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OAXACA - MARCIA COMMEMORATIVA PER 38simo ANNIVERSARIO DEL MASSACRO DI TLATELOCO

Publie le martedì 3 ottobre 2006 par Open-Publishing

Dazibao Manifestazioni-azioni America Latina Storia

Students take part in a march commemorating the 38th anniversary of the Tlatelolco Massacre, during a protest against the Governor of Oaxaca Ulises Ruiz in Oaxaca City October 2, 2006. The streets around the center of the tourist city have been occupied for months by thousands of striking teachers and left-wing activists trying to bring down the state government, headed by Ulises Ruiz. REUTERS/Daniel Aguilar (MEXICO)

OAXACA COMMEMORA LA STRAGE DI TLATELOLCO DEL 2 OTTOBRE 1968 -
NEL 38esimo ANNIVERSARIO - 2 ottobre 2006

Il massacro di Tlatelolco

Città del Messico, 2 ottobre 1968

Nel 1968 anche a Città del Messico, come ad Ankara, Berkeley, Berlino, Belgrado, Roma, Madrid, Praga, Rio de Janeiro, Tokyo, Varsavia,..., ebbero inizio grandi mobilitazioni studentesche. Le rivendicazioni non erano per nulla "didattiche" bensì fortemente politiche. In Messico, negli anni precedenti, il governo aveva risposto con brutalità all’ondata di agitazioni promosse dai movimenti indipendenti di varie categorie produttive (dagli insegnanti, agli operai elettrici, ai lavoratori delle ferrovie). Erano state varate leggi che criminalizzavano il diritto di sciopero, di riunione, di espressione del dissenso. Omicidi, detenzioni arbitrarie e vessazioni di ogni tipo avevano colpito i lavoratori. Vallejo, segretario sindacale dei ferrovieri, il dirigente comunista Campa, i coordinatori degli elettrici Galván e Salazar, e con loro centinaia di militanti, vennero arrestati e lasciati marcire in carcere per molti anni, senza processo.

LA NOCHE DE TLATELOLCO

Nell’estate del 1968 gli studenti decisero che fosse giunto il momento, per così dire, di prendere il testimone lasciato loro dai lavoratori. I centri propulsori della protesta furono la UNAM (Universidad Nacional Autónoma de Mexico) e l’IPN (Istituto Politecnico Nacional). Gli studenti si presero le scuole e chiesero libertà per i prigionieri politici, fine della repressione e ritiro delle leggi liberticide. In 146 giorni di attività febbrile, il movimento studentesco seppe esprimere una grande maturità facendo tesoro delle esperienze precedenti. L’autogestione delle scuole preparatorie e delle facoltà universitarie, la vitalità della protesta, la solidarietà - prima perplessa ma poi aperta - di molti settori produttivi, la straordinaria capacità degli studenti di organizzare oceaniche manifestazioni, la sfida al governo con la richiesta di un confronto pubblico televisivo sulla democratizzazione del sistema politico: tutti questi elementi indussero il presidente Díaz Ordaz e il ministro degli interni Echeverría a rifiutare qualsiasi dialogo. Le uniche risposte furono gli assassini, le infiltrazioni e le occupazioni delle università da parte dell’esercito.

Nonostante tutto, alla fine di settembre il movimento era ancora in piedi e il Consejo Nacional de Huelga (CNH), il consiglio nazionale degli studenti in lotta, indisse una grande manifestazione per il 2 ottobre in Piazza delle Tre Culture, nel quartiere Tlatelolco. Le Olimpiadi sarebbero cominciate pochi giorni dopo.

Secondo quanto appurato nel 1993 da un’inchiesta condotta da una commissione indipendente, presieduta dallo scrittore Paco Ignacio Taibo II, e secondo quanto risulta dagli archivi della CIA (declassificati nel 1998, mentre ancora oggi il governo messicano, nonostante alcuni timidi progressi, continua a non rendere pubbliche tutte le informazioni in suo possesso), fin dal 30 settembre era stato previsto e pianificato il massacro.

Il 2 ottobre la Piazza delle Tre Culture era in stato d’assedio, con 8000 effettivi dell’esercito, della polizia e dei servizi segreti che presidiavano Tlatelolco. Gli agenti in borghese avevano avuto ordine di non portare documenti; come segno di riconoscimento, un guanto bianco. Alle 18.10, quando ormai il raduno volgeva al termine, un bengala rosso e uno verde, in rapida successione, diedero il segnale convenuto per la mattanza: "...62 minuti di fuoco nutrito, fino a che i soldati non sopportano più il calore delle armi arroventate...", secondo la notizia di agenzia trasmessa dal giornalista Leonardo Femat. Si è calcolato che più di 15.000 furono i proiettili vomitati sulla folla dalle armi automatiche e dai blindati. Molti manifestanti furono uccisi a colpi di baionetta. Alcuni feriti, ricoverati in ospedale, furono prelevati in camera operatoria e fatti sparire. La giornalista italiana Oriana Fallaci, ferita nella sparatoria, e la scrittrice messicana Elena Poniatowska parlarono subito di 300, forse 500 morti; il quotidiano inglese The Guardian riferì di 325 morti; un rapporto dell’ambasciata statunitense - pur premettendo significativamente che in Messico non è possibile avere cifre sicure sul numero di vittime - stimò i morti tra i 150 e i 200; nel 1969 i dirigenti del movimento studentesco parlarono di una cifra intorno ai 150 assassinati...

Comunque, centinaia di morti. E non qualche decina, come continuano a sostenere i vertici militari.

Come ha scritto Eduardo Galeano, il 2 ottobre 1968 a Tlatelolco "le scarpe lasciavano impronte di sangue sul suolo".

Sapevamo bene in Italia, fin dagli esordi di quella che fu poi definita "strategia della tensione", che le bombe non le mettevano gli anarchici ma i fascisti e i servizi segreti (scorretto definirli "deviati", perché era proprio quello il loro sporco lavoro). Sapevano i messicani fin da subito che l’esercito era stato mandato per sparare sulla folla ma che il pretesto (un pretesto è sempre necessario per scatenare la guerra, convenzionale o sporca che sia...) era stato creato da agenti del governo, mescolati alla folla dei dimostranti, che avevano il compito di decapitare il movimento arrestandone tutti i dirigenti e, al tempo stesso, di delegittimarlo facendo ricadere sugli studenti stessi la responsabilità dei disordini.

Ma non è sufficiente che il popolo sappia. Per trionfare, la verità ha necessità di molta cura, di tempo, di passione, di uomini dediti. È un percorso difficile ed irto di ostacoli che si chiamano, di volta in volta, depistaggio, menzogna, reticenza, minaccia, assassinio...

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Students and members of social organizations take part in a march commemorating the 38th anniversary of the Tlatelolco Massacre, during a protest against the Governor of Oaxaca Ulises Ruiz in Oaxaca City October 2, 2006. The streets around the center of the tourist city have been occupied for months by thousands of striking teachers and left-wing activists trying to bring down the state government, headed by Ulises Ruiz. REUTERS/Daniel Aguilar (MEXICO)


http://www.edoneo.org/