto questo non lo racconta se non per sommissimi capi in un solo capitolo del suo libro, si sofferma in una logica strappalacrime su singoli episodi presi "fuori contesto", si basa, salvo qualche rara eccezione, solo sugli atti giudiziari e sulle testimonianze orali dei fascisti, compiendo di fatto una operazione storico/politica del tutto scorretta.

Tornando alla domanda iniziale, non ti so dire se questi morti, TUTTI, siano stati inutili.

Certo, era meglio se tutti quei giovani e meno giovani non fossero morti.

Ma, come gia’ rispondevo ad un altro interlocutore, senza quell’insorgenza, senza quel diffuso senso di cambiamento radicale, non sarebbero stati ottenuti diritti fondamentali - statuto dei lavoratori, divorzio, aborto, obiezione di coscienza, nuovo diritto di famiglia ecc. ecc. - e l’Italia non sarebbe diventata, pur tra mille contraddizioni, un paese moderno.

E comunque è innegabile che quella insorgenza di massa, se sicuramente fu all’origine della feroce reazione delle destre politiche, militari, economiche ed anche criminal/mafiose di quel periodo, fu anche quella che riusci’ ad impedire, con la mobilitazione e la vigilanza continue, che a metà degli anni settanta l’Italia diventasse il Cile di Europa.

Certo, questo non basta a consolarmi di amici e compagni personali caduti in quegli anni - solo nel mio quartiere, a Roma, ben tre amici carissimi, Mario Salvi, Giorgiana Masi e Walter Rossi - ma mi induce anche a pensare che tutto questo non sia stato del tutto inutile.

Ciao, Keoma.