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IN 600 A ROMA PER UN’ASSEMBLEA AUTOCONVOCATA

16 luglio 2006, 09:16

http://www.ilgiornale.it:80/a.pic1?ID=105102

In 600 a Roma per un’assemblea autoconvocata che rilancia il no al
rifinanziamento dei nostri soldati all’estero. Beppe Grillo, Gino
Strada e padre Zanotelli infiammano la platea Si allarga il fronte
contro la missione a Kabul Tutti i parlamentari pacifisti firmano un
documento per lasciare subito l’Afghanistan. E per l’esecutivo la
strada è sempre più in salita Luca Telese da Roma

In fondo la sintesi è semplice: bastano seicento persone e tre
telefonate per mandare la sinistra in tilt. Seicento sono tante,
perché immaginatevi una riunione politica, a Roma, il 15 luglio, con
un caldo africano. E tre telefonate, perché una arriva
dall’Afghanistan e dall’altra parte della cornetta c’è un signore che
si chiama Gino Strada, l’altra arriva da Genova, e a parlare è un
signore che sia chiama Beppe Grillo, l’ultima arriva da Napoli, e a
tirare giù il teatro per gli applausi è un prete ribelle come don
Alex Zanotelli.L’assemblea era ufficialmente promossa dal comitato di
parlamentari «autoconvocati», senza partiti, anzi: soprattutto
contro i parti della sinistra ufficiale. Non più solo Ds e
Margherita, ma anche Rifondazione, Pdci e Verdi, a cui questa ventata
di movimento estivo, pacato ma furente chiede solo una cosa: «votare
contro il decreto legge sulla missione in Afghanistan, «Senza se e
senza ma».
Al microfono e in tribuna, ovviamente, c’era un nutrito drappello di
parlamentari: gli uomini delle due minoranze di Rifondazione, da
Salvatore Cannavò a Gigi Malabarba (della sinistra), a Claudio Grassi
(della cosiddetta «destra»), da Loredana De Petris, Giampaolo
Silvestri e Daniele Bulgarelli (Verdi) a Franca Rame (Italia dei
valori) e Dario Fo, a leader dei Disobbedienti come Luca Casarini, ma
anche un ex ministro dei Ds come Cesare Salvi. Un ventaglio di
posizioni molto diverse, certo, ma che si ritrovavano tutti sotto il
cartello del no alla piattaforma proposta dal governo.
Le parole più infuocate, però, sono state sicuramente quelle di Gino
Strada, che - pur senza citarle esplicitamente, ha censurato le
sinistre radicali che per «ragion di Stato» si preparano a votare a
favore del decreto legge sulle missioni afghane: «Essere contro la
guerra - ha proseguito il fondatore di Emergency - non è di destra
né di sinistra». E ancora: «Bisogna abolire la guerra come si fece
con la schiavitù; cacciarla dalla storia degli uomini prima che lei
li cacci dalla storia». E poi, durissimo contro i dirigenti
dell’Unione: «Per molti in Italia, essere pacifisti significa fare
compromessi che ammettono la guerra. Allora, oggi, non chiamiamoli
più pacifisti! Perché non si può essere pacifisti a giorni alterni,
non esistono alchimie dialettiche, nessuna guerra è giustificabile o
negoziabile». Poi, fra gli applausi, l’ultima benedizione ai ribelli:
«Per fortuna questa manifestazione dimostra che c’è ancora qualche
parlamentare che ha a cuore la Costituzione!». Boato. Lo stesso che
aveva accompagnato le parole di Grillo, quando il comico genovese
aveva fatto cadere la mannaia del suo sarcasmo sul concetto di guerra
umanitaria: «Il governo ci ha mandato lì per marketing, mettendo
davanti la parola pace. Così ci sono stati e ci saranno morti in nome
del marketing. Si parla tanto di memoria - ha concluso Beppe Grillo -
ma ogni tanto bisognerebbe dimenticare per perdonare, anche per dare
un esempio ai giovani». E ci sono applausi anche per Salvi quando
aggiunge: «L’articolo 11 della nostra Costituzione dice che l’Italia
ripudia la guerra, sempre. Non che la ripudia solo se non lo vogliono
la Nato e l’Onu!».
Ed è altrettanto applaudito un sindacalista della Cgil come Giorgio
Cremaschi, leader carismatico dei metalmeccanici, e oppositore di
Fausto Bertinotti all’ultimo congresso: «Dal 1991 a oggi non una
delle guerre americane ha risolto i problemi di sicurezza del mondo.
Questo vuol dire che il no alla guerra non è una posizione morale ma
una posizione politica». La conclusione è del verde Bulgarelli: «Ci
hanno detto che siamo ribelli, inaffidabili, irresponsabili. Ebbene
sì, siamo ribelli!» (applauso). «E se la coerenza è stupidità,
siamo anche stupidi». Dopo il bagno di folla, un po’ di conti: il
plotone dei ribelli aumenta. Tutti i parlamentari pacifisti firmano un
documento per chiedere il «via subito» da Irak e Afghanistan. E,
dopo la legittimazione di piazza, dentro i ribelli, aumenta anche il
numero di coloro (tutti quelli di Rifondazione, Franca Rame, lo stesso
Bulgarelli) voteranno no: se continua così, la maggioranza
autosufficiente dell’Ulivo, a Palazzo Madama, è già un sogno
impossibile, per Romano Prodi.