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A tutto gas con i generali. Ecco la Total in Birmania

Publie le domenica 7 ottobre 2007 par Open-Publishing
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Dazibao Governi Francia

Clausole politiche (insieme a centinaia di milioni di dollari) nel contratto tra l’impresa francese e i generali di Rangoon per lo sfruttamento del giacimento di Yadana. E dietro l’azienda c’è tutto il peso della Francia

di GUGLIELMO RAGOZZINO

Total sostiene di svolgere in Birmania un ruolo importante in un processo di riconciliazione nazionale, capace di coinvolgere Aung San Suu Kyi da un lato e la giunta militare al potere dall’altro. Sostiene anche che il gas birmano nel suo bilancio globale conta pochissimo, meno dell’1%. Non le credete, Total non dice la verità.

Non la dice sul primo punto. Si è infatti impegnata contrattualmente con i militari a non mettere becco in argomenti che esulino dall’estrazione e trasporto del gas: risulta che il contratto sia revocabile unilateralmente dalla parte birmana qualora la società francese sia «volontariamente implicata in attività politiche pregiudizievoli per il governo dell’Unione di Myanmar».

Ma non è vero neppure che il gas birmano valga molto poco per Total. La prova a contrario è che se fosse così, pur di evitare la riprovazione abbastanza diffusa in Europa e negli Usa, non solo da parte del popolo non violento ma anche dei cospicui fondi etici, il consiglio di amministrazione avrebbe abbandonato da tempo la partita. Ma sono i 540.000 azionisti (Francia 36%, resto d’Europa, 41%, Usa 21%) che vogliono dividendi caldi.

Il fatto è che il gas birmano ha una forza convincente, attraverso Total, sulle scelte del governo francese e di conseguenza su quelle dell’Unione europea. Ma per affrontare meglio questo argomento, può essere utile ricordare il peso di Total nell’industria petrolifera, i modi della sua presenza nell’area birmana e infine la sua connessione con il potere politico in Francia.

Total è attualmente (i dati, raccolti dalla rivista Fortune, fanno testo da molti decenni) la decima tra le multinazionali del pianeta in ordine alle vendite e la sesta nel settore del gas e del petrolio; con i suoi 168 miliardi di dollari di fatturato (chimica compresa), è superata da Exxon con 347 miliardi, Shell con 319, Chevron con 200, Conoco con 172. Seguono le due imprese cinesi: Sinopec con 132 miliardi di dollari, China national petroleum con 111; poi ancora l’Eni con 109 e al decimo posto, Pemex con 97. I francesi inseguono dunque tre imprese americane una britannica e una olandese, come ormai ha deciso di essere Royal Dutch Shell. A loro volta sono inseguiti da Cina, Italia, Messico. Le imprese cercano di arrivare per prime sul poco gas e petrolio rimasti, facendo gare e accordi con i governi dei paesi produttori; e poi si accordano per dividere il carico pesante dello «sviluppo»: coltivazione degli idrocarburi, trasporto con i tubi e con le navi, attrezzature di terminali e di raffinazione.

In Birmania è arrivata prima Total, nel senso che ha vinto la gara internazionale indetta dal regime nel 1988. A cose fatte, quattro anni dopo, ecco Total impegnata nello sfruttamento e nello sviluppo del giacimento di gas Yadana insieme alla Moge (Myanmar Oil and Gas Enterprise). Poco dopo si è formato un consorzio per la gestione del gas, con Total capofila al 31%, Unocal al 28%, Ptt-ep, una compagnia tailandese, con il 26 e Moge con il 15. L’ente elettrico tailandese si impegna a ritirare tutto il gas e i soci glielo recapitano con un gasdotto consortile di 60 chilometri. Da notare che la richiesta di acquisto cinese di Unocal, respinta dal governo Usa, in barba a ogni dichiarata libertà di mercato, è certamente connessa al gas birmano che viene messo sul mercato per mezzo di un altro gasdotto, costruito da Saipem-Eni (Si veda l’articolo di Francesco Martone sul manifesto del 30 settembre).

La gestione di Total nelle attività birmane - giacimenti e oleodotti - è criticata per i diritti umani calpestati (lavoro minorile, lavoro coatto, deportazione di persone e popolazioni, negazione di diritti sindacali) e per l’appoggio deciso, concretizzato anche in 450 milioni di dollari annui, offerto alla giunta, oltre che il sostegno che ha consentito alla giunta di essere riammessa nei circoli della finanza e dell’economia di mercato.
Un terzo aspetto di rilievo è il legame forte tra potere francese e Total. Total nasce come nome commerciale delle benzine messe in vendita dalla Cfp, Compagnie Française des Pétroles. Questa società, nata per estrarre e vendere il petrolio iracheno di Kirkuk negli anni venti, su invito del governo ma come società privata, ha poi subìto una trasformazione.

Il governo ha scelto di mettere alla porta gli azionisti esteri e di dedicare alla Francia il petrolio prodotto. Più tardi, nel secondo dopoguerra, per volontà di de Gaulle, alla Cfp si affiacavano altre due imprese pubbliche con il compito di trovare petrolio per tutti i consumi francesi. Unite insieme davano vita all’Elf. in seguito Total assumeva il nome in ditta, cancellava Cfp e dopo la fusione con la società belga Petrofina, insieme a questa si fondeva con Elf. A questo punto restavano di fronte tre gruppi dirigenti che nel corso della loro storia avevano stretto rapporti di compromesso con regimi molto discutibili e il governo francese con molti scheletri in molti armadi. In ogni caso il potere della multinazionale Total rimaneva assai forte e crescente nel confronto della diplomazia e del governo centrale francesi, in un intreccio che è anche un esempio da manuale sul potere delle multinazionali e sul loro dipendere solo da se stesse, dai maggiori azionisti cui offrire dividendi e vantaggi e dalla finanza internazionale, da attirare con uno schietto disprezzo per ogni forma di costoso umanitarismo.

La prova della forza di Total sul governo francese ritorna ogni tanto. Un caso è quello del 2004 all’Asem, un consesso internazionale tra Unione europea e paesi asiatici. Vi erano da inserire dieci nuovi paesi europei da una parte e Laos, Cambogia e Birmania dall’altra. Agli europei che dubitavano della democrazia della giunta birmana, si contrappose Jacques Chirac, dicendo che la Francia avrebbe partecipato in ogni caso, anche sola, alla prossima riunione dell’Asem.

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