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L’ENFANT

Publie le domenica 19 giugno 2005 par Open-Publishing

Dazibao Cinema-video - foto Enrico Campofreda

di Enrico Campofreda

È tagliente come una lama affilata l’ennesima storia con cui gli ottimi Dardenne conquistano un’altra Palma d’oro che fa l’eco a quella di “Rosetta” del 1999. Stessa precarietà condivisa con l’indifferenza della gente bene, stessi luoghi devastati, gli anfratti ghiaiosi dove la gente normale non passa.

Non è ferino Bruno, giovane emarginato che vive come può accanto a Sonia, è infame la società basata sul denaro che gl’inculca quell’unico “valore” di vita e la sua sciagurata esistenza segnata dalla provvisorietà lo fa più vittima travolta dagli eventi che attore. Non ha tempo né modo per pensare, deve soprattutto agire, agire per ricavare soldi da ogni respiro del giorno.

Certo lo scellerato gesto con cui decide di vendere il figlioletto Jimmy appena avuto da Sonia è una riprovevole azione contro natura. Ma Bruno la compie meccanicamente, pensando che a vent’anni di figli se ne possono fare altri, e se lo condanniamo che dire dei placidi, ipocriti, magari religiosissimi coniugi che l’enfant glielo comperano al mercato nero gestito dalla malavita? Loro resteranno sempre nell’ombra, protetti dal denaro, dal capitale che non ci fa uguali.

Eccolo, scottante, il dramma messo in scena con l’asciutto realismo che fa grandi i due registi belgi. C’è un unico metro nella società “civile” che ci pone dentro o fuori dal sistema: il denaro. Che se non viene mediato da valori etici, esistenziali, da finalità della vita che non siano unicamente mercificatrici, conduce ad aberrazioni come quella inconsapevolmente praticata dal superficiale Bruno.

Avrà forse generato per caso suo figlio, lo ha avuto in un atto d’amore probabilmente egoistico e ancora adolescenziale, un amore fatto di giochi, scherzi, fughe, sesso e nessuna responsabilità. Differentemente la ragazza, che di anni ne ha addirittura uno meno, dopo aver portato in grembo il bimbo ha maturato senso di responsabilità materna e femminile. Lei ama Bruno, si sente protetta dalle sue pur folli attenzioni, lo va a cercare dopo aver partorito e vuol condividere con lui quella nuova gioia.

Insieme vanno a registrare il piccolo, gli acquistano una carrozzina. Quando apprende che il suo partner ha venduto il bimbo stramazza al suolo. Ripresasi dopo un ricovero in ospedale durante il quale ha denunciato alla polizia l’accaduto, il sentimento per Bruno è crollato. Ora lo odia, lo rifiuta, lo tiene lontano da sé. Nel frattempo lui ha problemi con la polizia per ciò che ha fatto e coi malavitosi che avevano pilotato quella vendita e ora lo ricattano per soldi.

Soldi: la disperazione nella vita del giovane che rischia di non averne nemmeno per comprarsi una baguette. Naturalmente potrebbe lavorare ma l’ipotesi non fa parte della sua visione del mondo, abituato com’è a spendere cinquecento o mille euro al giorno a cosa gli servirebbe un lavoro che gliene offre millecinquecento al mese nella grigia città dove tutto è merce e solo il suo possesso fa sentire vivi?

E’ il malessere dei tanti Bruno sparsi nelle periferie degradate dell’Europa Unita che su questo “valore” costruisce il futuro dei suoi cittadini. Un futuro diseguale fra chi ha e chi non avrà mai ed è per questo destinato a non esistere. Per i Bruno dell’Occidente l’unica via diventa la terribile scorciatoia dell’illegalità. Attraverso il mercato degli enfant o col vecchio scippo naturalmente più rischioso, come mostrano le disavventure del protagonista e del giovane complice caduto nelle mani della police e arrestato.

Però nel petto di Bruno il cuore batte. È un disperato, un vinto non un malvagio, non un cinico. Andrà a costituirsi per salvare l’amico catturato e sconterà la condanna. Con quel gesto ritroverà Sonia che in fondo l’ama e che lui aveva pregato di non rifiutarlo dopo l’inconsulto commercio del bambino. I due si ritroveranno in condizioni sempre difficili ma non si perderanno.
Il loro pianto rotto è il grido di dolore di chi ha perso la via non l’anima e può forse salvarsi anche nel crudele sistema che tende a soffocarne ogni fremito di vita.

Regia: Jean-Pierre e Luc Dardenne.
Soggetto e sceneggiatura: Jean-Pierre e Luc Dardenne.
Direttore della fotografia: Alain Marcoen.
Montaggio: Marie-Hélène Dozo.
Interpreti principali: Jérémie Renier, Déborah François, Jérémie Segard, Fabrizio _ Rongione, Olivier Gourmet.
Musica originale: Jean-Pierre Duret.
Produzione: Les Films du Fluve, Archipel, Rtbf, Scope Invest, Arte.
Origine: Belgio / Francia 2004.
Durata: 95 minuti.

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