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Proiezione "Quando c’era Silvio" a Parigi il 30 marzo alle ore 11 di mattina

Publie le giovedì 23 marzo 2006 par Open-Publishing
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Dazibao Cinema-video - foto Partito della Rifondazione Comunista Parigi Bellaciao Francia

Documentario "Quando c’era Silvio", di Enrico Deaglio e Beppe Cremagnani.
La proiezione avverrà il 30 marzo alle 11 di mattina. I posti sono limitati a 180, quindi è necessario prenotare inviando un mail di conferma a silvia.salamon@wanadoo.fr Le prenotazioni sono valide fino a dieci minuti prima dell’inizio della proiezione, passato questo limite apriremo le porte agli altri. Le Latina si trova al 20 della rue du Temple, 75004 Paris. M°Hotel de Ville o Rambuteau.
Le Latina si trova al 20 della rue du Temple, 75004 Paris. M°Hotel de Ville o Rambuteau.

di Corrado Stajano

Si prova un sentimento di profonda vergogna e di umiliazione nel vedere il film su questo nostro tempo berlusconiano intitolato "Quando c’era Silvio", di Beppe Cremagnani e Enrico Deaglio. Già il titolo è un augurio, un segno di speranza, un invito a far sì che dell’attuale premier si possa parlare tra poco soltanto al passato.

Perché la prima domanda che uno spettatore, anche se non neutrale, si pone è: come ha potuto accadere tutto questo in un grande Paese come l’Italia? Come hanno potuto milioni di persone affidarsi a un simile personaggio?

Il Dvd, più di un’ora, uscirà il primo marzo con Diario di cui Deaglio è direttore. Sarà in vendita anche, più di 200mila copie, nelle Librerie Feltrinelli e anche nel circuito home video.

È una svelta e intelligente biografia per immagini di un uomo diventato miliardario in un mondo di ombre dove nulla appare chiaro e nulla chiarito. Anche chi ritiene di conoscere gli ultimi due decenni del Novecento e il tempo in cui vive sobbalza spesso come se nulla sapesse.

Quando c’era Silvio è ricco di documenti rimasti inediti perché l’informazione della Rai, in questi anni, è stata vergognosamente manchevole. Come la scena, sconosciuta nella sua interezza, penosa, per usare un eufemismo, del 2 luglio 2003 quando Berlusconi diventa presidente del Consiglio europeo.

Deaglio, ha ottenuto con facilità il nastro di quella seduta inaugurale, quasi un atto ufficiale filmato. Dopo che il premier italiano ha terminato il suo discorsetto di circostanza prende la parola Martin Schulz, della Spd tedesca. Parla dei ministri italiani, chiede a Berlusconi di portare finalmente in porto le leggi sul processo europeo, sul mandato di cattura, sul riconoscimento dei documenti.

Se le cose, in quest’assemblea, fossero andate diversamente, dice, l’immunità per Berlusconi e per Dell’Utri non sarebbe stata prolungata: «Oggi lei non avrebbe più quell’immunità di cui ha bisogno». Berlusconi s’infuria, chiude gli occhi come quando l’ira lo travolge, e fa un ritrattino del nostro Paese che sembra adatto a qualche varietà di terz’ordine di un secolo fa: «Lei ha dato un’immagine caricaturale dell’Italia, io la invito a vedere qualcosa che non può negare, il sole, i 100mila monumenti e chiese, i 3500 musei, i 2500 siti archeologici, le 40mila case storiche che col mio governo non siamo riusciti a distruggere». Conclude con la frase indecente che si conosce: «So che c’è in Italia un produttore che sta girando un film sui campi di concentramento nazisti.

La suggerirò per il ruolo di kapò. Lei è perfetto». Il presidente dell’Assemblea è desolato. Fini, vicino a Berlusconi è impallidito e seguita a passarsi le mani sui capelli. Schulz dice poche parole: «Il rispetto che ho per le vittime del nazifascismo mi impedisce di rispondere. Quando il premier italiano viene contraddetto perde ogni contegno». Berlusconi replica infuriato: «Io ho detto con ironia quello che ho detto. Non ritiro niente. Se non siete in grado di capire l’ironia! Io ho usato soltanto quella, lui la cattiveria». Fa l’offeso. Rovescia le carte in tavola. Il presidente dell’assemblea mostra tutto il suo dispiacimento per gli insulti rivolti a Schulz, dice che l’accaduto è davvero disdicevole.

Il film di Deaglio ci ridà la memoria. La seduta di Strasburgo merita di entrare negli annali del «pensiero moderato». Anche l’editto bulgaro: «Biagi, Santoro e Luttazzi hanno fatto della Tv pubblica pagata con i soldi di tutti un uso criminoso e io credo che sia dovere della nuova dirigenza di non permettere più che questo avvenga».

Quando c’era Silvio racconta senza enfasi la storia di un uomo che con la politica, lui campione dell’antipolitica, divenne ancora più ricco di quel che era e impoverì il suo paese. Dagli anni Settanta, quando a Milano dominavano Sindona, Calvi, Liggio, Stefano Bontate fino a oggi. Bontate, che era il capo della mafia prima dei Corleonesi di Liggio, incontrò Berlusconi proprio a Milano: è stato provato dal Tribunale di Palermo che l’11 dicembre 2004 ha condannato il senatore Dell’Utri a 9 anni di prigione per concorso esterno in associazione mafiosa. (Dell’Utri è ora il responsabile per la scelta dei candidati di Forza Italia alle elezioni politiche). Deaglio racconta tutto quel che anche i grandi giornali d’informazione preferiscono tacere o nascondere.

La mafia è nel documentario un argomento centrale. Dal soggiorno ad Arcore di Vittorio Mangano, già capomafia del mandamento palermitano di Porta Nuova, tre volte ergastolano - il famoso stalliere - all’intervista che Paolo Borsellino fece al giornalista francese Fabrizio Calvi 50 giorni prima della morte, assai imbarazzante per i rapporti tra Berlusconi e Cosa Nostra. Senza dimenticare l’interrogatorio che il Tribunale di Palermo fece o, almeno, tentò di fare al premier a Palazzo Chigi nel corso del processo Dell’Utri.

I magistrati volevano sapere di Mangano, delle origini dei finanziamenti della Fininvest, di certi non impeccabili flussi di denaro: Berlusconi si avvalse della facoltà di non rispondere. Atteggiamento imbarazzante per un presidente del Consiglio.

Tutto quanto o quasi, nella vita dell’uomo di Arcore, è sul filo della legge, come l’acquisto fatto nel 1974 della villa San Martino di proprietà degli eredi del conte Casati, gestito da Cesare Previti con l’esborso di una somma ridicola. Berlusconi nel parco della villa ha costruito un Mausoleo per la «gens berlusconiana», Previti, Dell’Utri, Confalonieri annessi. (Non sum dignus rifiutò a suo tempo Montanelli).

Deaglio ha scovato un vecchio filmato, con un esterrefatto Gorbaciov in visita, nel 1993, all’imprenditore italiano che non era ancora «sceso in campo», condotto a vedere con Raissa anche il Mausoleo sotterraneo fitto di simboli esoterici costruito dallo scultore Pietro Cascella. In paese corre una voce: sembra che Berlusconi abbia in mente di fare ibernare i cadaveri. Chissà. Nel documentario c’è un po’ tutto su Berlusconi, vita, morte e miracoli. E si potrebbe anche sorridere se non prevalesse la malinconia, tra bandane, tacchetti, riporti e trapianti, Apicella e languide canzoni.

C’è anche un incontro che intristisce, sul set del «Grande Fratello», mentre si stanno scegliendo gli attori e i giovani aspiranti confessano le loro povere aspirazioni.
Il berlusconismo ha diffuso nell’intero Paese una malapianta bigotta, razzista, portatrice di rabbia e di paura, priva di ogni motivazione ideale. Bisognerà estirparla, ricominciare da capo come dopo una guerra rovinosa.

http://www.quandocerasilvio.com/index.php?n=26

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