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"The constant gardener" racconta la battaglia di un uomo contro la multinazionale dei farmaci

Publie le venerdì 24 febbraio 2006 par Open-Publishing
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Dazibao Cinema-video - foto

The constant gardener, le industrie farmaceutiche giocano sporco

di Pasquale Colizzi

«Nel mirino non c’è più l’Urss. Adesso ci sono il cinismo, l’avidità e l’indifferenza verso i nostri simili in stato di bisogno». Le parole di John le Carrè, nella quarta di copertina del suo "Il giardiniere tenace", si riferiscono a quanto eticamente bassi possono essere i progetti di alcune multinazionali farmaceutiche pur di fare profitti. Con il tacito consenso delle Nazioni Unite che, in sessant’anni di vita e svuotate del loro ruolo, oggi rappresentano un’istituzione a sovranità limitata.

Frutto di esperienza diretta e documentazione accurata, l’autore inglese nel 2001 ha pubblicato questo duro atto d’accusa alla lobby del settore farmaceutico che, soprattutto in Africa, non si ferma davanti a niente. Non tutte le aziende naturalmente si macchiano di queste colpe. Ma accade spesso che alcune, in mezzo a pazienti "scadenti", si permettono di inviare farmaci scaduti (detratti dalle tasse), sperimentano nuovi medicinali con morti continue, vendono a prezzi proibitivi quelli che salvano la vita. Con pressioni enormi sui pochi medici esistenti.

Esponente di punta del nuovo cinema brasiliano, Fernando Meirelles, che aveva impressionato tutti con il potente City of god, stavolta porta sullo schermo la trama ordita da le Carrè in The constant gardener- La cospirazione. Un film bello quanto "necessario", un piccolo saggio di due ore su uno dei tanti buchi neri con i quali la coscienza degli occidentali "ricchi e fortunati" deve pur fare i conti. Lavorando sulla sceneggiatura di Jeffrey Caine, Meirelles racconta la storia per flashback: Justin Quayle (Ralph Finnies) è un membro dell’Alto Commissariato Britannico di servizio in Kenya che, scosso dalla morte violenta della sua compagna Tessa (Rachel Weisz, Golden Golbe come miglior attrice non protagonista), mette da parte la sua natura dimessa e cerca di scoprire il vero motivo dell’assassinio. All’inizio infatti i suoi oscuri superiori tentano di insabbiare la vicenda descrivendo la bellissima e volitiva Tessa come una fedigrafa che è rimasta vittima di un delitto passionale. In realtà la donna e un suo collega sono stati fatti fuori su mandato di una compagnia farmaceutica che stava per essere pubblicamente sbugiardata per i suoi affari loschi nel continente africano.

Tessa infatti era in contatto con le ong che queste cose le denunciano, magari nell’indifferenza generale - si parla di Oxfam come della tedesca Buko Pharma-Kampagne - ed era a un passo da far scoppiare uno scandalo. Justin quindi intraprende un viaggio tra l’Africa e l’Europa per affrancarsi dalla sua posizione di uomo d’apparato che, per colpevole ignoranza, forse per convenienza reciproca, lascia che queste potenti compagnie operino allo scuro dell’opinione pubblica occidentale. A rischio della propria vita, vuole portare a termine il lavoro che la compagna aveva iniziato quasi in segreto. Lo fa per onore della verità e come pegno d’amore ad una donna conosciuta da poco ma che, dopo la perdita, sente sempre più vicina. Le Carrè ha dichiarato che il personaggio di Tessa è ispirato all’attivista francese Yvette Pierpaoli "che visse e morì senza infischiarsene" e alla quale lo scrittore ha dedicato il libro.

Magnificamente fotografata da César Charlone (da 15 anni collaboratore di Meirelles e candidato all’Oscar per City of God), la pellicola parla senza filtri della potente lobby delle industrie farmaceutiche. Poco appariscenti ma dal peso enorme, per oltre vent’anni negli Usa queste industrie si sono collocate al vertice dei settori che producono profitti. Le stesse che non concedono i brevetti per produrre farmaci generici ai paesi poveri (che talvolta giustamente dei divieti se ne infischiano) dichiarando che hanno speso tanto per la ricerca. Quando poi si scopre che in genere hanno utilizzato fondi statali per realizzare profitti tutti privati. E pensare che mentre si dedicano anima e corpo a cercare antidoti alla calvizie e all’impotenza, "temi" caldi per il ricco mercato occidentale, in Africa si muore a milioni di Aids, tubercolosi e malaria.

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