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> PER FEDERICO ALDROVANDI

23 settembre 2006, 11:03

Aldro, un anno di bugie
by paskal007r@freemail.it

Esattamente un anno fa, il 25 settembre 2005, veniva ucciso in un bagno di sangue Federico Aldrovaldi, diciottenne, morto nelle mani delle "forze dell’ordine", costato allo stato la rottura di 2 manganelli.

Esattamente un anno fa, il 25 settembre 2005, veniva ucciso in un bagno di sangue Federico Aldrovaldi, diciottenne, morto nelle mani delle "forze dell’ordine", costato allo stato la rottura di 2 manganelli.
Morì rincasando, a piedi, dopo una serata fuori casa; alle otto di mattina del giorno dopo sua madre lo chiama più di una volta, gli manda SMS, ma nulla, non ottiene risposta.
Poi, chiamando quel cellulare col numero del padre (che era memorizzato col solo nome di battesimo, "Lino", nella rubrica), finalmente una risposta; la voce chiese chi era a telefono, di descrivere Federico(!) e si qualificò solo alla fine come un agente di polizia.
Disse che il cellulare era stato ritrovato su una panchina e che stavano facendo accertamenti, quindi ha riattaccato, sbrigativamente.
Passano tre ore in cui il centralino della questura viene tartassato di domande, assieme agli ospedali della zona e gli amici di Federico.
La polizia ha avvertito i genitori di Federico solo alle 11, quando il corpo era già stato rimosso.
Il decesso è avvenuto alle sei, cinque ore prima.
Dopo cominciarono le storie, così tante e così diverse che sarebbero la gioia di ogni scrittore. Dissero che un abitante della zona aveva chiamato lamentandosi di delle urla e che arrivati sul posto lo avevano trovato intento a sbattersi la testa contro i muri(!). Dissero che aveva resistito all’arresto, che era addirittura salito sulla macchina della polizia in piedi. Dissero che era drogato, un tossico e autolesionista. Dissero anche che era ancora vivo quando sono arrivati i medici, che addirittura si erano opposti all’idea di togliergli le manette. Dissero che era morto per un malore. Dissero che era morto di overdose. Dissero che non era morto per le percosse, anzi, le percosse non c’erano nemmeno state.
Dissero una valanga di menzogne.
I medici invece hanno raccontato una storia diversa, più precisa, ricca di dettagli: hanno riferito che Federico aveva lo scroto schiacciato, una ferita lacero-contusa alla testa e numerosi segni di percosse in tutto il corpo, segni neri ai polsi, lasciati dalle manette. L’ambulanza all’arrivo l’ha trovato già cadavere.
I fatti lasciano poco spazio, in verità, a divagazioni fantastiche.
Riassumiamone alcuni: ci sono 2 manganelli rotti, evidenti e numerosi segni di percosse, i segni delle manette ai polsi del cadavere, 4 agenti della polizia sono stati curati nel vicino Ospedale S.Anna, l’auto contro cui si sarebbe ferito Federico è stata riparata e ripulita prima ancora che venissero effettuati accertamenti, non sono state sequestrate le armi del delitto (i manganelli), in una registrazione di una comunicazione tra i poliziotti e la questura gli agenti hanno dichiarato di averlo "pestato di brutto" e altre amenità, sono state fatte false attestazioni nei verbali, i legali e la madre della vittima sono inoltre stati indagati e denunciati disciplinarmente(!!!), tessuti del cadavere prelevati come campioni e classificati come reperti non sono stati conservati e sono stati usati solo per esami estremamente limitati, infine troviamo il ferreo silenzio degli indagati davanti al pm.
E’ una valanga di fatti che delineano da soli una storia completamente diversa da quella che raccontano le forze dell’ordine ai giornali.
La storia di una verità palese ma negata, di un’impunità di casta che dopo l’insabbiamento delle indagini sulle violenze del G8 sembra destinata a diventare la nuova regola portando le forze che avrebbero dovuto garantire la legge al di là della legge stessa.
Tutto questo è inaccettabile in quella che dovrebbe essere una democrazia, è inaccettabile di fronte all’umanità e ai valori di giustizia che la nostra costituzione e la dichiarazione universale dei diritti umani rappresentano, è inaccettabile per chi ritiene di vivere in uno stato civile, per chi ritiene di essere protetto e non minacciato dalle forze dell’ordine, in definitiva è inaccettabile per ogni cittadino che con le sue tasse paga l’esistenza e le armi di chi ha ucciso Federico e che potrebbe in qualsiasi momento essere al posto della vittima.

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