Home > L’atto di accusa di Michael Berg pubblicato da The Guardian

L’atto di accusa di Michael Berg pubblicato da The Guardian

Publie le martedì 8 giugno 2004 par Open-Publishing

Dazibao

Bush non lo ha guardato negli occhi

Pubblichiamo un estratto del messaggio di adesione di Micheal Berg, il
padre di Nick Berg, alla manifestazione "Stop The War Coalition’s
demonstration, End the Torture - Bring the Troops Home Now", tenutasi
a Londra.

Mio figlio Nick è stato il mio mentore e il mio eroe, l’uomo più gentile e
mite che abbia mai conosciuto. È perfino uscito dai boy scout perché
volevano insegnargli a sparare. Inoltre, Nick mi ha infuso tutta la forza
di cui avevo bisogno e che ancora mi serve per raccontare al mondo la sua
storia.

La gente mi chiede perché io mi ostini a incolpare l’amministrazione Bush
per la tragica e atroce morte di mio figlio. Mi domandano: «Ma perché non
te la prendi con i cinque uomini che l’hanno ucciso?». Finora, ho sempre
risposto che gli esecutori materiali non avevano più colpa di quanta non
ne abbia l’amministrazione Bush, ma mi accorgo di aver dato un giudizio
errato. Conoscendo mio figlio, sono certo che, stando insieme a lui, anche
questi uomini si saranno accorti a un certo punto che era un uomo
straordinario. Mi piace pensare che, nel commettere l’orribile gesto che
hanno commesso, non ne fossero poi così compiaciuti come si potrebbe
pensare. Sono sicuro che anche loro avevano imparato ad ammirarlo.

Sono certo che chi teneva in mano il coltello ha sentito il fiato di Nick
sulla mano e ha avuto piena cognizione di star uccidendo un altro uomo.
Sono certo che gli altri hanno guardato mio figlio negli occhi e hanno
sentito dentro di sé almeno un po’ di quel dolore che ora attanaglia il
mondo intero. E sono altrettanto sicuro che questi assassini, seppure per
un solo fugace attimo, hanno provato ribrezzo per quanto stavano facendo.

George Bush non ha mai guardato mio figlio negli occhi. George Bush non
conosce mio figlio ed è l’ultima persona del mondo a poterlo conoscere.
George Bush, benché sia anch’egli padre, non può sentire il mio dolore, né
quello della mia famiglia, né quello di tutte le altre persone che nel
mondo piangono Nick, perché Bush è un politico che non deve subire le
conseguenze delle sue azioni. George Bush non può andare al cuore né di
Nick né degli altri americani, per non parlare degli iracheni che uccide
ogni giorno con la sua politica di guerra.

Donald Rumsfeld ha detto che si assume la responsabilità degli abusi
sessuali subiti dai detenuti iracheni. Ma come può assumersi questa
responsabilità, se non si è accollato nessuna conseguenza? Le conseguenze
le ha subite Nick.

Ancor più degli assassini che hanno stroncato la vita di mio figlio, non
posso tollerare chi, seduto su di una comoda poltrona, elabora politiche
volte a uccidere e a rovinare la vita ai superstiti.

Nick non era un militare, ma aveva la stessa disciplina e la stessa
dedizione di un soldato. Nick Berg era in Iraq per aiutare gli altri,
senza aspettarsi alcun guadagno personale. Era solo un uomo ma, ora che
non c’è più, vive in molti uomini. L’abnegazione più sincera che ti spinge
a dare tutto te stesso per ciò che, dentro di te, ritieni giusto, anche
quando sai che potrebbe essere pericoloso: questo spirito di abnegazione
si è trasmesso a tutti quelli che conoscevano Nick, per poi diffondersi in
tutto il mondo.

Che cosa avremmo dovuto fare quando l’America è stata attaccata l’11
settembre, in quel tremendo giorno? Io dico che proprio allora avremmo
dovuto fare ciò che non abbiamo mai fatto: smetterla di inveire contro
coloro che abbiamo etichettato come "nemici" e cominciare ad ascoltarli.
Smetterla di porre delle condizioni per convivere pacificamente su questo
piccolo pianeta e cominciare a onorare e a rispettare il bisogno, comune a
tutti gli esseri umani, di vivere liberi e indipendenti e di rispettare
davvero la sovranità di ogni stato. Smetterla di imporre regole agli altri
per poi elaborare regole diverse per noi stessi. L’inefficacia della
leadership di Bush è un’arma di distruzione di massa: in una tragica
reazione a catena, ha portato al sequestro di mio figlio, proiettandolo in
un mondo dove la violenza non ha confini. Se non fosse stato per questo
sequestro, Nick sarebbe di nuovo tra le mie braccia. Essendo stato
sequestrato, è rimasto in Iraq non solo durante l’assedio di Falluja, con
tutte le atrocità che ha comportato, ma anche quando si è scoperto quali
mostruosità fossero state commesse nelle carceri irachene: per
rappresaglia, la sua splendida vita è stata stroncata.

Ma la missione di mio figlio non si ferma. Dove prima c’era un
pacificatore, ora vedo e sento migliaia di pacificatori. Nick era un uomo
che agiva basandosi sui suoi ideali. Ora sta a noi, che siamo ancora in
questo mondo, lasciarci guidare dai nostri ideali. Dobbiamo dire a tutti i
mascalzoni da entrambe le parti dell’Atlantico che non ne possiamo più di
fare la guerra, che siamo stanchi di massacrare, bombardare e menomare
persone innocenti, che non vogliamo più bugie. Ebbene sì, siamo stanchi
anche di attentatori kamikaze e del fatto che israeliani e palestinesi non
riescano a trovare un modo per smetterla di ammazzarsi. Siamo stanchi di
negoziati e conferenze di pace a cui entrambe le parti accedono con
condizioni preconfezionate che precludono il raggiungimento della pace.
Vogliamo la pace nel mondo adesso.

Molti si sono offerti di pregare per Nick e per la mia famiglia. Mi ha
fatto molto piacere, ma vorrei chiedere di riservare una preghiera anche
per la pace. E vorrei che non si limitassero a pregare: vorrei sentire la
loro voce levarsi per chiedere la pace subito.

Michael Berg
(Traduzione di Sabrina Fusari)

Liberazione