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Considerazioni sull’economia europea

Publie le giovedì 19 maggio 2005 par Open-Publishing

Dazibao Economia-Budget Europa

di Viviana Vivarelli

Fare considerazioni sull’economia europea non e’ affatto facile e fare confronti tra un paese europeo e l’altro lo e’ ancor meno, meno ancora tra Europa e USA.

Parto da un articolo di Maurizio Blondet www.identitaeuropea.org/archivio/ar...

"Colpa di Berlusconi? Magari fosse così semplice

Buttiamolo giù e l’economia riparte: un sogno. Ma la recessione italiana è il risultato di vecchi vizi, vecchie inefficienze e parassitismi, che si scontrano con una dura realtà: la globalizzazione. Al fondo del problema c’è la nota realtà: la paga media cinese è di 80 euro al mese (anche meno), e quella occidentale da 10 a 20 volte di più. La speciale debolezza italiana consiste in questo: che l’Italia è "forte" in settori manifatturieri maturi, esposti alla competizione cinese.

Le scarpe, i tessuti, gli abiti li stanno facendo anche i cinesi, con costi enormemente minori. L’Italia avrebbe dovuto per tempo passare ad attività a più alto contenuto tecnologico-culturale; ossia avrebbe dovuto darsi una cultura.

Perché, ecco il dramma, l’operaio italiano non è migliore di quello cinese, costa solo 10-20 volte in più. Per guadagnarsi il suo salario maggiorato, avrebbe dovuto istruirsi, aggiornarsi continuamente. Non l’ha fatto. Nessuno l’ha avvertito che bisognava farlo. E questa tragedia non riguarda solo l’operaio. I figli dei padroncini del Nord-Est avrebbero dovuto essere mandati a studiare all’estero, nelle migliori università. I mezzi, i loro padri li avevano. Invece accade il contrario: proprio nel Nord Est ricco e laborioso l’abbandono scolastico è pari a quello del Meridione arretrato.Perché i figli dei padroncini non vogliono studiare, vogliono andare subito
in fabbrica. Restano ignoranti: come i cinesi, ma con salari dieci-venti volte più alti. In Italia, i giovani si laureano meno che in tutti gli altri paesi. E in che cosa si laureano, se poi lo fanno? Diritto, Lettere.

Anzi, ora va di moda laurearsi in "Scienze delle comunicazioni", che è una materia non solo inesistente, ma priva di mercato. In Cina e in India, 3 milioni di giovani ogni anno si laureano in ingegneria e altre scienze "dure". Per poi impiegarsi nelle imprese di hardware e software, nei servizi avanzati, nella finanza.
Nessun primato, nessun benessere si costruisce sull’ignoranza, su una scuola di manica larga, su università scadenti come le nostre, affollate di baroni e dei loro portaborse e leccapiedi. Ora si grida: investire di più nella ricerca, subito. Ma anzitutto, bisogna capire che nessun "investimento in ricerca" darà risultati fra 15 giorni, che si tratta del più aleatorio degli investimenti, e di quello a più lungo termine.

Anzitutto, ci vuole una diffusa curiosità, un diffuso interesse per la scienza: in Italia manca, il vero interesse nazionale è il calcio, e la cucina. Ci vuole un ambiente sociale che abbia rispetto per i ricercatori e gli scienziati: quelli veri, non le Levi Montalcini o i Veronesi, mercanti di se stessi e beneficiari di lobbies. E poi in "quale" ricerca investire?

Come identificare i campi in cui abbiamo ancora qualche possibilità?
Nell’elettronica non riusciremo più a recuperare terreno; in biotecnologia nemmeno.

Il grido: "più fondi alla ricerca", senza alcuna analisi e indagine dettagliata sui punti forti residuali che valga la pena di promuovere, in Italia, porta a un solo risultato già visto: che si daranno più soldi alla

Fiat. La Fiat la cui vera salvezza, la sola e unica ormai, è l’immediata chiusura.

Perché ad ottobre cominceranno ad arrivare sui mercati le auto Made in China: a parità di qualità e cilindrata, costeranno il 30% in meno. La dura verità da dire agli italiani è: se volete restare competitivi, dovete accettare la riduzione di salari e stipendi a livelli cinesi, perché non siete affatto più bravi, più istruiti, più sgobboni dei cinesi. Ma naturalmente non si può. Perché il costo della vita non è quello cinese, e se in Cina con 80 euro al mese si campa, in Italia con 800 si muore. Bisognerebbe che i prezzi calassero almeno quanto i salari, se possibile di più. Credete che accadrà?

Chiunque abbia il potere di "imporre il prezzo", dal ristoratore al barista, i prezzi li aumenta.
Ecco perché la vita nella globalizzazione, se si è occidentali, è triste. E lo sarà per i prossimi vent’anni, fino a quando i salari cinesi non saliranno tanto da incontrare i nostri, calanti. Non è solo l’Italia, sia chiaro. L’economia italiana si degrada più rapidamente delle altre in Europa - 0,5 per cento in meno di prodotto interno lordo ogni quadrimestre - ma non è la sola. Anche l’Olanda è entrata in recessione, meno 0,1 per cento. Anche il Portogallo. La Germania cresce dell’1% (magrissimo) perché, nonostante tutto, esporta
robustamente, la sua struttura industriale è più solida. I giornali servili vi raccontano che in Inghilterra l’economia va bene. Ma è un trucco: le statistiche sono state ritoccate a fingere un rialzo economico per far rieleggere Tony Blair, il fiduciario delle grandi lobbies neocon-israeliane. Ora che Blair è stato rieletto, cominciano a dire la verità: l’economia inglese "rallenta". Calano le vendite al dettaglio.

Cala la produzione industriale. Calano perfino i prezzi delle case. La Banca Centrale dovrà tagliare i tassi d’interesse per "stimolare l’economia" (1): Ma va bene, benissimo, l’economia Usa - vi dicono i servi della nota lobby. Va bene perché la sua forza lavoro è "flessibile" e i costi sociali sono bassi. Mentre in Europa crescono i disoccupati, in Usa, solo ad aprile, sono stati creati 256 mila posti di lavoro in più. Analizziamo questi miracolosi posti di lavoro americani. La metà dei "nuovi posti di lavoro" è stata creata nel "settore alberghiero e d’accoglienza" (camerieri di bar e ristoranti: 58 mila), nel "commercio al dettaglio e all’ingrosso" (commessi di negozi e supermercati: 30 mila), nella "sanità e assistenza sociale" (badanti e infermiere: 18 mila), in "servizi amministrativi e di supporto" (impiegati a tempo determinato: 12 mila).

Insomma, i posti di lavoro crescono solo nei "servizi non vendibili": lavori di servizio, da domestiche. E’ una crescita da economia del terzo mondo (2).Insomma, nemmeno l’economia Usa crea più lavori ad alta tecnologia e nei settori competitivi e d’alto valore aggiunto. E il bello è che i "nuovi lavori" (domestici) non vanno a cittadini americani; ma, nel 60% dei casi, ad immigrati. La stessa cosa avviene in Italia: cresce la domanda di badanti, infermiere, donne delle pulizie, raccoglitori di fragole e pomodori, benzinai. Sono lavori persino ben pagati. Ma i nostri giovani italiani si aspettano dalla vita molto di meglio, benche’ non abbiano studiato abbastanza da meritarselo. E quei lavori li schifano. I lavori, perciò, vanno ad ucraine (spesso laureate), filippine, cingalesi. Questi lavori sono "esborsi netti", che dissanguano l’economia italiana: i guadagni dei filippini e delle badanti ucraine fuggono in Ucraina e nelle Filippine, non restano in Italia.

Esportazione legittima di capitali. L’America non sarebbe in recessione? Guardate meglio. I salari americani sono calati in termini reali ai livelli di 13 anni fa: si stanno avvicinando competitivamente a quelli cinesi, molto prima dei nostri europei. La General Motors e la Ford sono considerati giganti morti (come la Fiat), le loro obbligazioni hanno il rango di "spazzatura", come i titoli argentini.La grande compagnia aerea United Airlines ha dichiarato fallimento sugli obblighi previdenziali contratti verso i suoi dipendenti: non pagherà 6,6 miliardi di dollari in pensioni. I pensionati della United avranno la pensione - se l’avranno, solo in piccola parte -dal fondo statale che interviene in questi casi, il Pension Benefit Guaranty. La Delta Airlines, che deve ai suoi dipendenti 3,15 miliardi di dollari nei prossimi tre anni, sta anch’essa per dichiarare bancarotta.

Questa sarebbe un’economia trionfante e competitiva: una catena di bancarotte. E sì che gli Usa, al contrario dell’Europa che si tiene l’euro forte con stupidità senza pari, hanno svalutato il dollaro (più "competitività"), e il mondo intero sta prestando agli americani i soldi per i loro smodati consumi. L’economia mondiale si regge, in bilico, sui consumi americani: basta che loro mangino meno, e finiamo tutti in recessione. Magari la Banca Centrale americana taglierà i tassi d’interesse per far costare meno il denaro e "stimolare" l’economia e i consumi.Ciò indurrà i consumatori Usa a consumare ancora un po’ di più. Ma a beneficiarne sarà, alla lunga, non l’America, ma la Cina, ossia il grande produttore mondiale. Ogni "stimolo" americano cessa di avvantaggiare l’America, e di andare a vantaggio di altri.

Ma vale anche per noi italiani, insaziabili consumatori di telefonini, tv a schermo piatto, dvd.tutte cose che non produciamo in casa, ma compriamo dall’estero, dall’Asia. Ciò significa: più li compriamo, più diventiamo poveri come paese. E più e fabbriche dell’Asia riducono i loro costi per unità di prodotto e accrescono la loro quota di mercato.

L’Italia va peggio. Dove sta la differenza con Germania, Francia e Usa, che vanno solo male? Facile indovinarlo: nell’inefficienza pubblica. I loro sistemi pubblici sono di aiuto alla produzione e all’impresa; da noi sono di ostacolo, un elemento di costo aggiuntivo.Da noi si paga di più l’elettricità, il telefono, internet; ogni attività richiede fatiche burocratiche enormi; la magistratura non funziona, e non funzionano le scuole e le università. Alla Banca d’Italia abbiamo un ragioniere, e lo paghiamo tre volte di più del banchiere centrale americano. Il nostro presidente della repubblica ci costa 10 volte più di quanto costi la regina agli inglesi.

Non sono solo gli statali a fare ostacolo; noi abbiamo livelli burocratici pubblici stratificati in modo incredibile: comunali, provinciali, regionali, comunitari. Cinque o sei strati di parassiti. Strapagati.E con il posto sicuro, garantito, inamovibile, mentre il nostro di privati diventa sempre più precario, temporaneo, a rischio. Loro vogliono gli aumenti, e li otterranno, per il loro potere di ricatto. Per contro, fra poco, decine di migliaia di lavoratori privati, tessili, manifatturieri, saranno disoccupati. Perché il processo di degrado, oltretutto, ha questo di maligno: che è rapidissimo, com’è rapida l’avanzata sui mercati - senza protezione di dazi - del superconcorrente cinese o indiano.

Magari bastasse cacciare Berlusconi. Sarebbe forse meglio dare il suo posto a Prodi, portavoce e simbolo del parassitismo pubblico, espressione di un elettorato che vuol essere protetto e continuare a parassitare un sistema che non può più permettersi parassiti?

Attenzione, il lettore non ci attribuisca un penchant per Berlusconi. Il punto è un altro: la fatua superficialità di Berlusconi è l’immagine stessa dell’Italia, fatua, poco istruita, poco intelligente. Che pretende di "andare avanti" senza esercitare mai il pensiero, senza scegliere classi dirigenti capaci di pensare."


Sull’articolo di Blondet, che ho girato a mia figlia che lavora a Londra, e’ una volontaria, ha studiato piu’ economia di me, e ha lavorato nella responsabilita’ sociale d’impresa, riporto la sua mail di commento:

"A mio parere nell’articolo mancano alcuni "riferimenti" che invece incontro spesso quando confronto le economie dei paesi.

1) il primo concetto e’ che l’economia anglosassone ha imprese che fin dall’800 sono diventate ad azionariato diffuso, questo ha favorito il fagocitare delle imprese in borsa, e la creazione di colossi, mentre in italia ancora oggi si crede nell’azienda famigliare,

2) il secondo concetto e’ che il 90% dell’economia e’ finanziaria, questo significa che per la Fiat la vendita delle auto e’ solo un aspetto irrisorio paragonato al settore investimenti in borsa,

3) subito dopo il punto 2) vi e’ che le potenze che hanno favorito la nascita del WTO e degli accordi multilaterali sono quindi potenze finanziarie e potenze militari (che sono strettamente connesse alle potenze finanziarie). dunque, gli accordi che determinano la macroeconomia, a livello di sussidi, dazi, debiti, prestiti, sono stati presi da chi ha vinto la seconda guerra mondiale, che ha potuto mettere un posto al consiglio di sicurezza all’ONU e da chi ha costruito colossi finanziari nel corso dell’800 grazie allo sfruttamento imperiale-coloniale ,

4) anche Francia e Spagna avevano un vasto impero coloniale, ma con la rivoluzione industriale quelli che sono partiti prima di tutti con i motori del vapore sono stati gli angolosassoni. E mentre nel resto di
Europa si lottava per trovare un equilibrio democratico (Ffranco, Mussolini, Hitler) e si soffriva la mancanza di riforme agrarie a causa di un aristocrazia ancora ingombrante, in Inghilterra si sono costruiti i primi colossi industriali, spinti con il vento in poppa grazie al fatto di poter avere materie prime e mercati in India e nelle colonie africane.

5) durante il novecento, ecco che chi aveva gia’ fatto i soldi con le industrie, e’ passato dalla "produzione" ai "servizi". questa e’ la parola magica che nell’articolo manca. SERVIZI.
La Cina compete sulla "produzione", ma l’Inghilterra tiene in mano, oltre alla finanza, i servizi di banche, assicurazioni, e tutto cio’ che riguarda il management dei processi. Gli USA hanno una potenza militare che gli serve per continuare la politica imperiale tuttora, e in entrambi i paesi anglosassoni politica e finanza ebraica vanno a braccetto.

6) infine, l’USA ha piazzato truppe in tutti i posti strategici petroliferi in giro per il mondo, Blair e’ il paladino servente di Bush e quindi cerchera’ di avvantaggiarsi della posizione geopolitica.
La Germania ha puntato sull’energie rinnovabili,
la Francia e l’Inghilterra sul nucleare.

Noi?

Si’ e’ vero che noi abbiamo avuto i padroncini del nordest che non sono andati a studiare.
ma:

1) abbiamo avuto anche un ottocento di guerre civili per formare una repubblica, quando in Inghilterra la Magna Carta e’ stata firmata nel 1215,

2) siamo usciti dalla seconda guerra mondiale con un’economia agricola allo sbando e solo nella seconda meta’ del novecento abbiamo avuto uno sviluppo industriale che poteva fare faville grazie alla "unicita’
regionale" e alle vendite sotto prezzo per la moneta debole. Peccato che non abbiamo accumulato grossi colossi economici.

3) quindi non abbiamo alcuna voce politica in Europa o nei trattati internazionali.
Con la globalizzazione, l’unicita’ regionale per i prodotti doc si e’ andata via via perdendo.

Ed infine, i cinesi hanno imparato a copiare tutto e loro hanno adesso i prezzi bassi.

Eccoci, con un’economia fasulla, senza politica energetica, costretti a scegliere l’imperatore da parteggiare, come un cortigiano che sa di non avere voce ne’ futuro. Siamo piccoli, e nella borsa il piccolo crepa.

Questo il mio commento.

So che psoso aver fatto errori storici e mi mancano dati.

Ma diciamo che l’articolo si concentra su cosa studiano gli italiani oggi e mi pare scordi la storia, che non fa sconti a nessuno.

Chi ha vinto le guerre in passato, ahime’, e’ diventato piu’ forte, e’ arrivato prima nella produzione, e’ arrivato prima nei servizi, ha capito prima quali erano le scelte strategiche, e si e’ conquistato un posto tra quelli che possono dire qualcosa. Dubito che con un’educazione migliore ma senza soldi e senza armi, il nostro cortigiano avrebbe potuto guadagnare un posto molto migliore che la decima fila.