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Crollo del Labour alle amministrative. Per Tony Blair un castigo iracheno

Publie le sabato 12 giugno 2004 par Open-Publishing

Elezioni-Eletti Europa Governi Daniele Zaccaria

Niente guerra, siamo inglesi

di Daniele Zaccaria

«Per noi è stata una brutta notte», il segretario agli Interni David Blunkett commenta così il tracollo elettorale subito dal Partito laburista alle elezioni amministrative di giovedì, aggiungendo, con scarsa convinzione, che «non si tratta di una disfatta». Il voto di giovedì doveva costituire un’interlocutorio scrutinio di "mid term", e invece è piombato come un castigo sul governo britannico e sul suo discusso premier. Un castigo dall’indubbio sapore iracheno. Anche vicepremier John Prescott ammette i nefasti effetti dell’abbraccio mortale con Bush: «L’Iraq è stata una nube, o meglio un’ombra su queste elezioni, gli elettori ci hanno lanciato un messaggio», ha dichiarato nel pomeriggio. Certo, tutti si attendevano una flessione, anche consistente, dei laburisti, ma in pochi erano riusciti a prevedere un rovescio di tali proporzioni. Eppure la sconfitta viene da lontano ed era stata anticipata negli scorsi mesi da numerosi segnali premonitori.

Tony Blair era in effetti riuscito a oltrepassare indenne tutti i pericoli scaturiti dalla sciagurata partecipazione alla guerra in Iraq: dalle contestazioni dell’opposizione interna, alle adunate oceaniche del movimento pacifista, dal caso del suicida Dottor Kelly al braccio di ferro con la Bbc, fino alle audizioni della Commissione d’inchiesta sugli arsenali di Saddam e al finto "scoop" del Daily Mirror sulle torture dei soldati britannici sul fronte di guerra. Negli ultimi due anni il premier è letteralmente passato tra le gocce, come un politico miracolato, un "unto", non dal signore, ma semplicemente dalla buona sorte. La virtuosa spirale s’interrompe bruscamente in una notte di primavera, «una brutta notte».

Nelle proiezioni realizzate dalla Bbc, i laburisti ottengono uno striminzito 26%, dodici punti al di sotto dei conservatori (38%) e persino inferiore a quella dei liberaldemocratici che raccolgono un lusinghiero 28%. I primi risultati del voto in Inghilterra e Galles per il rinnovo di 166 circoscrizioni locali (tra cui quella di Londra) e di 6mila seggi, consegnano ai sudditi di sua maestà verdetti inequivocabili. Tra i simboli del crollo, la perdita delle roccaforti di Newcastle e Leeds, città dove il labour era in sella da decenni. Stavolta neanche la scusa dell’astensione, con l’annessa retorica dello scollamento tra società politica e società civile, può soccorrere Blair: l’affluenza alle urne è stata infatti del 40%, senz’altro bassa in termini assoluti, ma nettamente superiore a quella delle consultazioni di quattro anni fa.

E’ la prima volta nella storia politica inglese che il Partito Laburista viene scavalcato dai liberal-democratici, i quali raccolgono i frutti di una coerente opposizione alla guerra irachena e allo stesso tempo infliggono una pesante bordata al cosiddetto sistema bipolare all’anglosassone che da ieri è diventato almeno "tripolare". Così, i conservatori diventano per demeriti altrui più che per virtù personali, il primo partito nel paesaggio politico britannico. La circostanza spinge i depressi "tories" ad infierire sull’avversario ferito, una privilegio che mancava da anni: «E’ stata la peggiore performance elettorale dei laburisti a memoria d’uomo», si vanta il presidente del partito, Liam Fox senza però impiegare accenti trionfalistici. D’altra parte la formazione di Fox conferma sostanzialmente le cifre delle precedenti elezioni amministrative e non capitalizza l’emorragia di consensi laburisti, confluiti verso i liberali, i verdi, e altre liste minori, tra cui quella alternativa di "Respect", che a Londra sarebbe intorno al 4% (ma si saprà di più solo nella giornata di oggi). Secondo tutti gli osservatori, per affermarsi alle politiche del 2005 i "tories" dovranno varcare di diversi punti la soglia del 40 per cento, eventualità per nulla scontata considerando l’inconsistenza della loro opposizione. In serata ha parlato il ministro degli Esteri Jack Straw, l’alfiere della scelta bellica di Londra prova a fare l’ottimista compiendo un esorcismo: «La posizione del nostro premier è molto solida e riconosciuta in tutto il paese, non abbiamo paura delle legislative del prossimo anno». Sarà. Magari l’ipotesi è quella di dare più spazio a Ken Livingstone, già eletto sindaco di Londra fuori dal Labour e ieri riconfermato come candidato del partito di Blair con il 60% dei consensi. Intanto domani inizia lo spoglio delle elezioni europee e solo un miracolo potrà salvare Downing street dalla seconda batosta in tre giorni che rischiano di diventare i più infausti della sua carriera politica. L’unica consolazione per Blair è che ieri non era in patria, ma negli Stati Uniti per presenziare ai funerali di Ronald Reagan.

http://www.liberazione.it/giornale/040612/LB12D6CD.asp