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LA SPIRALE GUERRA-TERRORISMO

Publie le mercoledì 13 luglio 2005 par Open-Publishing

Dazibao Europa Attentati-Terrorismo Lucio Garofalo

di Lucio Garofalo

Chiarisco subito un punto: l’attentato che ha devastato Londra è un crimine commesso contro l’umanità più debole e indifesa. Voglio urlare il mio sdegno contro atti che rivelano una ferocia assassina e non sono utili alla causa dei diseredati. Caso mai vi si annidano gli interessi affaristici di qualche oscuro centro di potere sovranazionale.

Per comprendere simili fenomeni non servono analisi dietrologiche, ma occorre sforzarsi di compiere una valutazione lucida ed obiettiva dei fatti e delle conseguenze. Occorre chiedersi: a chi giova tutto ciò? A chi giovano queste azioni stragiste che mirano a colpire in modo indiscriminato le masse popolari, non certo bersagli ben precisi, tanto meno i sedicenti "decisori" del G8.

Uno degli effetti immediati è stato quello di stravolgere l’agenda politica del summit scozzese, ponendo al primo punto il tema della “guerra al terrorismo”, così da ridare slancio alla strategia della “guerra preventiva” imposta dall’amministrazione Bush. Una strategia che vive una grave crisi di consensi a livello internazionale, e spera in un recupero di immagine e di risorse finanziarie.

La priorità più urgente torna ad essere la cosiddetta “emergenza terrorismo”, a cui vengono subordinate tutte le altre questioni: il bisogno di sicurezza prevale ora sul blando sentimento di solidarietà e fraternità suscitato dall’iniziativa mega-spettacolare di Bob Geldof e dell’apparato propagandistico costruito intorno ai concerti del “Live 8”.

Tutto il resto non conta più. Conta solo la questione della sicurezza, ossia la sicurezza dell’occidente, rispetto alle insidie provenienti dal terrorismo globale. Questa “emergenza” viene anteposta sia alla tragedia della povertà estrema e del debito economico che affligge le popolazioni africane, sia ai pericoli derivanti dai mutamenti climatici terrestri e, di conseguenza, al punto concernente il protocollo di Kyoto. In tal senso, una conseguenza rilevante è l’intensificazione delle misure di sicurezza soprattutto nelle metropoli occidentali, compresa l’Italia, apertamente minacciata da Al Qaeda. La circostanza che ne deriva è una drastica riduzione delle libertà individuali, sacrificate sull’altare della “sicurezza generale”. Rinunciare alla libertà per ottenere più sicurezza: questo è lo slogan adottato da diversi ambienti politici, nazionali ed internazionali.

Un altro effetto immediato è riconoscibile in un’operazione di isolamento che ha coinvolto il movimento “noglobal”, al fine di indebolire le lotte e le vertenze anticapitaliste portate avanti in questi giorni attraverso iniziative “anti-G8”, una sorta di “summit alternativo” in cui i protagonisti non sono più 8 individui che si arrogano il diritto di decidere il destino dell’umanità, ma centinaia di migliaia di persone, di attivisti, di semplici cittadini che si mobilitano partecipando ad un convegno, ad un’assemblea, ad una manifestazione, per dar voce a sé e a chi non riesce a far sentire la propria.

Uno degli obiettivi perseguiti da questa strategia internazionale del terrore, sembra essere proprio quello di emarginare e criminalizzare il cosiddetto “movimento dei movimenti” che contesta il G8 e gli contrappone un modello alternativo di decisione collegiale, di organizzazione dei rapporti interpersonali a partire dal basso, ossia dalle rivendicazioni concrete della gente, attraverso forme democratico-partecipative, rifiutando la logica autoritaria del summit, per optare a favore di una costruzione orizzontale ed aperta della prassi politica.

Un altro importante motivo di riflessione riguarda il quadro politico mediorientale.

L’attentato di Londra sembra aver ridestato bruscamente l’opinione pubblica internazionale dallo stato di torpore e indifferenza generato da una sorta di assuefazione alle immagini di guerra, orrore e morte, provenienti tutti i giorni dall’Iraq e dallo scenario mediorientale. E’ evidente che, quando simili vicende insanguinano New York, Madrid o Londra, anziché Baghdad o i palestinesi, la comunità occidentale sembra reagire in modo irrazionale, in preda agli effetti tramatici della paura.

Pertanto, chi decide di diffondere il panico e l’angoscia per favorire il propagarsi di sentimenti irrazionali, fa il gioco dei terroristi. In sostanza, il terrorismo giova anzitutto a chi, prendendo a pretesto lo stato di inquietudine ed irrazionalità diffuse tra la popolazione, ne approfitta per invocare svolte politiche in senso autoritario e liberticida all’interno delle società occidentali.

Parimenti, di fronte alla spietata recrudescenza del terrorismo si sollecita una risposta altrettanto cruenta, ossia un’escalation militare, nella misura in cui le armi continuano ad essere lo strumento privilegiato di una strategia neocoloniale condotta su scala globale.

Un altro punto su cui vale la pena soffermarsi, concerne la questione palestinese.

Negli anni si è consolidata una verità che ormai più nessuno osa contestare, cioè che all’origine della “polveriera” mediorientale sta il problema palestinese, ossia il conflitto arabo-israeliano.

Ebbene, è chiaro a tutti che fino a quando non si otterrà un’equa soluzione della controversia arabo-israeliana, che garantisca una coesistenza pacifica con lo stato d’Israele, non si potrà mai sperare in una pacificazione effettiva dell’area mediorientale che continuerà ad essere esplosiva, né si potrà sperare in un ridimensionamento delle sacche dell’estremismo e del fanatismo. Basti ricordare che una notevole parte della popolazione palestinese, tradizionalmente sunnita e non sciita, dunque appartenente alla corrente moderata dell’Islam, soprattutto dopo l’aggressione anglo-americana contro l’Iraq e le successive vicende, si è trasformata in un terreno fertile dove prosperano le ragioni dell’oltranzismo religioso.

Una simile ipotesi di pace comporta un cambio di rotta nella politica dell’occidente, ossia una svolta radicale nella linea filo-israeliana assunta dall’asse anglo-americano negli ultimi decenni.

In tale scenario storico si collocano le vicende degli ultimi anni, dalla strage dell’11 settembre 2001 al conflitto bellico in Iraq, trasformatosi in un teatro di guerriglia permanente. Se non si fuoriesce da questa pericolosa spirale, difficilmente si potrà sperare in un avvenire di pace autentica, una condizione incompatibile con l’ingiustizia, nella misura in cui il superamento delle tensioni internazionali presuppone l’eliminazione delle loro cause storiche, tra cui emergono le pesanti ingiustizie materiali che schiacciano le popolazioni affamate, sfruttate e depredate dell’Africa, e che stanno segnando il destino di miliardi di esseri umani.