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Prc sul filo del rasoio

Publie le venerdì 25 luglio 2008 par Open-Publishing

Rifondazione: VII congresso

Il congresso di Rifondazione è iniziato con con cinque relazioni. Il presidente della Puglia si propone come segretario di tutti. Acerbo, a nome della mozione 1, ribadisce i punti di dissenso
Vendola «apre» e si candida

Prc sul filo del rasoio

di Angela Mauro

Al Palamontepaschi di Chianciano, la prima fila la dice lunga. Vista di fronte, a sinistra siede Paolo Ferrero con Oliviero Diliberto e Manuela Palermi del Pdci (tra gli altri), a destra Nichi Vendola e Franco Giordano con Goffredo Bettini del Pd, Claudio Fava di Sinistra Democratica. La dice lunga su quanto pesi, in questa prima giornata del VII congresso nazionale di Rifondazione, il tema delle alleanze.

Incassato da Vendola il no al superamento del Prc e il sì alla presentazione del simbolo del partito alle europee del 2009, la mozione 1 attacca sul «no ad un nuovo centrosinistra». Il tema è centrale nella relazione di presentazione del primo documento, tenuta da Maurizio Acerbo. «Nessuna subalternità al Pd, ma autonomia dal Partito democratico per ricostruire l’opposizione sociale a Berlusconi», dice il primo firmatario della mozione 1, abruzzese che non può fare a meno di servirsi del recentissimo scandalo Del Turco per "bacchettare" Bettini sulla "questione morale".

L’esponente del partito di Veltroni dondola sulla sedia: di certo non si aspettava un’accoglienza con tappeti rossi. «Il congresso serve per definire la linea politica e, sulla base di quella, il segretario. C’è un grosso nodo: le alleanze. Rifondazione va ricostruita a sinistra: serve maggiore autonomia dal Partito Democratico», dice pure Ferrero.

Da parte sua, Vendola incentra il suo intervento sulla «ricomposizione del partito», lacerato dal congresso post-batosta elettorale.

Il governatore della Puglia. Non parla più di "costituente della sinistra", linea che ha conquistato solo la maggioranza relativa nei congressi dei circoli (47,3 per cento, dicono i dati ufficiali finalmente diffusi dalla commissione congressuale, al netto di ricorsi e annullamenti di voti). Va incontro a quelli che nel partito - oltre i confini della sua mozione - potrebbero diventare suoi interlocutori. Usa l’espressione «sinistra di popolo» per dire delle cose da fare insieme al resto della sinistra messa fuori dal Parlamento alle ultime elezioni.

Quanto al Pd, non lo cita così ma come «partito veltroniano», al quale promette «né sconti, né anatemi». Vendola pensa al lavoro per «discutere e costruire luoghi comuni con le altre forze della sinistra, predisponendosi alla battaglia per le prossime amministrative». Insomma, nessuna chiusura preventiva. Di fatto, unico candidato alla segreteria (le altre mozioni ancora non indicano nomi alternativi), si propone come "segretario unitario". Che non vuol dire capo di una gestione unitaria del partito, chiesta a gran voce dalla mozione 1. Leader sì - per la mozione 2 "Nichi segretario" è cosa irrinunciabile - ma non di tutti. Insomma, Vendola parla a chi, tra i 650 delegati del congresso, vuole ascoltare, sapendo che c’è chi non ha orecchie da prestargli.

Come diceva il bollettino della vigilia, la partita congressuale è aperta. Calcio d’inizio oggi nella commissione politica eletta ieri (60 componenti in rappresentanza proporzionale per mozione). Ma qui a Chianciano tutti danno per scontato che poco o nulla sarà chiaro fino a domani, forse solo in tarda notte, prima della cruciale giornata di domenica, quando il comitato politico nazionale dovrà eleggere il segretario. Non si sa ancora da quanti membri sarà composto (se ne occuperà la commissione elettorale, pure eletta ieri, 45 componenti). Ad ogni modo è in commissione politica che si tenterà l’intesa tra linee diverse. E non è affatto escluso che si possa trattare solo di un accordo programmatico per i prossimi 12 mesi (ne parla esplicitamente anche lo stesso Vendola), durante le quali ogni area tesserà la sua tela e chi ne ha di più…

«Non ci sono più mozioni, ma "aree" diverse», scherza un delegato. Il ragionamento è forse un po’ estremista, ma dice il vero sul gioco in corso. E’ evidente che i vendoliani fanno affidamento sulla possibilità di sfilacciamento delle altre mozioni. Il dialogo con Claudio Grassi, dell’area Essere Comunisti della mozione 1, per esempio, non è dato per perso, nonostante che tutto il primo documento si sia ricompattato su una proposta da presentare a tutto il partito in commissione politica: no alla costituente ma rilancio del Prc, simbolo del partito alle europee, opposizione sociale in autonomia dal Pd.

Lo stesso Grassi non ha peli sulla lingua a valutare "positivamente" le aperture di Vendola sui primi due punti. Sul terzo, osserva: «Il tema dell’alleanza con il Pd non è centrale nel dibattito di questi giorni. Non siamo al governo, dunque non può essere all’ordine del giorno e nessuno si sogna di mettere in discussione i vari centrosinistra a livello locale». Ce ne sono molti e l’area Essere Comunisti, forte in Emilia Romagna, lo sa. Per il resto, continua, «è chiaro che a Chianciano un accordo lo dobbiamo trovare per forza. I numeri del congresso sono impietosi, visto che non consegnano a nessuna mozione la maggioranza assoluta. Dunque, o finiamo con un accordo o con un nulla di fatto che sarebbe devastante per tutti, per il Prc, la sinistra».

Nessuno sa dire ora cosa accadrebbe se domani notte si dovesse palesare davvero il rischio del baratro, se cioè le trattative in commissione politica dovessero risultare infruttuose. C’è chi potrebbe sfuggire alla disciplina di mozione? E chi? Ieri sera, intanto, riunioni separate per l’area Essere Comunisti, da una parte, e il resto della mozione 1. E’ un dato di cronaca, per carità. Ma in platea voci "grassiane" (riportate anche dalle agenzie di stampa) dicono esplicitamente che non ci stanno a «mettere veti sul candidato segretario espresso dalla mozione che ha la maggioranza relativa». Vendola, cioè. C’è qualcosina in più.

Fermo restando che non c’è possibilità di accordi con la mozione 4 di Falce e martello (3,2 per cento), da sempre in minoranza nel Prc, e con la mozione 5 di Russo-De Cesaris (1,5 per cento), ferma nel chiedere che da Chianciano il partito debba uscire senza un "segretario accentratore" ma con una gestione "collettiva", resta la mozione 3. E’ quella di Fosco Giannini e Gianluigi Pegolo (7,7), due nomi, due strade, sembrerebbe. Né Vendola, né Ferrero, dice in soldoni Giannini sul futuro segretario, ed è determinato nel chiedere che un’eventuale intesa finale accolga «uno dei nostri segni distintivi: l’unità dei comunisti».

Con il Pdci, sarebbe. In questo caso, i posti in platea non dicono molto. Sebbene sieda vicino a Diliberto (leggi meglio: lontano dal Pd), Ferrero non coltiva lo stesso sogno di Giannini, bensì quello di una federazione della sinistra. Difficile dunque che i delegati dell’ex "senatore ribelle" possano appoggiare l’ex ministro, qualora si candidasse alla guida del partito. Pegolo non la vede così «bianco e nero». «Giannini non rappresenta tutta la mozione 3», dice, e per spiegare le sue perplessità insiste sulla necessità di attendere il «confronto» in commissione politica e sulla «alternatività» del terzo documento rispetto agli altri. Ma è attento a marcare le distanze con Vendola: «No alla costituente».

Domenica in cpn viene eletto segretario chi prende più voti (numero legale: la metà più uno dei componenti). E’ evidente che nel quadro fin qui descritto peseranno eventuali astensioni e distinguo all’interno delle stesse mozioni. Si tratta su linea politica e incarichi per portarla avanti. Tutto in movimento, come indica sapientemente la scenografia del Palamontepaschi: omini che cercano di rimanere in piedi su un’onda. Sulla cresta, proprio lì sulla punta, ce n’è uno solo (il successore di Giordano?). Sotto, due che riflettono, uno arancione, uno rosso (il primo Fava, il secondo Diliberto?).