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THE WIND THAT SHAKES THE BARLEY

Publie le venerdì 9 giugno 2006 par Open-Publishing

Dazibao Cinema-video - foto Enrico Campofreda

di Enrico Campofreda

Un film che narra la storia di chi ha coraggio ma anche paura, di chi agisce e non si fa bloccare dal tradimento “arduo era per le parole di dolore prender forma, spezzare i legami che ci vincolano ... Così dissi: la valle nella montagna cercherò al mattino presto per aggiungermi ai coraggiosi uomini uniti, mentre dolci venti scuotono l’orzo”, cantava il poeta Robert Dwyer Joyce.

Con la lotta del popolo irlandese contro l’invasione britannica Loach è tornato al tema storico e ha riofferto alla Palma d’oro - vinta al 59° Festival di Cannes - il volto pubblico di quell’impegno politico che spesso significa violenza, strada cieca e crudele, ragion di stato. Ha rimesso il dito nella piaga della questione irlandese, parzialmente sanata dalle tregue degli ultimi anni, uguale nella sostanza se non nella forma alle vicende dei protagonisti degli Anni Venti.

Ha riparlato del cannibalismo delle rivoluzioni, dove i fratelli mangiano i fratelli, dove gli ideali, ragione alla quale bisogna ispirarsi e rifarsi, non lasciano spazio al sentimentalismo e se questo c’è, conduce alle uccisioni fra le lacrime come fa Damien quando “deve” eliminare il giovane Chris che conosce da bambino o Teddy che lega al palo dell’esecuzione il fratello Damien, compagno di lotta e d’armi nelle “Colonne Volanti”.

Attorno a questi traumi personali la narrazione - sempre lineare - appare più angosciata di quella pur drammatica di “Land e Freedom”, in cui i rivoluzionari spagnoli del Poum e del fronte anarchico si trovavano a puntare le armi non solo contro i fascisti ma contro gli alleati dell’esercito repubblicano e soprattutto gli stalinisti che cercavano di eliminarli.

E il fulcro dei tragici accadimenti del popolo irlandese sta proprio in quell’aia dove abitano Seanned, sua madre, sua nonna che vengono prima aggredite, vessate, torturate dai militari inglesi (i famigerati “Black and Tans”, gruppi sanguinari di ex combattenti della prima guerra mondiale) e, successivamente all’accordo fra i governi di Dublino e Londra, anche dai militi irlandesi che nella casa dov’erano stati sfamati poi cercano le armi degli ex compagni che non riconoscono l’accordo e vogliono combattere ancora.

La spaccatura nel blocco repubblicano passa fra chi accetta un trattato di vertice col Regno Unito (che prevede la cessione dell’Ulster, la subalternità alla corona) e chi sostiene che quel nuovo status è una truffa e la lotta contro l’invasore britannico dovrà proseguire fino alla piena autodeterminazione.

Inoltre c’è la volontà di garantire gli strati più umili della popolazione afflitti dai pochi proprietari terrieri irlandesi che, dopo aver sostenuto gli affari inglesi nella propria terra, godono di privilegi e li applicano contro i concittadini poveri. I combattenti dell’IRA - nati da una costola dei “Volontari Irlandesi” primo braccio armato del Sinn Féin - chiudono un occhio verso i possidenti irlandesi fedeli alla causa, poiché da costoro ricevono finanziamenti. La Chiesa fa lo stesso per garantire pace sociale e allontanare il pericolo che nelle vicende di rivendicazione nazionale non intervengano princìpi socialisteggianti, assolutamente osteggiati. Esempi come quelli del marxista Connelly - una delle vittime della repressione del 1916 - non dovranno più ripetersi.

Invece il gruppo di Damien - lui è un ottimo medico che avrebbe dovuto andare a lavorare in Inghilterra ma rinuncia e resta a combattere con gli amici di gioventù - è sensibile anche a questioni sociali e soprattutto non ha preconcetti. Non si piega alle opportunità che, nella Repubblica d’Irlanda nata nel 1919 e accettata dagli accordi del 21’, impongono compromessi poco sopportabili. Insieme ai compagni avrà vita breve: pur se inizialmente più numerosi, nel ’22 dopo un anno di guerra civile, verranno sconfitti dall’esercito del Libero Stato irlandese.

Loach nei personaggi, interpretati da un ottimo cast, ricrea in maniera mirabile le altissime tensioni che giovani uomini, semplici contadini o professionisti come Damien sono costretti a sopportare per l’incedere degli eventi. In un intreccio di esistenze personali che finiscono travolte dalla durissima piega assunta dal conflitto. Ma che conservano la normalità di sorridere, bere in un pub e la lucidità di discorrere di teorie politiche nel momento in cui l’azione, fatta o subìta, incede determinando il ritmo del tempo e il battito del cuore.
Loach rende omaggio a coloro che nella vita scelgono da che parte stare, anelano libertà e dignità anche a costo di sacrifici estremi.

Possiamo chiederci se nella funesta scena dell’esecuzione Teddy potesse salvare la vita a Damien. E se quelle vite sacrificali non siano state un prezzo elevatissimo per una causa. Giusto? sbagliato? Ma non possiamo dimenticare che tali vite non erano vite qualsiasi, e a volte la Storia è sì, crudele ma mai meschina.
E più di qualsiasi religione offre l’eternità.

Regia: Kean Loach
Soggetto e sceneggiatura: Paul Laverty
Direttore della fotografia: Barry Ackroyd
Montaggio: Jonathan Morris
Interpreti principali: Cillian Murphy, Padraic Delaney, Liam Cunningham, Orla Fitzgerald, Mary Riordan, Mary Murphy, Laurence Barry
Musica originale: George Fenton
Produzione: Sixteen Films, Matador Pictures, Regent Capital
Origine: R U, Irl, Ita, Ger, Spa
Durata: 124’