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Luigi Pintor

Publie le samedi 17 mai 2003 par Open-Publishing

Merci
pour tout, Luigi


Samedi 17 mai, né à Rome le 18 septembre 1925, Luigi Pintor
est mort à 78 ans, souffrant d’une maladie incurable découvert
il y a un mois.

En 1943, il s’inscrit au PC italien et entre à " l’Unité " (quotidien
du PCI) comme rédacteur politique. Il deviendra ensuite co-directeur
de l’édition romaine. Il entra dans le Comité central puis
dans le Bureau de secrétariat du parti.

En 1968 il entre dans le Parlement comme député du PC italien.

En 1969, Pintor avec Rossana Rossanda, Aldo Natoli, Lucio Maigres,
crée un groupe de gauche a l’intérieur du parti, réuni autour
de la revue mensuelle "Il Manifesto’’. Expulsé en novembre
1969 du Parti Communiste italien, Luigi Pintor et ses autres
amis donnent naissance aux groupe politique et quotidien italien
d’extrême gauche "Il Manifesto ", étant le plus ancien de ce
pays.

Il publie à partir de 1990 les romans "Servabo", "de la dame
Kirchgessner", "le nespolo" et l’autobiographie "Politiquement
incorrect", (sorti en 1998).
Le collectif de la rédaction "Il Manifesto’’ donne rendez-vous le lundi 19 mai à 18
heures à la place Farnese à Rome.

Roberto F.
17.05.2003
Collectif Bellaciao


Grazie
di tutto, Luigi


È morto Luigi Pintor, fondatore del « Manifesto ».

E’ morto oggi, Luigi Pintor uno dei fondatori del gruppo "Il
Manifesto" che fu radiato dal Pci nel 1969... Nato a Roma il
18 settembre 1925, soffriva di un male incurabile del quale
si era accorto un mese fa. Pintor, che era stato anche deputato,
aveva 78 anni.

Nel 1943 si iscrive al Pci, entra all’Unità (quotidiano del
PCI) come redattore politico. Diventerà condirettore dell’edizione
romana. Nel partito, Pintor entra nel Comitato centrale e poi
nell’ Ufficio di segreteria. Nel 1968 entra in Parlamento come
deputato del PCI. Con Rossana Rossanda, Aldo Natoli, Lucio
Magri, danno vita a un gruppo di sinistra interno, riunito
intorno all’omonima rivista mensile "il manifesto’’ Sarà radiato
dal Partito Comunista italiano nel novembre del 1969.

Pubblica a partire del 1990 il romanzo "Servabo", poi da "La
signora Kirchgessner", "Il nespolo" e "Politicamente scorretto",
uscito nel 1998, che rappresenta la sua autobiografia.

Il collettivo redazionale de "Il Manifesto" dà appuntamento « a
tutti quelli che vogliono ricordarlo » lunedì alle 18 in piazza
Farnese a Roma.



Il
progetto di una rivista, nasce nell’estate del ’68. La rivista
Il Manifesto è uno degli sbocchi cui giunge la lunga e complessa
storia del dissenso di sinistra all’interno del PCI. Ma non
si tratta del dissenso del vecchio apparato stalinista (Secchia,
D’Onofrio), ma di quello più moderno che si viene raccogliendosi
attorno alla figura di Pietro Ingrao.

Anche per la sinistra interna del PCI, infatti, gli avvenimenti
del 1967-68 rappresentano un grosso fatto nuovo : il sorgere
del primo movimento di massa "il movimento studentesco" non
egemonizzato dal partito ; la scoperta che il movimento non
si accontenta di lottare nel chiuso delle università, ma cerca
di collegarsi, sia pure con ingenuità, con errori di spontanesimo
e dogmatismo, agli operai più giovani giunti alla politica
quando ormai il PCI è assente dalle grandi fabbriche, non può che
imporre scelte nuove ai dissenzienti interni al partito.

Se l’idea di una rivista autonoma è dell’estate del ’68, il
primo numero del giornale Il Manifesto uscirà effettivamente
solo un anno dopo, nell’estate del 1969. In vista del XII congresso
del PCI, infatti, il progetto è stato congelato.

Il gruppo promotore del giornale (Rossana Rossanda, Lucio Magri,
Luigi Pintor, Aldo Natoli, Valentino Parlato, Luciana Castellina)
manda in stampa il primo numero il 23 giugno 1969. Il Manifesto
avrà una periodicità mensile. Il primo numero è un vero successo
editoriale : con le ristampe arriverà a vendere 55 mila copie.

La scommessa è ambiziosa, ma rischiosa su entrambi i fronti.

I gruppi della sinistra extraparlamentare, che si stanno formando
proprio nello stesso periodo, sono piuttosto diffidenti nei
confronti di una iniziativa proveniente dall’interno del PCI.

Il pericolo principale viene però proprio dall’interno del
PCI e dalla prevedibile accusa di frazionismo.

In un primo periodo le tendenze nel PCI sono due : una, incarnata
da Natta, vuole arrivare rapidamente ai provvedimenti disciplinari
e non è disposta ad alcuna concessione ; l’altra, favorita da
Berlinguer, non vede negativamente il permanere di un dissenso
interno, ma a certe condizioni.

Ma è un equilibrio instabile quello che vive il gruppo del
Manifesto. A fine novembre 1969 il comitato centrale del PCI
decreta la radiazione dal partito di tre suoi componenti che
lavorano al Manifesto : Natoli, Pintor e Rossanda.

Da questo momento Il Manifesto non è più solo la redazione
di una rivista politica, ma una formazione politica con una
sua piccola rappresentanza parlamentare : ai tre deputati radiati
dal PCI si aggiungono anche Massimo Caprara (già segretario
di Palmiro Togliatti che finirà poi vicino a Bettino Craxi
e quindi, anni dopo, nello schieramento di centro-destra) e
Valerio Bronzuto.

Ma la vera svolta politica del gruppo del Manifesto avviene
nel settembre 1970 con la pubblicazione sulla rivista delle
Tesi per il comunismo : una piattaforma di discussione e di
lavoro politico per l’unità della sinistra rivoluzionaria e
la costruzione di una forza politica.

Il gruppo della sinistra extraparlamentare con cui Il Manifesto
cerca di stringere rapporti è Potere operaio.

Si
arriva così al febbraio 1971 quando l’unificazione tra Il Manifesto
e Potere operaio sembra ormai cosa fatta. L’occasione sembra
essere offerta dal convegno unitario in cui la parola d’ordine è :
costruire i comitati politici. Il processo di unificazione
si bloccherà perché, paradossalmente, sarà Potere operaio ad
accusare Il Manifesto di eccessivo operaismo.

Le energie del gruppo si sono intanto concentrate su un nuovo
progetto editoriale, quanto mai ambizioso : la trasformazione
del mensile in quotidiano. Il Manifesto quotidiano vedrà la
luce a fine aprile 1971. Inteso, inizialmente, come uno strumento
per tutti i gruppi alla sinistra del PCI, Il Manifesto finirà per
diventare la voce del gruppo.

Accusato di intellettualismo e riformismo, il gruppo del Manifesto
già nel 1971, finisce con l’isolarsi all’interno della sinistra
rivoluzionaria. Lo scontro politico con Avanguardia operaia
e soprattutto con Lotta continua troverà il suo culmine in
occasione della manifestazione nazionale di Milano per il secondo
anniversario della strage di piazza Fontana. Sul problema della
riposta da dare ad un corteo proibito dalla questura, Il Manifesto
si isolerà, rifiutandosi anche di entrare nel Comitato nazionale
contro la strage di Stato.

Le elezioni anticipate del 7 maggio 1972 fanno precipitare
la situazione. Il Manifesto decide di presentarsi con proprie
liste alla Camera e di invitare a votare per il PCI al Senato.
Il dibattito interno che porta a questa scelta è durissimo :
due deputati, Massimo Caprara e Aldo Natoli, lasciano il direttivo
del gruppo.

Nonostante la presenza in tre importanti circoscrizioni, come
capolista, di Pietro Valpreda, la lista del Manifesto ottiene
una secca sconfitta elettorale : appena 224.313 voti, pari allo
0,7 %, nessun deputato.

Comincia da questa sconfitta elettorale il lento, ma inesorabile,
declino dell’organizzazione. Gli anni compresi tra il 1972
e il 1975 saranno dedicati alla costruzione di una difficile
unità con altre due formazioni uscite sconfitte dalla prova
elettorale del 1972 : i cattolici del Movimento popolare dei
lavoratori (MPL) di Livio Labor e il PDUP, ossia i resti -
non confluiti nel PCI e non ritornati nel PSI - del Partito
socialista di unità proletaria (il PSIUP, nato nel 1964 da
una scissione a sinistra dei socialisti di Nenni, in occasione
della scelta governativa del partito), guidato da Vittorio
Foa e Silvano Miniati.

Il processo di unificazione porterà nel gennaio del 1976 le
tre formazioni alla creazione di una nuova forza politica che
manterrà il nome PDUP (Partito di unità proletaria) a cui viene
aggiunta l’espressione : per il comunismo di cui sarà segretario
Lucio Magri.

Nel 1975 il PDUP si presenta alle elezioni regionali del ’75,
in alcune circoscrizioni da solo, in altre insieme ad Avanguardia
operaia, ottenendo un appena discreto successo.

Assieme ad Avanguardia operaia e a Lotta continua, il PDUP
da vita, nelle elezioni politiche del 1976, al cartello di
Democrazia proletaria, ma anche questa volta il risultato è insoddisfacente :
556.022 voti, l’1,5 % e sei seggi. Risultano eletti : Magri,
Castellina, Milani e Foa del PDUP ; Gorla e Corvisieri di Avanguardia
operaia. Successivamente, le dimissioni da parlamentare di
Foa consentiranno l’ingresso alla Camera di Mimmo Pinto per
Lotta continua.

Tra il febbraio ed il marzo del 1977 - mentre il quotidiano
Il Manifesto ha cessato di essere organo del PDUP per tornare
ad essere soltanto un quotidiano comunista - avviene un ennesimo
rimescolamento di carte : dal PDUP per il comunismo esce la
componente minoritaria, ex psiuppina, che faceva capo a Miniati
e Foa che, assieme alla componente maggioritaria di Avanguardia
operaia assumerà in seguito il nome del vecchio cartello elettorale,
ossia Democrazia proletaria, mentre alla maggioranza del PDUP
di Magri si unirà la minoranza di AO, guidata da Aurelio Campi.

Alle politiche del 1978 il PDUP si presenterà da solo, ottenendo
sei deputati.

Alle politiche del 1983 il PDUP presenterà, invece, i propri
candidati nelle liste del PCI, partito in cui confluirà l’anno
successivo, al termine di una parabola durata 15 anni.

A tutt’oggi il quotidiano Il Manifesto prosegue le pubblicazioni,
continuando a collocarsi in un’area di sinistra di opposizione.

Roberto F.
17.05.2003
Collettivo Bellaciao