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25 febbraio 2006, 22:07

"All’armi siam razzisti, il ritorno di Boccacci"

GLI ALLEATI DEL PREMIER/Negli anni Novanta leader di Movimento politico, oggi responsabile
organizzativo della Fiamma

Quando cominciano a comparire con sfrontatezza e insistenza i simboli nazifascisti nelle curve degli stadi non è consigliabile sottovalutare. Anche i brevi ricorsi storici insegnano qualcosa: soltanto quattordici anni fa, nel pieno dell’esplosione di Tangentopoli e all’alba della scesa in campo di Berlusconi gruppi di ispirazione fascista e razzista fecero la loro prepotente irruzione sul territorio nazionale (e negli stadi), organizzandosi soprattutto al nord, in Veneto e Lombardia, e nel Lazio. Erano i naziskin, che per un anno e mezzo hanno agito, diffuso il loro inquietante verbo, anche con azioni violente e antisemite, fino a che non fu votata la legge Mancino, guarda un po’ svuotata di significato proprio dall’attuale governo.
Furoreggiava allora Maurizio Boccacci, leader di Movimento politico e poi di Base Autonoma, anche arrestato nel ‘94 con l’accusa di aver organizzato incidenti allo stadio di Brescia. «Sono razzista, se per razzista si intende che ogni popolo dovrebbe stare nel proprio territorio, i negri come gli ebrei, come gli immigrati - amava dire Boccacci nelle interviste-. Non farei mai giocare i miei figli con bambini negri ed ebrei, difendo l’integrità della razza, della civiltà, dei popoli». Roba da far impallidire anche il povero Borghezio. Boccacci, una volta anche bancario, roccaforte Albano laziale, milita oggi, 49 anni, responsabile organizzativo, nella Fiamma Tricolore, uno dei partiti di ispirazione fascista con i quali Berlusconi ha stretto una ferrea alleanza elettorale.
Il premier avrebbe fatto bene a leggere il programma della Fiamma Tricolore. Perché dovrà poi spiegare ai suoi elettori come sentirsi tutti in un’unica famiglia. Boccacci ci si deve trovare a meraviglia, visto che ci sono molte delle sue «suggestioni» di più di un decennio fa. In una intervista all’Unità del 3 ottobre 1992 alla domanda di Alessandra Baduel -siete pronti a ripulire le città dagli extracomunitari?- il leader di Movimento politico così rispondeva: «No, non quello. Certo io approvo gli assalti in Germania. Lì c’è l’esasperazione di una convivenza forzata tra etnie differenti. E poi magari gli immigrati hanno fatto qualcosa prima degli assalti. Comunque, noi non siamo contro le persone. Crediamo che da fuori debbano venire solo per studiare, e poi tornare ad offrire le loro conoscenze al loro popolo, invece di farsi sfruttare qui. Siamo razzisti, non xenofobi. Cioè difendiamo le razze, l’integrità dei popoli, in primo luogo, quella della nostra gente...». Dal programma della Fiamma: «Noi rispondiamo con il rifiuto della società multiculturale, che azzera la varietà culturale e non esalta le tradizioni dei popoli... La presenza sul territorio italiano di etnie sempre più numerose, che spesso privilegiano la loro appartenenza comunitaria ed identitaria rispetto alla loro assimilazione al modello di vita italiano pone un problema di “convivenza civile”, che può evolvere in “scontro sociale». Il «partito degli italiani», così i fiammeggianti si vogliono impalmare, il cui programma prevede anche le Case per la gioventù, «luoghi di incontro e di formazione fisico-attitudinale, complementari alle scuole», per le quali si auspica «una necessaria ed impellente rivisitazione di tutto quello che oggi è considerato acquisito e non discutibile ufficialmente».
Maurizio Boccacci il 29 febbraio del 1992 fu tra gli organizzatori della manifestazione sfilata sotto il balcone di Mussolini con lo striscione , «Noi siamo qua come 50 anni fa». Per questo fu accusato di apologia di fascismo. Sarebbe stato difficile anche ad un indovino, e a lui stesso, prevedere di trovarsi, grazie a Berlusconi, ancora alla ribalta, anzi determinante. Il brodo culturale prodotto dal centrodestra in questi anni lo trova certamente ben connesso. Boccacci si dichiarava, allora, cattolico-integralista-lefebvriano: «Sono per la religione cristiana primaria. Contro la svolta laica di Papa Martini, contro l’abbraccio con gli ebrei di Wojtyla, l’abolizione della messa in latino e l’altare rovesciato verso la gente - dichiarava sempre ad Alessandra Baduel-. C’è un abbandono del sacro, una svolta a sinistra». Ecco, qualcuno ha pensato bene di dargli ragione. Oggi.