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IL WTO

Publie le sabato 17 settembre 2005 par Open-Publishing

Dazibao Economia-Budget Internazionale Viviana Vivarelli

di Viviana Vivarelli

Il WTO e’ uno dei massimi elementi del neoliberismo, dominazione economico-politica che sta distruggendo il mondo.
L’Organizzazione Mondiale del Commercio o OMC (meglio conosciuta come World Trade Organization - WTO) e’ stata creata per supervisionare accordi internazionali relativi al commercio tra i 148 stati membri.
Nasce nel 1995, alla conclusione dell’Uruguay Round, i negoziati che, tra il 1986 e il 1994, hanno impegnato i paesi aderenti al GATT (General Agreement on Tariffs and Trade = Accordo Generale sulle Tariffe ed il Commercio) i cui risultati sono stati sanciti nell’Accordo di Marrakech del 1994.

Ha assunto, nell’ambito della regolamentazione del commercio mondiale, il ruolo che prima aveva il GATT, recependone accordi e convenzioni (come il GATT, il GATS ed il TRIPS) per amministrarli meglio ed estenderli. Il GATT non aveva una vera e propria struttura organizzativa istituzionalizzata, mentre il WTO ha invece la struttura di un potente organismo internazionale.

Suo obiettivo e’ abolire o ridurre le barriere tariffarie al commercio internazionale, in modo da favorire le nazioni piu’ potenti, in particolari gli interessi delle grandi corporation americane. Nel sistema si e’ ora infilato a pari diritto l’export cinese che sta battendo i lucratori arroganti dell’occidente avvalendosi di quegli stessi principi con cui essi hanno esteso il loro dominio.
A differenza del GATT, il WTO non si occupa solo dei beni commerciali, ma anche dei beni fondamentali come l’acqua, dei servizi (compreso il welfare) e delle proprieta’ intellettuali (come dimostra la recente polemica intorno al software).

Tutti i membri del WTO sono tenuti a garantire verso gli altri membri lo ‘status’ di "nazione piu’ favorita" (most favored nation). Le condizioni applicate al paese piu’ favorito (vale a dire quello che riesce a imporre il minor numero di restrizioni, i salari piu’ bassi e la minore garanzia di diritti del lavoro... sono allargate a tutti gli altri stati.

Discende direttamente dai principi del WTO il tentativo perverso dell’UE di privatizzare i beni fondamentali e i servizi sociali pubblici (estinzione del welfare) come la scuola, gli ospedali, le strade, le ferrovie...e di ridurre le difese dei lavoro e i salari.

Seguono questi sciagurati intenti i partiti della destra europea, ma purtroppo anche molti partiti della sinistra, vedi i DS italiani, come attestano le recenti privatizzazioni dell’acqua fatte da giunte di sinistra a Livorno, in Toscana e in Campania, le aperture neoliberiste, la non difesa dello stato sociale, l’inerzia sulle privatizzazioni e sulla Bolkestein, la caduta della difesa dello statuto del lavoro, le titubanze sulla guerra in Irak, il larvato appoggio a Bush e Blair, e, ora, l’ingresso delle cooperative nel mondo della speculazione bancaria.

Da Cacao- Iacopo Fo

Estratto del libro DOMINATION - La fine di un’era. L’ultima novita’ editoriale della Nuovi Mondi Media. L’autore, Walden Bello e’ stato definito da Naomi Klein il "piu’ profetico e rivoluzionario del mondo".
Il libro si puo’ acquistare direttamente online su http://www.commercioetico.it

I grandi imperi e le superpotenze paiono ora, come in passato, imbattibili. Ma tanto piu’ si espandono quanto piu’, paradossalmente, si indebitano, si sovraespongono, si indeboliscono. E mentre diventano piu’ fragili, hanno bisogno di sfruttare sempre piu’ paesi, di aumentare le spese, di rendere piu’ difficili le relazioni internazionali, esponendosi ad attacchi potenzialmente devastanti. Un circolo vizioso obbligato che, storicamente, accomuna gli imperi all’alba della loro fine.
La superpotenza, oggi, e’ l’America di Bush. E sta ripetendo una storia gia’ accaduta molte altre volte. "Se i romani fossero qui adesso, potrebbero dire che non e’ questo il modo di condurre un impero". Un esame nitido e profetico, quello di Domination, su un futuro non troppo distante: la fine delle odierne supremazie, gia’ oggi visibile a uno sguardo rigoroso e disincantato.

Il WTO non puo’ continuare nella forma attuale. Deve subire un cambiamento profondo e radicale per poter davvero corrispondere ai bisogni e alle aspirazioni dei 134 paesi membri.
(Stephen Byers, Segretario di Stato del Regno Unito, 9 gennaio 2000)

”Our world is not for sale, my friend,
just to keep you satisfied.
You say you’ll bring us health and wealth.
Well, we know that you just lied.”

“Il mondo non e’ in vendita, caro mio,
solo per farti contento.
Tu dici che ci darai benessere e ricchezza,
bene, sappiamo che e’ una bugia.”

(Canzone dei delegati delle Ong alla conferenza ministeriale del WTO a Cancun, settembre 2003, cantata su "Can’t buy me love" dei Beatles).

Nella seconda meta’ degli anni ’90, il sistema con cui il Nord esercitava il suo controllo sull’economia era in serie difficolta’. Il suo fallimento, ampiamente riconosciuto, nel promuovere sviluppo e prosperita’ aveva provocato l’opposizione dei governi del Terzo Mondo e di molte organizzazioni della societa’ civile, sempre piu’ agguerrite e combattive. Due conferenze ministeriali del WTO, una a Seattle nel 1999 e l’altra a Cancun, in Messico, nel 2003, si risolsero in un clamoroso fallimento. Anche il Fondo Monetario Internazionale soffriva di una profonda crisi di credibilita’, dovuta allo squallido comportamento tenuto durante la crisi finanziaria dell’Asia del 1997. Neppure la Banca Mondiale aveva potuto fare a meno di biasimarlo.

Gli Stati Uniti e le altre nazioni ricche cominciarono a parlare di riforma. E in effetti alcuni tentativi vennero anche avviati, ma nessuno ebbe successo. Il risultato finale fu che la credibilita’ del sistema multilaterale del commercio ne usci’ ancora piu’ compromessa.

L’aspetto forse piu’ iniquo del WTO sta nel suo processo di formazione delle decisioni, totalmente non democratico. Nel ‘94, nella fase di approvazione dell’accordo costitutivo, i suoi sostenitori dipingevano il WTO come un’organizzazione in cui sarebbe valso il principio "un paese-un voto", per cui gli Stati Uniti avrebbero avuto la stessa voce in capitolo dell’ultimo dei paesi poveri. In realta’ il WTO non ha mai operato sulla base di quel principio, che invece regola l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, e neppure attraverso un sistema di voto ponderato, come avviene nella Banca Mondiale e nel FMI. Nel WTO il processo dominante e’ quello del consenso, processo che questa organizzazione ha ereditato dal GATT, dove l’ultima votazione ha avuto luogo nel ‘59.
Quello che accade, in pratica, attraverso il consenso e’ che le grandi potenze commerciali impongono il loro punto di vista alle nazioni meno potenti. Come C.

Fred Bergsten, direttore dell’Institute of International Economics e prestigioso fautore della globalizzazione, ha affermato davanti al Senato americano nella seduta tenutasi nel ‘94 per approvare gli accordi, il WTO "non funziona per votazioni, ma per mezzo di un consenso gestito da quattro nazioni - il Quadrilatero: Stati Uniti, Giappone, Unione Europea e Canada - ...Questi paesi devono essere d’accordo, per qualunque decisione di una qualche importanza che si debba prendere. Il tutto, pero’, senza votare".

..Le linee politiche del WTO erano avanzate non con formali sedute plenarie ma in ristrette riunioni dietro le quinte, assolutamente prive di trasparenza, chiamate "Green Room" dal colore delle pareti nell’ufficio del Direttore generale del WTO nella sede centrale di Ginevra.

“Il WTO non e’ un’organizzazione democratica. Se sei un piccolo paese in via di sviluppo che si batte per i suoi legittimi interessi non ottieni assolutamente nulla, a meno che non riesci a essere spalleggiato dalle grandi nazioni. Non importa quanto impegno metti nel chiarire la tua posizione con affermazioni documentate e credibili, non arriverai da nessuna parte senza l’appoggio delle nazioni ricche. Se cerchi di sfidare questo sistema... o vieni escluso, o sei sminuito come persona e come paese.”

Un malcontento crescente segno’ i preparativi della Terza Conferenza ministeriale, in programma per la fine del ‘99 a Seattle. I negoziatori si videro proporre una bozza che rifletteva divisioni profonde, soprattutto tra il Nord e il Sud del mondo. Mike Moore, Direttore generale, dice: " Le differenze tra le due sponde dell’Atlantico, e tra Nord e Sud, erano troppo profonde per potere essere in qualche modo superate".

Ma altri due fattori ebbero determinarono la disfatta del WTO a Seattle: il conflitto latente tra USA e UE, soprattutto riguardo ai sussidi all’agricoltura; e la mobilitazione di oltre 50.000 persone, rappresentanti la societa’ civile, che cercarono d’impedire lo svolgimento della Conferenza. Questo movimento, composto di sindacalisti, contadini, ambientalisti, studenti e altri gruppi di attivisti, provenienti soprattutto dai paesi del Nord, rivelo’ al mondo quanto efficaci erano stati gli oppositori del WTO nel denunciare il collegamento tra il WTO e le grandi multinazionali. ...

Gli scontri per le strade, e la resistenza organizzata dai paesi in via di sviluppo all’interno della conferenza costituirono la nota dominate dei lavori. Circolavano storielle su ministri di paesi del Terzo Mondo che si aggiravano per il Centro alla vana ricerca della fantomatica "Green Room", non sapendo che quel nome si riferiva non a una stanza reale ma a una modalita’ molto esclusiva di processo decisionale....La Conferenza falli’ clamorosamente, quando i delegati si rifiutarono di firmare una dichiarazione che era era stata scritta quasi soltanto dalle nazioni ricche.

Pochi giorni dopo questo fallimento, l’1 dicembre 1999, il rappresentante commerciale degli Stati Uniti, Charlene Barshefsky, fu sorprendentemente sincera nel riconoscere la mancanza di equita’ del WTO: “Il processo di formazione delle decisioni, anche a Singapore (prima conferenza del WTO), quindi non piu’ tardi di tre anni fa, e’ stato piuttosto esclusivo. Tutti gli incontri sono avvenuti tra 20-30 paesi cruciali... Cio’ significa che 100 paesi, 100, non sono mai entrati in quella stanza... Questo li ha portati a provare la sensazione alquanto negativa di essere stati lasciati fuori dal processo di decisione e alla convinzione che anche a Singapore i risultati erano stati loro imposti dai 25-30 paesi ammessi a quella stanza". “Il WTO e’ afflitto da processi appropriati a un’epoca precedente. Avrebbe bisogno di un processo decisionale con un grado maggiore di inclusione e trasparenza interna, per facilitare l’inserimento di un numero maggiore di paesi membri".

Il Segretario di Stato del Regno Unito, Stephen Byers...affermo’: "Il WTO non puo’ continuare nella sua forma attuale. Deve subire un cambiamento molto profondo e radicale per poter davvero corrispondere ai bisogni e alle aspirazioni dei suoi 134 paesi membri".

Le grandi potenze commerciali erano ben consapevoli di non potersi permettere un altro fallimento come quello di Seattle ma erano riluttanti a lasciar cadere i propri privilegi. Con l’avvicinarsi della Quarta Conferenza ministeriale, prevista per la fine del 2001 a Doha nel Qatar, le nazioni ricche cercarono di garantirsi il controllo totale della situazione in lavori contrassegnati da un’assoluta mancanza di trasparenza.

La maggioranza dei paesi in via di sviluppo voleva concentrarsi sulla revisione degli accordi gia’ stipulati e si opponeva a un nuovo round di trattative sulla liberalizzazione dei mercati.
Ma quando, poche settimane prima dell’incontro, fu distribuita la bozza del documento che avrebbe rappresentato la base della discussione alla Conferenza, gli argomenti posti al centro del dibattito furono le cosiddette "questioni di Singapore" o "nuove questioni": le politiche della concorrenza e degli investimenti, gli appalti pubblici e le agevolazioni commerciali - ancora le priorita’ dei paesi ricchi.

Era l’arrogante tentativo di estendere la giurisdizione del WTO ad aree non commerciali... Di nuovo i temi furono scelti da una ristretta cerchia di nazioni, 20-25 in tutto, nel corso di due "mini-ministeriali" molto esclusive.
La conferenza ministeriale di Doha, che si tenne dal 9 al 14 novembre 2001, ebbe luogo in condizioni terribili. Innanzitutto, gli eventi dell’11 settembre diedero al Rappresentante Usa, Robert Zoellick, e al suo corrispettivo europeo, Pascal Lamy, l’opportunita’ di esercitare pressioni sui paesi in via di sviluppo perche’ accettassero un nuovo round di negoziati, dicendo che cio’ era necessario per contrastare il trend negativo dell’economia mondiale, aggravato ulteriormente dagli attentati terroristici. La conferenza era a Doha, nel Qatar. monarchia, in cui il dissenso era facilmente controllabile e solo 60 ONG ebbero il permesso di ingresso, cosi’ da evitare manifestazioni.

Doha ha rappresentato il punto piu’ basso nella storia del WTO per quanto riguarda intimidazioni e minacce occulte, corruzione ed esclusione dalla cerchia privilegiata. Anche qui il processo di decisione reale resto’ dietro le quinte...La discussione vera avvenne in gruppi informali i cui luoghi d’incontro cambiarono di continuo. Poiche’ di questi incontri non e’ stata tenuta traccia ne’ cartacea ne’ elettronica, ogni attribuzione di responsabilita’ e’ impossibile.

Le richieste del Terzo Mondo vennero cosi’ subordinate al punto numero 1 nell’agenda delle nazioni ricche: lanciare un nuovo round di negoziati per estendere la giurisdizione del WTO alle "nuove questioni". L’esigenza dei paesi in via di sviluppo di usufruire "di un trattamento speciale e differenziato", di regole del commercio che tenessero conto del loro effettivo livello di sviluppo, fu del tutto ignorata.

Bergsten, il paladino del libero mercato, una volta ha paragonato il WTO e la liberalizzazione del commercio a una bicicletta: sta in piedi e funziona solo se si continua a pedalare. Doha aveva rimesso in piedi il WTO un’altra volta, ma la struttura era ancora vacillante. Tutti i paesi manipolati perche’ accettassero una dichiarazione che andava nettamente contro i loro interessi avevano accumulato un forte risentimento.

Qui finisce la mail di Iacopo Fo.

(Il fallimento dei referendum in Francia e Paesi Bassi sulla Costituzione europea ha mostrato chiaramente il rifiuto dei popoli ai principi del WTO, come al progetto della Bolkestein, ma tutta la stampa, sia di destra che di sinistra, si sono ipocritamente guardate bene dallo spiegare questo rifiuto e Prodi se e’ dimostrato, altrettanto ipocritamente, molto meravigliato).

(Domenica 18 settembre la Germania va alle elezioni. I due partiti che si presentano, Schroeder (socialdemocrazia) e la Merkel (Cdu-Csu, una specie di democrazia cristiana) sono in parita’ e nessuno dei due gode di grandi consensi. Entrambi, piu’ la Merkel ma in misura minore anche Schroeder, hanno dimenticato il benessere del loro popolo, per seguire i malefici principi del neoliberismo e del WTO, tentando analogamente di eliminare lo stato sociale e di privatizzare qualunque cosa esista, merci, beni, diritti e persone.

Lo stesso inaudito progetto e’ visibile negli altri paesi europei, dove una reale sinistra, fatta eccezione per la Spagna, sembra non esistere, mostrando partiti di pseudo-sinistra annacquati e pronti a collusioni neoliberiste. Quando si vota Prodi, si dovrebbe ricordare che l’ex presidente dell’UE e’ sempre stato perfettamente d’accordo con i principi del WTO e quelli in generale del neoliberismo, ma il nostro quadro politico non offre di meglio.)

“Vico capi’ previde perfettamente che il declino di una societa’ inizia nel momento in cui gli uomini non trovano piu’ dentro di se’ la motivazione per legare il proprio destino a quello degli altri; quando cioe’ viene a scomparire l’interesse sociale”.
(Stefano Zamagni)

“Cosa ci stava succedendo?
Eravamo davvero degenerati al livello di stupide bestie?
(Raoul Duke - Fear & Loathing in LV)
...
Chiaro che la sciagura delle guerre infinite viene ereditata direttamente da questo sistema, col suo carico di insolenza e menzogna, Bush ne e’ il primo rappresentante, seguito a ruota da Blair e Berlusconi. )

"Chiunque abbia proclamato che il suo metodo e’ quello della violenza deve inesorabilmente scegliere come principio la menzogna."
(Aleksandr Solzhenitsyn).

Ma e’ davvero su questa strada sporca di sangue e di oppressione che il centrosinistra vuole incamminarsi?