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Jumblat: "Hezbollah sta vincendo la guerra"

Publie le martedì 8 agosto 2006 par Open-Publishing

Dazibao Guerre-Conflitti medio-oriente

A colloquio con lo storico leader druso libanese nonché segretario del Partito socialista progressista (Psp): "Gli Stati Uniti devono fermare Israele". Poi l’attacco contro le politicche di Damasco: "La Siria vuole vendicarsi della Rivoluzione dei cedri che ha messo fine alla sua tutela sul Libano"

di Lorenzo Trombetta Beirut

Non sorride né sembra aver voglia di parlare Walid Jumblat, leader druso libanese e segretario del Partito socialista progressista (Psp), arroccato nel suo castello di Mukhtara nel cuore delle montagne dello Shuf, a sud est di Beirut. "Non so quando finirà questa guerra. Per il momento non possiamo far altro che guardare il nostro paese che brucia" dichiara amareggiato a Liberazione.

Accanto a lui numerosi dignitari drusi e gente comune dei villaggi vicini attendono il loro turno per esser ricevuti da “Walid Bek”. Come ogni sabato, la residenza di Mukhtara si apre alla “plebe” in cerca della consolazione e dell’intervento del suo “feudatario”.

Jumblat è un signore alto e slanciato di quasi 57 anni. Il prossimo 9 agosto sarà il suo compleanno, «ma non ho nulla da festeggiare» confessa mentre dà uno sguardo fuori la finestra della sala. Sulla sua destra un dipinto che ritrae la vittoria delle truppe zariste contro quelle di Hitler alle porte di Mosca. «Hezbollah sta vincendo questa guerra e tra poco ne avremo la conferma» assicura anche se non sembra entusiasta di questo scenario.

«Il Partito di Dio lavora negli interessi dell’Iran. Per mesi abbiamo tentato di trovare un compromesso perché la sua azione rientrasse nel contesto dello Stato libanese, ma non ci siamo riusciti. E oggi, con l’aggressione israeliana, tutto il Libano sta pagando un prezzo altissimo. Tutto il paese, non solo Hezbollah».

Dal 3 marzo scorso, infatti, i principali rappresentanti politici e confessionali del Libano si erano dati appuntamento attorno al “tavolo del dialogo” per discutere delle principali questioni politiche interne. Prima ogni settimana, poi con intervalli più lunghi, il tavolo di Beirut non aveva partorito molto, e si sarebbe dovuto riunire nuovamente alla fine di luglio per trovare un compromesso proprio sulla “Strategia di difesa comune”.

Ovvero: come assimilare l’ala armata di Hezbollah nell’esercito regolare nazionale, e come far sì che lo Stato prendesse finalmente il controllo del sud del paese. «Continuo a ripetere che nessuno può pensare di risolvere la questione con la forza e dall’esterno - dice Jumblat - e sono convinto che solo con un accordo interlibanese, trovato attraverso la mediazione e il compromesso, si potrà arrivare a una soluzione e non c’è dubbio che il Partito di Dio dovrà rientrare nel contesto dello Stato.

Per ora - continua - tutto ciò è comunque fuori discussione. Ci troviamo sotto le bombe». Walid Bek esclude che un contingente internazionale potrà esser formato e dispiegato nel sud come richiesto da Israele. «Vogliono forse fare un’altra guerra a Hezbollah? Chi ha oggi il potere di vincerla?».

Un notabile druso attende di parlare col suo capo e il segretario fa un cenno a Jumblat. Questi si alza e si avvicina all’anziano vestito con l’abito nero tradizionale e col copricapo bianco, simbolo dei picchi innevati delle montagne da sempre abitate dalla sua gente. I drusi si trovano in tutto il Levante arabo, circa 600mila unità sparse tra lo Shuf libanese, lo Hawran siriano, il Golan occupato da Israele la Galilea oggi parte dello Stato ebraico. I drusi appartengono all’Islam, ma da molti musulmani non sono considerati tali anche perché la loro dottrina, oltre a contenere elementi derivanti dallo sciismo ismailita, né conserva altri di provenienza gnostica e cristiano-orientale.

Nel paese dei Cedri sono ben rappresentati (8 deputati su 128 in parlamento, due ministri nel governo) pur contando poco più del cinque per cento della popolazione totale (210mila su 4 milioni). Gente di montagna, tradizionalmente chiusa e diffidente, le comunità non emancipate dalla vita cittadina praticano ancora l’endogamia e la divisione clanica è ancora un fattore politico e sociale determinante. I Jumblat sono da sempre una delle famiglie più potenti, e con l’avvento di Kamal, carismatico politico e padre di Walid, la casata si è affermata come il riferimento dei drusi del Libano.

Dalla fine degli anni sessanta, il Psp di Kamal Jumblat si è imposto sugli altri clan conquistando gran parte dei seggi riservati alla comunità drusa nel parlamento nazionale (oggi il Psp conta ben 17 deputati anche di altre confessioni). Morto il padre nel 1979 (secondo le ricostruzioni ucciso dai siriani), il giovane Walid si ritrovò a capo di un partito e di un’intera comunità, ereditando anche il titolo ottomano feudale di Bek, rappresentante locale dell’autorità imperiale di un tempo.

Così, nel mezzo della guerra civile (1975-91), il rampollo di famiglia, fino ad allora noto per la sua vita libertina e lontana dall’impegno politico, si rimboccò le mani diventando negli anni uno dei leader più abili dello scacchiere libanese e mediorientale. Conscio dell’inferiorità numerica della sua gente rispetto a quella di altre comunità più consistenti (sciiti, sunniti, maroniti), Jumblat jr ha sempre cercato di giocare d’anticipo cambiando alleanze in tempo da tenersi a galla nelle dispute militari e politiche.

Dopo aver abbassato la testa alla tutela di Damasco nel paese (1991-2005), Walid Bek è stato uno dei primi ad annusare il vento di cambiamento che da Washington soffiava nella regione. Dal 2004 ha iniziato a schierarsi apertamente contro la Siria e i suoi clienti libanesi: «Difendo l’identità araba, ma non voglio alcun interferenza esterna sul mio paese»

Lo ribadisce anche adesso quando gli si chiede che tipo di conflitto sia questa in cui si trova il paese: «E’ una guerra per procura con Stati Uniti e Israele da una parte e Iran e Siria dall’altra». La soluzione da lui proposta è tanto semplice quanto per ora irraggiungibile: «Washington deve fermare l’aggressione israeliana e far capire al suo alleato che sul terreno sta perdendo il confronto. Gli Stati Uniti si devono quindi impegnare a trovare una soluzione equa e definitiva alla questione palestinese, mentre dall’altra parte bisogna arrestare l’aggressione siro-iraniana contro il nostro paese».

In particolare, sul ruolo di Damasco, Jumblat torna all’attacco: «La Siria tenta in ogni modo di vendicarsi della “rivoluzione dei Cedri” (primavera 2005) che ha messo fine alla sua tutela sul nostro paese. Così oggi Damasco vuole tornare a dominare in Libano, mentre dal fronte siro-israeliano non si spara una pallottola dal 1974 contro lo Stato ebraico. E il Libano continua a bruciare». Altri notabili premono per presentare le loro richieste ma il leader druso non sembra avere più parole per nessuno: «Questa volta non so cosa succederà. Chiedetelo a chi ha i missili. Oggi, la voce dei cannoni è più alta di ogni discorso».

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