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La forza della pace

Publie le venerdì 1 ottobre 2004 par Open-Publishing

Guerre-Conflitti medio-oriente Rina Gagliardi

di Rina Gagliardi

Il governo Berlusconi, anzi la tessitura diplomatica del sottosegretario Letta. Il denaro anticipato dai kuwaitiani. La Croce Rossa del commissario Scelli. Il risveglio degli arabi «moderati». Ora sono in tanti a contendersi il merito della liberazione di Simona, Simona, Man’haz e Ra’ad, e della felice conclusione di una vicenda che ci ha fatto soffrire per ventuno lunghissimi giorni. Logico che sia così.

E non avrebbe gran senso, da parte nostra, disconoscere i meriti di tutti coloro che si sono adoperati per salvare quattro vite umane, e nemmeno polemizzare con una strumentalizzazione politica fin troppo esibita e scoperta. Piuttosto, il messaggio più nitido che viene da queste ore vissute ad alta tensione emotiva è un altro: è la forza che il valore Pace è riuscito a riconquistarsi sul campo.

Non la querula rivendicazione di un «merito», nell’Iraq ancora in preda alla guerra e alla violenza, ma una nuova autorevolezza politica e morale. Quella che il sorriso delle nostre due ragazze appena liberate - mentre si toglievano il velo l’una con mossa sicura l’altra con un attimo di esitazione - ha rappresentato al mondo, in un’immagine che resterà a lungo impressa nella nostra memoria. Quella che ha costretto tutti, ivi compresi i più riottosi, ad usare le armi pacifiche della trattativa, del dialogo, dell’incontro tra popoli e culture diverse. Quella che, per una volta, ha rotto gli steccati del fanatismo e gli opposti fondamentalismi del terrore.

Lo «scontro delle civiltà» non è il destino ineluttabile di questa fase della storia - la pace può fermare questa follia. Ecco che cosa ci hanno insegnato queste ore ad alta temperatura emotiva. Non ci sono una Cristianità e un Islam in scontro frontale (e secolare) tra di loro, come dicono gli ideologi della guerra preventiva: le discriminanti passano altrove, attraversano le classi, i popoli, le culture, nel grande disordine della crisi della globalizzazione capitalistica.

Non c’è una civiltà «migliore» di ogni altra, la nostra, come ama ripetere il presidente del Senato, che si arroga il diritto di imporre al resto del pianeta il suo modello, di rapinarne le risorse, di umiliarne bisogni e diritti: c’è un paese di antichissima civiltà, l’Iraq, che ha oggi bisogno urgente di libertà - di autogoverno e sovranità nazionale - senza eserciti di occupazione sul proprio territorio, senza bombe, senza caos.

Non c’è un mondo fatalmente consegnato alla spirale guerra-terrorismo, che pure incombe sulle nostre teste, o alla mortale tenaglia della «competizione» tra Bush e bin Laden: c’è un’altra strada. La strada di Simona Pari e Simona Torretta - e di Enzo Baldoni, che purtroppo ha pagato con la vita il suo coraggio. La strada che oggi dice: liberi tutti!

http://www.liberazione.it/giornale/040930/LB12D6B0.asp