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Fausto Bertinotti : VOGLIO... non rimanere schiacciato dal fallimento del neoliberismo (4)

Publie le mercoledì 5 ottobre 2005 par Open-Publishing

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di Fausto Bertinotti

Il neoliberismo ha fallito nella sua principale promessa: l’idea che, tolti i vincoli dell’intervento pubblico nell’economia, sfondati i pilastri dello stato sociale, rotte le tutele del mondo del lavoro, si sarebbe garantito un futuro di sviluppo senza crisi.

Questa linea ha rappresentato una vera "visione del mondo" che ha informato l’insieme delle politiche del lavoro, di quelle economiche, sociali, fino ad investire il ruolo del governo e il suo rapporto sia con le forme della democrazia rappresentativa sia con i popoli medesimi.

Nelle politiche del lavoro si è impostata una offensiva permanente e generalizzata che ha attaccato assieme le garanzie, le tutele e il salario.

Questa offensiva è stata declinata con una aggettivazione che è divenuta un feticcio indiscutibile: "flessibilità". Dietro questa parola si sono praticate in concreto: la riduzione di forme di tutela del diritto del lavoro, come il rapporto di lavoro a tempo indeterminato, la compressione salariale sempre più drastica, l’attacco sistematico alla stessa possibilità di unificazione dei lavoratori, come il contratto collettivo di lavoro. La conseguenza è stata la precarizzazione generalizzata e l’avvento di modalità di lavoro servile che, in forme nuove, riproducono, in particolare nelle giovani generazioni, l’antica piaga del caporalato. Con un’ulteriore aggravante rispetto al passato: oggi le forme aberranti del lavoro precario e servile coinvolgono non soltanto le mansioni basse, ma indifferentemente tutte, arrivando a coinvolgere appieno le professionalità più alte, comprese quelle della ricerca e della conoscenza.

Siamo di fronte a una crescente femminilizzazione del mercato del lavoro nel senso non solo di una forte presenza femminile nei settori più precarizzati e deprivati, ma nella direzione dell’estensione a tutto l’insieme dei lavoratori delle condizioni di subordinazione, marginalizzazione, lavoro servile che hanno caratterizzato storicamente i rapporti di lavoro delle donne.

Nelle politiche economiche ha imperato il dogma della sottrazione dello Stato da ogni ruolo di intervento e controllo diretto e indiretto. E’ prevalsa, così, la politica della privatizzazione di quanto prima era considerato spazio pubblico (non solo nel campo della produzione di beni materiali, ma anche nel campo dei servizi pubblici e alla persona e delle risorse naturali).

Nelle politiche sociali ha prevalso la progressiva riduzione delle garanzie e protezioni, l’erosione sempre più accentuata dei diritti e delle tutele che, con i processi di privatizzazione e liberalizzazione, hanno provocato una condizione di vulnerabilità di fasce sociali sempre più ampie.

La scuola è stata sottoposta a un attacco devastante con l’obiettivo di rideterminare una selezione di classe: attraverso la cosiddetta "canalizzazione" si vuole riportare le figlie e i figli dei lavoratori alla formazione professionale sottoposta alle esigenze delle imprese e del mercato e riservare alle élites l’accesso all’eccellenza dei circuiti internazionali dell’istruzione.

Seguendo questa logica, l’Università è stata dequalificata, gran parte del corpo docente e del personale precarizzati, la ricerca mortificata.

Questo attacco al complesso di diritti conquistati con anni di lotte è stato generale e coordinato in tutti i Paesi, basti prendere ad esempio la questione centrale della previdenza pubblica, attaccata in varie forme, ma con analoga ispirazione, in tutti i Paesi europei.

Mai, dal secondo dopoguerra, la distribuzione del reddito tra le classi è stata così sperequata, mai il processo di impoverimento delle masse popolari è stato così esteso, mai la condizione di incertezza e precarietà è stata avvertita con così pesante cupezza.

La svolta è epocale: per la prima volta, da decenni, si è interrotto, anche nelle coscienze delle persone, l’aspettativa, prima quasi spontanea, di un futuro migliore per le nuove generazioni.

Il neoliberismo ha fallito non solo perché ha determinato nuove ingiustizie e ha acuito le disuguaglianze, ma in quanto ha prodotto una crisi economica e sociale (di cui l’Italia è il caso più acuto) che, per le sue dimensioni e profondità, richiede la messa all’ordine del giorno del tema di una alternativa. Senza di essa, il neoliberismo, dopo di guasti prodotti nella fase di ascesa, rischia di travolgerci nel suo fallimento.

Il tema dell’alternativa di società non è più solo l’obiettivo soggettivo di chi chiede un nuovo mondo: è messo all’ordine del giorno dalla necessità di non rimanere schiacciati dalle macerie prodotte dal neoliberismo in crisi.

Piu’ di info scrivere qui : bellaciaoparis@yahoo.fr