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Che razza di letteratura: riflessioni sulla questione delle prostitute

Publie le venerdì 11 febbraio 2005 par Open-Publishing

Dazibao Donne Libri-Letteratura

di: Marc Alpozzo tradotto dal francese da karl&rosa

Negli ultimi anni del Secondo Impero, l’eroina di Zola, Nanà, nel ruolo di Venere al teatro des Variétés, ha grande successo. Un successo dovuto, più che al suo mediocre talento di attrice, alla seduzione del suo corpo nudo, coperto da un semplice velo. E’ il tema, eccellente per i romanzi, della cortigiana, donna galante o prostituta d’alto bordo, dello splendore e della miseria di tutte le cortigiane, della miseria delle donne ridotte quasi esclusivamente al loro plastico, donne-oggetto, strumentalizzate dal desiderio dell’uomo, poi dal sistema sociale che non ha trovato di meglio, per far tacere definitivamente la donna, che ridurla alla sua dimensione sessuale...

Nanà é la prostituta più celebre della letteratura francese. Creato nel XIX secolo da Emile Zola, questo personaggio dei Rougon-Macquart é ritenuto simbolizzare la prostituzione di lusso che invade, secondo l’autore, il palcoscenico e le quinte dei teatri. Per Zola, le ragazze come Nana sono rivelatrici della decadenza di un’arte ridotta al piacere del divertimento, un divertimento equivoco. Non si tratta, d’altronde, di un dettaglio in Zola, che su "La Tribune" aveva già fustigato la fine dell’Impero rovinato dai vizi di una società corrotta dal piacere e dal denaro. E Nanà é per il romanziere il pretesto per dipingere tutta una società decadente da cui ricava una satira tagliente, dove le alte sfere sono pervertite in modo irreversibile dalle feste, e la rovina dei valori.

Attraverso una lettura assidua ed attenta, ci riconosciamo in questo diciannovesimo volume dei Rougon-Macquart, romanzo che dipinge una società focalizzata sul fascino femminile, sul lusso e la lussuria, l’ozio e la vita dispendiosa... La prostituzione della penna di Zola é una prostituzione volontaria, di alto bordo, incoraggiata dal gusto del successo. Nanà é un’arrivista ch sa servirsi delle sue grazie per arrivare al suo scopo: "Nanà non si mostro’ sorpresa, solo annoiata del fatto che Muffat fosse pazzo di lei. Si doveva essere serie nella vita, vero? Troppo stupido amare, non portava a niente. E poi aveva degli scrupoli, a causa della giovane età di Zizi: é vero, non si era comportata onestamente. Rientrava sulla retta via, prendeva un vecchio. (...) E ando’ a letto con Muffat, ma senza piacere." Nanà, capitolo VI. La personalità dissolta e dissoluta di Nanà, il cui crollo finale é in simbiosi con il declino dell’Impero, é la perfetta metafora di una "Venere" decomposta, di una società disorganizzata, che cede e sprofonda perché il vizio vi si é infiltrato.

La questione affrontata in quest’opera di Zola, che tratta della prostituzione, é quella della scelta. In apparenza, Nanà, la prostituta ( di lusso !) ha scelto la lussuria e il vizio... Scommettiamo che il problema é ben più complesso.

Molto spesso la prostituzione non é una scelta. Risulta da una violenza fatta alle donne. Una violenza fisica, ma anche sociale; violenza latente che si esprime molto insidiosamente quando si tratta della prostituzione stessa: in effetti, quando si tratta di caratterizzare questa "situazione", la prima barriera incontrata é quella del non detto, l’incapacità di dire bene, per non parlare del silenzio. Tutti questi blocchi, quest’autocensura hanno origine anzitutto da un termine: quello di "prostituta". Quando la letteratura si appropria della prostituzione, lo fa mettendo in scena una donna, anzi una donna cupida, senza talento, ma ciononostante pronta a tutto per avere successo. Questo deprezzamento sistematico della "morale", dell’etica stessa della donna in generale, rappresentato da questo tipo di personaggio, viene ad aggiungersi al vocabolario usato quando si parla della prostituta: ci si compiace quasi sempre di formule bell’e fatte e prive di sostanza, del tipo: "é il più vecchio mestiere del mondo" oppure "in ogni modo, da sempre le donne esistono per questo". Il problema sembra dunque derivare, azitutto, dalla concezione violenta, dogmatica, che la società ha della donna da secoli; una rappresentazione che riecheggia nella letteratura della fine del XX secolo.

Ecco per esempio l’incipit di uno dei più importanti romanzi degli anni 90, diventato rapidamente un romanzo-culto per molti lettori: "Venerdi’ sera ero inviatato ad una serata da un collega di lavoro. Eravamo una trentina, quadri intermedi fra i venticinque e i quarant’anni. A un certo momento, una stronza ha cominciato a spogliarsi. Si é levata la camicetta, il reggipetto, la gonna, con un’aria incredibile. Ha gironzolato ancora in mutande per qualche secondo, poi ha cominciato a rivestirsi, non sapendo che altro fare. D’altronde, é una ragazza che non va a letto con nessuno. Il che sottolinea l’assurdità del suo comportamento", Michel Houellebecq, Extension du domaine de la lutte.

Quando la letteratura si appropria della sessualità della donna, essa non sembra poter descrivere il sesso femminile se non dominandolo, deprezzandolo, distruggendolo. A questa letteratura, che si potrebbe quasi qualificare di maschilista, se non facesse scoprire, ad una seconda lettura, uno sguardo portato sulle donne da uomini astiosi e frustrati, si potrebbe opporre la seguente letteratura femminile: "Avevo orrore di questo mestiere ed ero disgustata da tutti questi porci che bisogna succhiare, menare ed altro ancora perché godano. E’ vero che si guadagna di più che in fabbrica, ma di soldi ne restano pochi lo stesso e bisogna aggiungere tutte le seccature con i medici, i poliziotti, i magnaccia, le affittacamere...". Chi scrive queste righe é Maria Teresa, un’ex prostituta del periodo della Seconda Guerra Mondiale, autrice di Vie d’une prostituée, pubblicato in quattro riprese fra il 1947 e il 1964 e condannato sei volte. Attraverso qualche frase di una violenza uguale a quella di un Houellebecq si nota bene la linea di separazione che si ritrova, in filigrana, fra i due sessi. Eppure questa linea di separazione é solo apparente, Elisabeth Badinter ha ragione di sottolinearlo: "La differenza fra i sessi é un fatto, ma essa non predestina ai ruoli ed alle funzioni. Non c’é una psicologia maschile ed una femminile impermeabili l’una all’altra, né due identità sessuali scolpite nel marmo. Una volta acquisito il sentimento della sua identità, ogni adulto ne fa quel che vuole o quel che puo’ ". Sbagliato. Di fatto questa differenza, descritta cosi’ male, porta i rapporti uomo-donna a degradarsi, a mettere i sessi l’uno contro l’altro al punto di impedire loro di incontrarsi, anzitutto nella relazione puramente sessuale, ma anche sul piano affettivo.

E, per illustrare quest’idea, riprendiamo l’esempio di Michel Houellebecq, nel suo ultimo romanzo, Plateforme: lo scrittore dipinge il percorso iniziatico di un uomo a Bangkok, che si abbandona ai piaceri del body massage prima di decidere, con la sua amica Valérie, incontrata là, per un club "dove la gente possa chiavare". Certo, non fra loro. No ! Michel, il personaggio principale, non pensa a un club scambista, cosi’ diffuso in questi ultimi anni in Occidente. Perché? Ebbene, semplicemente perché, secondo l’antieroe houellebecquiano, "deve succedere certo qualcosa perché gli Occidentali non riescano più ad andare a letto insieme". La visione di questo degredo dei rapporti é chiara per il personaggio di Houellebecq, ed anche là la ragione puo’ essere trovata nell’ultimo libro di Elisabeth Badinter: "E’ vero che gli stereotipi di una volta, pudicamente chiamati "i nostri punti di riferimento", ci rinchiudevano, ma ci rassicuravano. Oggi, la loro disgregazione ne turba più d’uno. Molti uomini vi scorgono la ragione della caduta del loro impero e la fanno pagare alle donne. Molte di loro sono tentate di replicare instaurando un nuovo ordine morale che supponga il ristabilimento delle frontiere. E’ la trappola dove non bisogna cadere: il prezzo é la perdita della nostra libertà, l’arresto della marcia verso l’uguaglianza e il ritorno della separatezza. Questa tentazione é quella del discorso dominante, che si sente da dieci o quindici anni. Contrariamente a quello che spera di ottenere, é probabile che faccia progredire la condizione delle donne. C’é perfino da temere che le loro relazioni con gli uomini si deteriorino. E’ quello che si chiama sbagliare strada". Sbagliato.

Ecco perché, in realtà, Michel vuole proporre delle autoctone: perché loro "non hanno più niente da vendere se non il loro corpo e la loro sessualità intatta". Non c’é lotta fra i sessi, astio, conta solo il buon rapporto con il partner. Non fu Houellebecq ad incensare le Thailandesi, all’uscita del suo romanzo, facendo valere il loro savoir faire in materia di sesso, considerandole comme delle donne che, contrariamente alle occidentali, sanno dare realmente amore e piacere agli uomini? Certo, contrariamente alle cattive letture che sono state fatte di questo romanzo, non bisogna, beninteso, vedervi un’apologia del turismo sessuale, ma la denuncia della deliquescenza del mondo occidentale causata dall’ultraliberismo, che Houellebecq aveva già iniziato con Les Particules élémentaires.

Siamo dunque ben lontani da tutti questi sterili dibattiti sulla pornografia, dalle tesi ultrareazionarie, dubbie, che animano i caffé letterari intorno all’opera di Houellebecq. Il problema che questo romanzo pone, proprio come il romanzo Nanà di Emile Zola, si puo’ ritrovare nel libro di Marie-Thérèse, che, annoiandosi in casa, diventa infermiera, prima di scoprire le gioie lesbiche con delle colleghe e di incontrare colui che diviene il suo prosseneta. Prostituta in Francia e in Germania, alla fine riprenderà il suo lavoro di infermiera che accosterà, é curioso, al mestiere della prostituta. Si ritrova dunque questa idea (sviluppata da Zola e Houellebecq), che nella prostituzione sia attiva innanzitutto la cura degli altri. Una concezione della prostituzione quasi arcaica, quando si osservano le realtà quotidiane di questo mestiere, poiché questa rappresentazione di Maria Teresa é molto lontana dalle marchette di qualche minuto, in angoli deserti, in fondo alla macchina del cliente o nell’ingresso di un edificio. Ma la cosa più interessante del suo libro é la visione della prostituzione che ne risulta e che puo’ servire al nostro dibattito: nella prostituzione, la prostituta fa all’uomo cioé che lui le domanda in funzione di un "contratto" verbale. Attraverso questo contratto, le prostitute diventano delle donne perfettamente disponibili per i desideri ed i fantasmi dell’uomo. Il che le contrappone alle donne incontrate nella vita quotidiana.

E cosi’, la prostituta non é una donna comune. E’ una sostituta. Colma un vuoto, qualcosa che in generale la donna non puo’ dare all’uomo. Principalmente, secondo Houston, sostituisce la madre, alla quale l’uomo, ancora piccolo, indirizzava cio’ che Houston qualifica di "domanda totale" senza averne ricevuto la minima risposta. La prostituta, che diventa questa sessualità non materna, verrà a riempire allora la contrapposizione con la maternità non sessuale che rappresentava la mamma, e che la donna sposata prolungherà. A partire da li’, consumare pornografia e consumare prostitute diventa la maniera migliore per saldare il conto con la propria madre, per dominare l’antica dominatrice. Nella penna di Houston il rapporto con una prostituta ridiventa un vero rapporto di forza. E questo malgrado cio’ che osserva Nancy Houston a proposito di Maria Teresa, che non le sembra essere una vittima infelice, benché non sia neppure una donna libera o realizzata.

Tutta questa letteratura femminile e maschile intorno alla prostituzione ha come merito principale di rimettere al centro del problema questa grande questione di società. Perché sfortunatamente le puttane non sono semplici soggetti della letteratura. Ahimé! Basta osservare come nel nostro paese imperversi una prostituzione sempre più giovane, che arriva dall’Europa dell’Est, organizzata da reti solidamente insediate in Francia e all’estero. Una nuova moderna schiavitù di cui non si vede la fine, malgrado la legge del 18 marzo 2003 contro l’adescamento, malgrado venga data la caccia ai clienti. La prostituzione sembra persistere, restando un commercio lucroso che avviene in tutta tranquillità, perfino nella nostra Repubblica ritenuta difendere i più poveri, i più fragili. Com’é possibile?

Un inizio di risposta puo’ essere trovato in un libro di Malika Nor, dal sobrio titolo La Prostituzione, edizioni Le cavalier bleu. Ci dice la cosa seguente: "Si parla comunemente della prostituzione come di una realtà universale, atemporale, benigna - se non normale - come di una fatalità inerente all’uomo; il che spesso si traduce nell’asserzione "é il mestiere più vecchio del mondo". Si tratta di una delle idee bell’e fatte fra le più false e le più dannose sulla prostituzione. Sottintende che é inutile lottare contro di essa, che é un mestiere come un altro, che chi lo pratica non sopporta nessuna sofferenza".

Evidentemente, per quest’autrice non si tratta di pretendere che sarebbe facile combattere un tale flagello, tanto più che é profondamente radicato nel costume. Tuttavia, secondo lei, "la prostituzione non é esistita dappertutto né sempre". Una riflessione il cui merito é anzitutto quello di disgregare le idee bell’e fatte sulla questione, visto che é riconoscibile una sorta di ammissione, di tolleranza latente riguardo alla prostituzione, - le sole petizioni firmate da condomini per sradicare la prostituzione dalla strada mirano, nella maggior parte dei casi, a far cessare l’adescamento e gli schiamazzi notturni! Ma questa idea di Malika Nor ha anche il merito di scalzare i grandi dogmi immutabili a proposito di una prostituzione contro la quale nulla si potrebbe fare. Cio’ potrebbe sottilmente portarci a pensare che, in termini di prostituzione, potremmo legittimamente sostenere, alla fin fine, un pensiero "abolizionista", come lo fanno alcune femministe in Francia, negli Stati Uniti e in Canada. Un abolizionismo che comporterebbe preventivamente una riformulazione della concezione stessa del mestiere: non considerarlo più come un mestiere che va da sé, la cui pratica é ancestrale: ("Nelle società dette primitive o tradizionali, la prostituzione é sconosciuta. In alcune si nota soltanto delle pratiche di ospitalità sessuale. Cosi’, nell’Europa dei primi secoli, presso gli antichi Germani (ma anche in Egitto, in Caldea, in India e, ancora recentemente, presso gli Inuit), si offre ritualmente la moglie o la figlia all’ospite di passaggio. Precisiamo che questo principio d’ospitalità non ha uno scopo venale, che la donna non é sfruttata, che il solo beneficio eventualmente ricercato é un incrocio genetico", Malika Nor La Prostitution, Le Cavalier bleu).

Si tratta ugualmente di comprendere che la prostituzione puo’ probabilmente essere combattuta, prima di tutto sul terreno della rivalutazione dell’immagine della donna: una revisione positiva del suo corpo e del suo status, troppo degradati, svalutati dalla pubblicità e dalla società consumista.

Ma c’é di più, si tratta di uscire da questa strategia della tensione che oppone l’uomo alla donna, incoraggiando, spingendo verso un’evoluzione positiva del costume, valorizzando un "diritto al piacere" bilaterale, di cui le donne non godono ancora pienamente, sempre troppo etichettate, quando si tratta per loro di liberarsi dal giogo monoteista, come "donne facili" etc., e d’altra parte si tratta di riabilitare seriamente il posto della donna, quello che non ha ancora pienamente conquistato, checché se ne dica nelle nostre società dette "tolleranti" e "ugualitarie", evitando di ridurla quasi sistematicamente alla sua sola dimensione sessuale, come avviene un po’ troppo oggi, e di pensare ad una sana politica di educazione sessuale dei maschi, politica pedagogica che dovrebbe prevenire quella di cui si occupano attualmente i film pornografici su Internet e in DVD.

Per mostrare che la prostituzione non é una fatalità in sé, ricorro ancora una volta alla riflessione di Malika Nor: "Nelle civiltà nomadi o guerriere, la prostituzione non trova posto. Al contrario, l’urbanizzazione, la monogamiea, il patriarcato e la misoginia sono fattori atti ad incoraggiare la prostituzione. In generale si nota che "a partire dal momento in cui la libertà sessuale é severamente repressa, la prostituzione diventa una necessità sociale". (Il corpo prostituito, Max Chaleil).

Certo, la prostituzione alimenta le controversie, si trova ad essere oggetto di regolari dibattiti all’Assemblea nazionale ed in seno alla comunità europea; ma questi dibattiti non bastano, perché alimentano e sono alimentati da tutti i tabù, da tutte le idee preconcette che pesano sulla discussione. Perdipiù si sottintende, forse molto insidiosamente, che la prostituzione é "il" mestiere più antico del mondo", che malgrado la violenza che essa provoca, malgrado le distruzioni psicologiche e sociali che comporta, la prostituzione é necessaria per regolare i comportamenti sessuali maschili, é l’ultimo bastione che impedisce che si vada alla deriva. Da qui questa "incresciosa" tendenza a voler sempre regolamentare la prostituzione. D’altronde la Francia é pioniera del sistema regolamentarista, poiché la regolamentazione francese della prostituzione data dal XIX secolo ed ha fatto delle prostitute una classe a parte, stigmatizzata e rinchiusa. Ha dato agli uomini potere sulle prostitute, siano essi clienti, prosseneti, poliziotti o medici.

Certo, non si impedirà mai un certo tipo di prostituzione, per esempio quella di alto bordo che imperversa in certi ambienti e permette a taluni(e) di accedere a condizioni invidiate; non si tratta neppure di entrare in una logica rovesciata, che cerca di proibire ciecamente la prostituzione, in ogni caso quella di donne che sceglierebbero con cognizione di causa di vendere il loro corpo, senza ruffiani o ruffiane, dunque in completa indipendenza. Certo, non sono molto numerose, ma se ne esiste, devono poter accedere al commercio della loro carne senza essere vittime di una repressione giuridica e sociale che allora sarebbe vissuta da queste ultime come un’ingiustizia; una tolleranza di fronte alla prostituzione consentita che non potrebbe essere disapprovata in nome della libertà di disporre di sé stessi, cioé della propria integrità fisica e morale. No, in realtà si tratta di lavorare più intelligentemente all’avvenire, perché entro un certo tempo quest’attività cessi, principalmente quella che porta all’asservimento, alla violenza ed all’esclusione. Si tratta dunque di battersi perché sparisca la prostituzione non consentita, che annichilisce, quella esposta attualmente sul marciapiede. Ma si tratta anche di pensare a questo abolizionismo fuori dal semplice quadro giuridico repressivo. Tutte le leggi che saranno fatte per combattere la prostituzione non la freneranno affatto.

Basta semplicamente ascoltare la testimonianza di un’assistente sociale svedese, che risale all’aprile 2003, pubblicata sul sito WWW.feministes.net/,: "No, la legge non é stata un successo, é ipocrita", dice Deanne Raucher, assistente sociale, autrice e giornalista che ha lavorato fino a poco tempo fa con prostitute e tossicodipendenti. "In un certo senso é stato peggio. Quelle che vendevano sesso in strada sono state respinte verso luoghi underground e gli uomini sono ancora clienti. Conosco capi della polizia, giudici e deputati che sono clienti. Il Comitato Nazionale per la Prevenzione del Crimine segnala che meno di 100 uomini all’anno sono arrestati in quanto clienti di prostitute. L’ispettrice di polizia Kajsa Wahlberg, responsabile dell’unità che lotta contro il traffico di donne, segnala che c’erano 2500 prostitute nel 1998 e che il numero non é cambiato. Il cliente svedese non discute il prezzo, stabilito rapidamente e senza violenza, mi hanno detto delle prostitute russe che lavorano in Svezia", dice Wahlberg. "Ecco perché le prostitute non denunciano gli uomini. Se perdono dei clienti, ne verranno presto degli altri".

Finora, tutto quel che é stato fatto in materia di prostituzione non ha dato abbastanza frutti. Ne é prova il fatto che la prostituzione continua ad imperversare come prima. Probabilmente perché si é trascurato di prendere sufficientemente in considerazione il cliente stesso. Non dal punto di vista della repressione, risposta puramente immediata al flagello, ma da quello della prevenzione. Il sito www.social.gouv.fr/, lo precisa pertinentemente: parallelamente al "bus delle donne" per aiutare le donne che si prostituiscono, é nato il bus degli uomini. Ma nemmeno in questo caso si tratta di un bus per gli uomini che comprano sesso, bensi’ per quelli che si prostituiscono: travestiti, transessuali o meno. Dunque non é mai stato concepito in direzione dei "clienti". Eppure, ci dicono gli autori di questo sito: "é necessario definire la violenza a partire dagli autori della violenza, dal sistema patriarcale, dagli sfruttatori e dai "compratori di servizi sessuali". La prostituzione resta l’espressione più banalizzata dell’organizzazione dell’accesso al corpo delle donne in nome di una legittimazione arcaica della sessualità maschile detta "irreprimibile". Il fatto che il sistema della prostituzione sia organizzato per la sessualità degli uomini e che i compratori restino invisibili costituisce ancora una violenza".

Per ora, il sesso nella prostituzione per gli uomini che comprano "servizi sessuali" é riconosciuto solo come una forma di sessualità che apparterrebbe allo spazio privato degli uomini. In occasione di un incontro organizzato il 15 novembre 2000 dalla Delegazione ai Diritti delle Donne del Senato, Claude Boucher, parlando dei "clienti", precisava: "Penso che sia importante rispettarli, non mi preoccupo della loro vita privata". E Robert Badinter, in occasione del dibattito svoltosi al Senato il 7 febbraio 2002 a proposito della penalizzazione dei "clienti" di minori, ha espresso l’idea seguente: "Vite di uomini [rischiano di essere] spezzate per un istante di debolezza", il che d’altronde é stato percepito come uno "scandalo" da molte osservatrici ed osservatori. "Trovo che é l’espressione estrema di un androcentrismo che continua ad ignorare la vita spezzate delle donne" dice indignata Brigitte Grésy, capo del servizio dei diritti delle donne". Ecco tutto il problema!

Certo, una politica di repressione imperversa nel paese, precisamente diretta ai clienti di minori, e ciononostante si continua a prendere le difese degli uomini che comprano sesso, mettendoli nella situazione di vittime, ma senza lavorare veramente con serietà né ad accompagnarli né ad indentificarli come origine stessa del problema; e di riflesso si continua ad occultare la violenza fatta alle donne, trattandole insidiosamente come colpevoli, arrestandole sulla pubblica via per adescamento, confiscando loro i soldi delle marchette. Eppure, mai una sola volta sarà presa in considerazione tutta la dimensione reale del problema che, con un po’ di buona volontà, potrebbe essere progressivamente risolto se si applicasse con sufficiente forza e convinzione una vera politica sociale e culturale. E poiché, malgrado le nuove misure, la situazione sembra bloccata a questo stadio, come non concludere con queste parole tanto giuste, esplosive, scritte dagli autori del sito www.social.gouv.fr/,: "Quest’unilateralità della sessualità mercantile, l’accettazione generale del desiderio non condiviso, é parossistica del rapporto ineguale nella prostituzione. La frase liberatrice per il "diritto al piacere" ha sorvolato sulla prima esigenza di una sessualità ugualitaria, che é "il diritto al desiderio bilaterale". Se é vero che oggi l’esistenza di una sessualità femminile é accettata, é altrettanto vero che la prostituzione é la negazione del diritto alla sessualità per le donne. A questo titolo, ha una portata simbolica per tutte le donne e non solamente per le donne che si prostituiscono".

Ecco quel che dovrebbe affrettarsi a ritrasmettere la futura letteratura. Disgraziatamente, attualmente le puttane non sono pronte per essere semplici soggetti di romanzi...

Bibliografia indicativa:

Nancy Houston, Mosaïque de la pornographie, Payot
Malika Nor, La prostitution, Le cavalier bleu
Elisabeth Badinter, L’un est l’autre, Odile Jacob
Elisabeth Badinter, Fausse route, Odile Jacob
Sylviane Agacinski, Politique des sexes, Point

Michel Houellebecq, Extension du domaine de la lutte, J’ai lu Michel Houellebecq, Plateforme, J’ai lu

Links interessanti:

http://www.social.gouv.fr/femmes/gd...

http://www.feministes.net/prostitut...