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RAPPORTO DI AMNESTY INTERNATIONAL: LA VIOLENZA CONTRO LE DONNE ALIMENTA LA DIFFUSIONE DELL’HIV/AIDS

Publie le venerdì 26 novembre 2004 par Open-Publishing
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Donne Salute

Oggi l’Hiv/Aids colpisce piu’ giovani donne che uomini: non e’ un caso, ma
la catastrofica conseguenza della violenza praticata contro le donne.
Questa denuncia e’ contenuta in un rapporto pubblicato da Amnesty
International alla vigilia della Giornata internazionale per
l’eliminazione della violenza contro le donne.

’L’aumento della diffusione dell’Hiv/Aids tra le donne e la violenza
sessuale sono fenomeni strettamente connessi. Se i governi vogliono
combattere seriamente il virus, devono affrontare un’altra epidemia
mondiale, la violenza contro le donne’ ? ha dichiarato Cecilia Nava,
vicepresidente della Sezione Italiana di Amnesty International.

La violenza e’ un fattore determinante di rischio per contrarre il virus;
gli studi in materia affermano che il primo rapporto sessuale di una
ragazza e’ spesso obbligato e che una donna su cinque e’ vittima di uno
stupro o di un tentato stupro nel corso della sua vita. Le pratiche
tradizionali come le mutilazioni genitali, i matrimoni precoci o il
’passaggio di proprieta’’ delle vedove ad altri parenti maschi
costituiscono ulteriori fattori di rischio.

Gli stupri di massa e la violenza sessuale nel corso dei conflitti
propagano l’epidemia dell’Hiv in situazioni disperate come quelle della
Colombia o della Repubblica Democratica del Congo. In questo paese decine
di migliaia di donne sono state stuprate nel corso del conflitto e il
sistema sanitario e’ completamente collassato: solo l’8 per cento del
sangue donato viene sottoposto a test prima di essere usato per le
trasfusioni. Nel Darfur, la regione sudanese devastata dalla guerra, lo
scenario rischia di essere lo stesso, poiche’ anche in questo caso lo
stupro e la violenza sessuale sono ’armi di guerra’. La maggioranza delle
donne del Darfur sono state sottoposte a mutilazioni genitali femminili,
un fattore che innalza il rischio di infezione.

La riprovazione costituisce un ulteriore grave problema, sia per le
vittime dello stupro che per le persone che hanno contratto l’Hiv/Aids. Le
donne spesso rinunciano a chiedere assistenza medica dopo la violenza, per
paura di essere identificate come vittime di stupro e ostracizzate dalla
propria comunita’ di appartenenza. In Colombia, persone che erano ritenute
’infette’ sono state perseguitate e in alcuni casi ’scomparse’ o
assassinate.

’In molte parti del mondo lo stigma impedisce alle donne di avere accesso
a cure mediche adeguate e porta alla loro esclusione dalle famiglie e
dalle comunita’ di appartenenza’ ? ha spiegato Nava.

Nei paesi in cui alle donne vengono negati i diritti di proprieta’ o di
eredita’, il diritto al lavoro e l’accesso ai finanziamenti, le donne
finiscono per essere costrette a dipendere dagli uomini, in una posizione
dunque nella quale e’ difficile difendere i propri diritti o fuggire alla
violenza. Molte donne e ragazze, inoltre, non sono consapevoli delle
precauzioni necessarie per l’auto-protezione dall’Hiv/Aids: in Etiopia, ad
esempio, l’80 per cento delle giovani donne sposate non hanno ricevuto
alcuna educazione e non sono in grado di leggere. Assicurare l’accesso
all’educazione ed accrescere la consapevolezza su sesso, salute e Hiv/Aids
sono misure fondamentali per proteggere i diritti delle donne e delle
ragazze.

’La discriminazione e la disuguaglianza nelle relazioni di potere rende
ancora piu’ complicato mantenere il controllo della propria vita e della
propria sessualita’, cosi’ come pretendere rapporti sessuali piu’ sicuri.
Occorre accrescere il potere delle donne perche’ esse possano agire
tutelando il proprio interesse’ ? ha proseguito Nava.

Per combattere la diffusione dell’Hiv/Aids, i governi devono adottare
misure concrete volte a:
 accrescere la conoscenza sull’Hiv/Aids e garantire l’accesso ai farmaci
retrovirali e ad altre cure appropriate;
 fermare la violenza contro le donne;
 garantire l’educazione delle adulte e delle bambine, includendo
informazioni su salute e sessualita’;
 aumentare il potere economico delle donne;
 intraprendere campagne d’informazione piu’ efficaci per combattere la
riprovazione associata all’Aids/Hiv

’Se i governi non sono in grado di assicurare l’accesso a cure mediche
adeguate, la comunita’ internazionale deve assumersi la responsabilita’ di
fornire il proprio supporto materiale’ ? ha concluso Nava.

Ulteriori informazioni
Il numero delle persone affette da Hiv/Aids nel 2003 era stimato intorno a
35,7 milioni di adulti (tra cui 17 milioni di donne) e 2,1 milioni di
bambini. La percentuale delle donne e’ in crescita. Secondo l’agenzia
Unaids, a livello mondiale le giovani donne hanno 1,6 probabilita’ in piu’
di contrarre l’Hiv/Aids rispetto ai giovani uomini. Nall’Africa
sub-sahariana, il 57% della popolazione adulta che ha contratto l’Hiv/Aids
e’ costituita da donne, e due terzi dei giovani sieropositivi sono ragazze
e bambine.

In occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della
violenza contro le donne, la Sezione Italiana di Amnesty International
organizza le seguenti iniziative:

 Puglia / Basilicata: incontri con Hauwa ibrahim, avvocata delle donne
salvate dalla lapidazione in Nigeria (25 a Foggia, 26 a Matera e Taranto,
27 a Bari e Molfetta)
 Bologna: conferenza a Palazzo D’Accursio con Polly Truscott,
ricercatrice di Amnesty International al rientro da una missione in Sudan
 Cagliari: incontro con Tamara Chikunova e Dilobar Khudoberganova,
attiviste contro la pena di morte in Uzbekistan
 Cesena: presentazione della campagna ’Mai piu’ violenza sulle donne’ in
collaborazione con assessorato alle Pari Opportunita’ e Centro
Informadonna
 Ferrara: presentazione della campagna ’Mai piu’ violenza sulle donne’
insieme al Centro donne giustizia e Unione donne italiane
 Livorno: presentazione della campagna ’Mai piu’ violenza sulle donne’
con il patrocinio della Provincia di Livorno
 Palmi: convegno sulla violenza domestica con la partecipazione di
Soroptimist International
 Pavia: mostra fotografica itinerante sulle bambine prostitute del
Bangladesh presso l’Universita’ e presentazione della campagna ’Mai piu’
violenza sulle donne’
 Roma: presentazione alla Casa delle Letterature della campagna di
Amnesty International ’Mai piu’ violenza sulle donne’
 Torino: proiezione itinerante del film ’Ti do i miei occhi’ e di video
per le scuole e la cittadinanza, con il patrocinio di Comune e Provincia
di Torino e in collaborazione col Coordinamento Cittadino contro la
violenza alla donne

Messaggi

  • Associazione Volontarie del Telefono Rosa

    Via Assietta 13/a – 10128 Torino

    Telefono 011.530666/5628314 – fax 011.549184

    Internet: http://www.mandragola.com/tel_rosa

    e.mail: tel_rosa@show.it – telefonorosa@mandragola.com

    Il 25 novembre 2004 non e’ solo la giornata per chi subisce la violenza o contro i perpetratori di violenza: e’ anche la giornata contro quelle norme che, di fatto, aumentano il rischio di conflitti e prevaricazioni, di cui la violenza contro le donne si alimenta. Questo il testo che diffondiamo.

    COMUNICATO STAMPA: Affido condiviso? No, coatto.

    Con questo titolo, nel mese di febbraio di quest’anno, il Telefono Rosa di Torino aveva indicato la propria netta e inequivocabile posizione in merito al disegno di legge n.66, altrimenti identificata come nuova legge sull¹affido congiunto.

    Un tema che, negli ultimi giorni, ha tratto nuova linfa da posizioni politiche e associative così come da prese di posizione di noti personaggi del mondo artistico, insieme ad una chiara e ovviamente favorevole posizione da parte delle associazioni dei padri separati.

    Non crediamo che le polemiche siano utili all¹opinione pubblica per capire fino in fondo il motivo del contendere: preferiamo quindi ragionare sui dati disponibili.

    Che tale norma, se operativa, possa diventare un ulteriore aggravio in termini di dipendenza e di potenziale ricatto nei confronti delle donne che si affrancano da coniugi violenti o anche solo "distratti" nel periodo della convivenza, non è un dubbio: è una certezza.

    Il problema è invece più ampio, e l¹attuale proposta di legge non favorirebbe per nulla, nel concreto, i padri non affidatari che soffrono per la difficoltà ad esercitare il proprio ruolo paterno.

    Cominciamo dai dati: 79.642 separazioni e 41.835 divorzi (dati 2002, fonte ISTAT).

    Più del 76% delle separazioni avviene consensualmente; a queste si aggiungono un 10,1% di separazioni che, iniziate giudizialmente, traslano poi del tutto fisiologicamente in un consenso reciproco: quindi, siamo vicini ad un 86-87% di distacchi le cui regole sono stabilite in modo consensuale.

    Ma è interessante notare che, nella fase di divorzio, la procedura consensuale resta attestata intorno al 78% circa: ciò vuol affermare che, a distanza di tempo, non sono poi tantissimi i padri (dando per scontato che l¹affidamento alla madre è il più utilizzato) che ingaggiano lotte feroci per modificare le condizioni dell¹affido dei figli, avendo constatato strenue resistenze o indicibili ricatti da parte delle ex mogli. Tenendo sempre presente, però, che l¹affido unico (alla madre o, in alcuni casi, al padre) e quello congiunto o alternato, sono possibilità giuridicamente attuabili anche con la normativa ora in vigore.

    Gli stessi dati ci mostrano che la durata media dei matrimoni per i quali viene attivata una procedura di separazione tra i coniugi è di 13 anni; tra i matrimoni, però, 1 su 4 dura meno di 6 anni. Ciò vuol affermare che, nella stragrande maggioranza dei casi, i figli nati dall¹unione possono essere o piccoli o addirittura molto piccoli.

    Non sarà certo la nostra Associazione a perorare la causa globale della maternità come elemento essenziale della vita delle donne: ma è certo che la maternità ha una connotazione in termini d¹abilità gestionale e di legame d¹attaccamento con i figli ben diversa dalla paternità, che la stessa psicologia dello sviluppo colloca in fasi successive della vita dei bambini.

    Senza nulla togliere ai diritti dei padri, è chiaro che il tutto si gioca nell¹ambito della correttezza dei rapporti tra gli ex coniugi: se esiste civiltà e comprensione, anche l¹affido unico non genera alcuna ritorsione né mancanza di diritti per il coniuge non affidatario.

    In fondo, tutti conoscono coppie che, al di là delle regole stabilite in sentenza, collaborano in modo efficace nel rispettivo ruolo genitoriale: e molti conoscono coppie nelle quali il genitore non affidatario frequenta i figli con modi e tempi di molto superiori allo "standard" giudiziario.

    E¹ anche vero che molti sono a conoscenza di separazioni conflittuali: nelle quali l¹affido congiunto (dati alla mano) non farebbe che aumentare il tasso di conflittualità. Problema che, paradossalmente, lieviterebbe verso l¹alto nel caso in cui l¹affidamento congiunto diventasse non una libera scelta, ma un obbligo reciproco, ben sapendo che sono molte le coppie in stato di matrimonio ad alto tasso di divergenza per ciò che riguarda la vita e l¹educazione della prole. Vorrebbe dire affermare che la legge attiverebbe non un meccanismo di espressione di un diritto, ma una procedura che darà impensate occasioni di conflitto, di ritorsione e di ricatto, da ambo le parti. Ovviamente, più dal punto di vista maschile, tenendo presente che, comunque, la permanenza abitativa con la madre resterebbe, dal punto di vista logistico, ancora la più perseguita (per la stabilità abitativa, per la certezza quotidiana, per lo stesso equilibrio di un bambino, soprattutto se in tenera età). Insomma, affido condiviso per pari opportunità, dicono i sostenitori; vita quotidiana, regole, e quant¹altro appartiene alla vita di tutti i giorni, come sempre, a carico della madre, diciamo noi.

    Non commentiamo, in questa lettera aperta, le aberranti ipotesi legate al contributo economico per i figli: le divergenze che ci sono in campo affettivo si moltiplicano all¹ennesima potenza se entriamo in campo economico.

    Quanto alla mediazione, attenzione a non considerare soluzioni di sicura efficacia delle procedure che, per il fatto solo che la legge astrattamente le preveda, non è detto siano già in grado di essere concretamente attuate e accessibili a tutti con apprezzabili risultati (e, per la verità, con legittime perplessità sul fatto che tali procedure possano diventare efficaci anche nel futuro).

    In sostanza, ci troviamo di fronte ad un articolato di legge che, nel nome del diritto del padre, stravolge gli stili di attaccamento, le certezze, la stabilità abitativa e i riferimenti psicologici dei bambini. I quali, lo abbiamo visto, sono nella maggior parte dei casi molto piccoli, quindi tendenzialmente legati da uno stile di attaccamento molto efficace nei confronti della madre e bisognosi di una presenza paterna che, però, non deve essere fonte di incertezze. Circostanza che, invece, nel disegno di legge appare non una possibilità, ma una certezza giuridicamente determinata.

    Ma i problemi non si fermano qui: il diritto non ha nulla a che fare con la genitorialità. Questa è una condizione, uno stato psicologico e un¹assunzione di responsabilità. Ma è possibile che nessun padre separato abbia potuto far valere i propri diritti a fronte di una separazione, lo abbiamo visto, quasi sempre ottenuta consensualmente? Forse varrebbe la pena non tanto contare le associazioni, ma gli associati: e verificare i numeri che potrebbero trarre vantaggio da una legge che, come sempre quando si vanno a regolamentare i rapporti umani e soprattutto quelli affettivi, è ad altissimo rischio.

    Forse vale la pena sottolineare che l¹osservatorio del Telefono Rosa di Torino, anche se ovviamente limitato alla propria sfera di azione, mostra con gran frequenza incapacità o deresponsabilizzazioni paterne (quando non vere e proprie angherie o violenze relazionali).

    Ma al nostro osservatorio se n¹aggiungono altri: la stessa Simonetta Matone, Sostituto Procuratore al Tribunale per i Minorenni di Roma, ha avuto occasione di affermare in una nota trasmissione televisiva, che si assiste con gran frequenza a fenomeni di mancata responsabilità paterna e di incapacità a gestire la propria genitorialità. E non parlava esclusivamente del proprio osservatorio sul disagio minorile. Si obietterà che anche il suo è un osservatorio parziale, ma contando le critiche alla proposta di legge, appare del tutto evidente che ci sono tanti osservatori, molto diversi tra di loro, con ottiche anche contrastanti e contesti del tutto variegati, che esprimono la stessa, identica opinione: questo disegno di legge non deve concretizzarsi in una legge dello Stato, poiche’ crea piu’ problemi di quelli che vorrebbe risolvere.

    Insomma: un quadro a tinte fosche per una norma che forse nemmeno le associazioni dei padri separati hanno valutato con profondità. Con un risultato: che se pur fosse che i padri depressi possono tendere al suicidio (in queste condizioni, ci sia consentito, quale competenza genitoriale avrebbero da spendere per i loro figli?) nel futuro saranno molti di più i padri e anche le madri che non sapranno come gestire una legge che sarà, più che una norma che esprime diritti, un capestro che originerà conflitti.

    Torino, 23 novembre 2004

    Le Volontarie del Telefono Rosa di Torino

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