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DUE PIAZZE DI LIBERTA’- IMMAGINI

Publie le domenica 22 gennaio 2006 par Open-Publishing
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Dazibao Donne Manifestazioni-azioni Viviana Vivarelli

"Il corpo e’ diventato da molto tempo uno dei luoghi su cui confluiscono i saperi (e i poteri), un numinoso campo di incertezza dove far emergere una politica violenta anche se apparentemente liberatoria... Malattia, desideri, dolore, nevrosi, costrizioni: il potere agisce sui corpi lasciandovi marchi, regole, divieti e trasgressioni, strutturandoli in un carnaio di segni" (Francesca Alfano Biglietti)

di viviana vivarelli

14 gennaio 2006.
Due piazze: Roma e Milano, per dire no agli ostacoli alla 194 e dire si’ alle unioni di fatto. Una lotta dall’afflato potente.

Due piazze per lottare contro l’apartheid, delle donne, dei non osservanti, degli agnostici, degli omosessuali, di coloro che un regime di destra e una chiesa reazionaria insistono nel voler discriminare...

Lottare per non restare ’un diverso’ in uno stato che degenera.

IMMAGINI

Dopo due secoli dall’affermazione dei grandi principi di liberta’, uguaglianza e fraternita’, dopo due millenni di messaggio evangelico, dopo 150 anni di ideologia marxista e 2400 anni dalla nascita della democrazia, sembra a volte che tutto sia ancora da rifare.

La chiesa ha dimenticato la sua missione, i fascismi attentano di nuovo allo stato, i deboli hanno perso la loro fiducia, i partiti che si dicevano progressivi mostrano pericolose scivolate, la democrazia sta perdendo il suo significato.

Ricomincia a imperversare il sistema degli esclusi.

La donna e’ la grande prigioniera, il soggetto storico che meno si riconosce nell’immagine che la societa’ le impone. Come sempre le si affianca ogni creatura emarginata, in primo luogo l’omosessuale.

La donna e’ considerata un ‘diverso’ e introduce il problema dei diversi, gravati da non riconoscimento ed emarginazione in un mondo che dovrebbe nutrire armonia e integrazione.

Contro le imposizioni di una societa’ violenta e discriminatrice, ognuno, chiunque sia, ha in primo luogo diritto a rispettare cio’ che e’, e a lottare affinche’ gli altri abbiano per lui lo stesso rispetto.

La diversita’ e’ la caratteristica dell’essere. Non c’e’ nulla di piu’ naturale. La natura dispiega se stessa proprio attraverso le diversita’, cosi’ come la luce dispiega se stessa attraverso i colori.

In uno stato i diversi sono di ogni tipo: di genere, etnia, classe, censo, qualita’, ideologia.... Anche lo stato si dispiega attraverso i tanti modi dell’essere sociale.

Una comunita’ civile dovrebbe aiutare l’integrazione tra diversi: bambino e adulto, sano e malato, uomo e donna, cittadino e straniero, misero e potente, di questa religione o di un’altra o di nessuna...

Quando invece la legge dello stato o della chiesa impongono odiose separazioni, possiamo dire che la civilta’ e’ degradata.

Quando uno stato o una chiesa sono tentati da un cattivo potere, questo non ha alcun interesse ad armonizzare i diversi, a ridurre le diseguaglianza a dare a tutti gli stessi diritti, anzi aggrava le discriminazioni e i conflitti, governa nella divisione e trascina tutti nella barbarie.

Possiamo scegliere un mondo di pace o di armonia o uno stato di guerra permanente di tutti contro tutti, un giusto stato o una giusta religione oppure il perpetuarsi di scontri violenti.

Ogni diversita’ non integrata indica un sistema non evoluto, che gratifica una sua parte, escludendo le altre, cosa che puo’ essere fatta con l’economia, le leggi, il costume, i media, le immagini culturali... ma sempre quel sistema si avvale di privilegi ed esclusioni, che fanno perire ogni democrazia o ogni religione.

’Corrotto’ viene dal latino corrumpere, rompere, spezzare, dividere.
Cosi’ come ’diavolo’ vien dal greco ’dia ballein’, gettare dividendo in due, separare con violenza.

Il cattivo potere e’ riconoscibile perche’ separa, divide, mette all’indice, discrimina, fa i suoi tetri elenchi dei fuori casta, fuori legge, fuori dogma, fuori diritto...

Il buon potere include, armonizza, accoglie; quello cattivo esclude, inventa nuove disarmonie, condanna.
Il buon potere e’ un ’cosmos’ , che in greco vuol dire ’ordine’.

Ma il cattivo potere non e’ mai universale, non ordina in insiemi coesi, settarizza, esclude, crea oasi di privilegio, balconi di superiorita’, pretese di perfezione, intimidazioni assolutistiche.

Religione vuol dire ’religare’ , tenere insieme, ma la cattiva chiesa non tiene insieme, caccia, esilia.
’Armonia’ viene dal greco ’armozein’, connettere, collegare, esser d’accordo, con la radice AR che ha il senso di unire, aderire, disporre.

’Dittatura’ invece e’ un derivato di ’dictum’, comando; dittatore era il magistrato romano che aveva in casi eccezionali per sei mesi potere di pace e di guerra nella sospensione di tutte le leggi civili e dei diritti riconosciuti.

Ora noi vorremmo una maggiore democrazia, non una deriva autoritaria che prelude a una dittatura. E vorremmo maggiore democrazia anche nella chiesa, non un ritorno ad autoritarismi escludenti e assolutistici.

Per tutto questo l’immagine culturale e’ importante.
Cambiare una immagine culturale significa cambiare le identita’ di un gruppo e realizzare una rivoluzione benefica; l’immagine fa parte del riconoscimento e dell’autoriconoscimento, illumina.
Se una persona non ha una buona immagine di se’, e’ destinata a soffrire e ad esprimere la sua sofferenza con la malattia del corpo e della psiche o generando disagio sociale.

I media ci danno una immagine della donna degenerata a oggetto sessuale o a incubatrice, parte subalterna o succube, non autodeterminata e dunque non libera. Non diversamente la chiesa ne fa un contenitore di figli, una incubatrice inerte, dimenticando la sua anima.
La donna e’ presentata oggi culturalmente come oggetto di servizio, svago o piacere, cibo da consumare, merce; nessuna meraviglia che i suoi disturbi piu’ diffusi siano la bulimia e l’anoressia, in cui si consuma o si rigetta il cibo.

Se la filosofia imperante e’ il consumismo, la protesta patologica sara’ simbolicamente una malattia del consumo o del metabolismo. Se la religione imperante la domina attraverso l’organo sessuale, questo portera’ malattie sessuali sempre nuove come forma di rivalsa somatica.

Il diverso, corpo estraneo, non metabolizzato nello stato, diventa il boccone indigeribile che rigetta il cattivo stato come la cattiva religione. Essi devono servire all’uomo, non asservire l’uomo.

Noi viviamo per immagini. Siamo cio’ che la nostra mente crea. Ma, se la nostra mente e’ manipolata, non e’ piu’ autocreatrice ne’ creatrice, allora si atrofizza.

Si ha una rivoluzione culturale ogni volta che si rivaluta l’immagine di un diverso, la donna, l’omosessuale, il bambino, l’ebreo, il nero, l’operaio, l’extracomunitario, il povero, il migrante, il pagano, l’agnostico, l’islamico... riconoscendogli i diritti che gli spettano. E questa e’ sempre una rivoluzione politica.

Percio’ il potere si esercita sull’immaginario, inculcando immagini prestabilite. E quanto piu’ un potere e’ totalitario, tanto piu’ ha bisogno di immagini da demonizzare, perche’ l’esercizio del totalitarismo e’ piu’ facile attraverso l’odio che attraverso l’amore.

Dividendo un popolo e instillando forme di rigetto di una parte contro l’altra, il compito del dominio-demonio e’ facilitato. La denigrazione di una parte sociale incanala utilmente parte di quel risentimento che il cittadino potrebbe attivare in un agire politico contro i propri governanti e tiene la gente ancorata ad emozioni viscerali, di basso livello, dunque cieche e facilmente direzionabili.

Per un sistema totalitario non e’ bene che l’uomo pensi, scelga o riconosca la sua vera immagine, e che decida di conseguenza di agire secondo cio’ che gli corrisponde, lo tutela e lo matura.

Il riconoscimento di se stessi, non solo come immagine ma anche come ruolo sociale, limiti, possibilita’, mancanze e aspirazioni, corriponde ad una assunzione di liberta’, ad un compito di responsabilita’, cio’ crea movimento storico, cambia le relazioni, interagisce socialmente e di conseguenza sviluppa valutazioni politiche e scelte.

Una rivalutazione dell’immagine apre un modo nuovo di essere.
Nessuna rivoluzione senza consapevolezza.
Chi conosce se stesso intende immediatamente avere piu’ voce, contare di piu’, partecipare di piu’. Assume peso politico, perche’ la politica e’ la partecipaizone alla cosa comune e chi assurge a un livello superiore di intendimento non accetta piu’ l’ubbidienza passiva o il fanatismo, che e’ altrettanto passivo, ma valuta, sceglie e vuole che la sua scelta abbia peso collettivo.

Il vecchio quadro culturale e’ radicato sulle antinomie (maschio-femmina, malato-sano, corpo-mente, cittadino- non cittadino, povero-ricco, cattolico-non cattolico, pazzo-normale, potente-suddito, datore di lavoro-lavoratore...) . Un mondo nuovo dovra’ volgersi ad una dimensione sociale più armonizzata e integrata.

E il mutamento non può che cominciare dall’interno, da ognuno di noi, come centro primo di propulsione psicologica, sociale e politica. E dalla valutazione che l’uno ha dell’altro, rompendo i quadri cristallizzati dal potere.

Dopo aver analizzato il valore delle differenze, il passo successivo e’ smussarle, avvicinarle e integrarle, cambiando i parametri valutativi, cosi’ da uscire da rovinose contrapposizioni e da dare a ognuno il suo.
Le antinomie devono diventare inter-comunicabili e generare giustizia, o avremo la lotta di tutto contro tutti in nome di risorgenti differenze.

La rivoluzione fondamentale non e’ piu’ solo contro le vecchie categorie sociali e economiche del potere-sapere, che esercitano il controllo sulla produzione dei beni, il flusso dei capitali, la cultura e il consenso, occorre agire all’interno della rappresentazione che ognuno ha di se’, la propria immagine e il proprio compito individuale e sociale, allargandosi dalla dipendenza, succube a una certa gestione dei beni economici e del potere, alla propria autodeterminazione individuale e politica.
Alla base del potere c’e’ il consenso; alla base di un consenso democratico c’e’ la possibilità dell’uomo di non essere plagiato e di scegliere come voler essere.

Piu’ l’uomo e’ oggettivato e privato della sua liberta’ e della sua anima, piu’ e’ incasellato in categorie fisse stabilite a priori da altri, piu’ e’ bloccato in esse da giudizi privativi e svalutativi, e piu’ e’ portato a dare consenso senza capire, contro la sua stessa verita’.

Al potere tutte le divisioni fanno buon gioco, ma sappiamo che con la guerra di tutti contro tutti si va poco lontano e si distrugge il mondo.

Ne’ a livello locale ne’ a livello mondiale le discriminazioni e le esclusioni portano pace e benessere, la vita non ha bisogno di una guerra permanente ma di fattori complementari in armonia.

Il pensiero integralista e discriminatorio e’ sempre un pensiero che divide, demonizza, separa, esclude... porta alla barbarie. Ma si sta affermando un nuovo pensiero che parla di dialogo, incontro, armonia, conoscenza, integrazione, collaborazione, partecipazione...

Noi siamo con le rivendicazioni delle donne, degli omosessuali, degli agnostici, dei liberi....

Noi abbiamo speranza.

Messaggi

  • "La nostra società è solo falsamente permissiva ! In realtà noi viviamo in un contesto fortemente repressivo, in cui è concesso libero sfogo agli solo eccessi consumistici ed a tutti quei comportamenti che non vanno a toccare le radici profonde del potere !! Finchè il potere non si sente minacciato e messo e discussione, ti controlla e ti spia ma ti lascia fare e soprattutto dire!! Ad ognuno in Italia è concesso di criticare chiunque e qualsiasi cosa, ma quando vai ad affrontare argomenti che in qualche modo toccano la famiglia , uno dei cardini del potere borghese e clerico- fascista, e tutto il sistema di rapporti ad essa collegati, sono dolori e le reazioni fortissime !! In questa società i "diversi" nella migliore delle ipotesi vengono "tollerati", ma "tollerare" , come sosteneva Pasolini, non è "amare" !! La differenza è enorme !! La parola d’ordine, cara Viviana, comunque è lottare, lottare, lottare !!"
    MaxVinella