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6 marzo 2006, 12:52

Maria Turchetto, Lettera di una vecchiaccia cattiva alle brave ragazze

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Questa lettera è stata scritta dalla studiosa marxista Maria Turchetto in occasione del referendum sulla Procreazione Medicalmente assistita dello scorso anno.

Lettera di una vecchiaccia cattiva alle brave ragazze

Care ragazze,

sono così vecchia che ho votato al referendum sull’aborto. Quella volta si trattava di mantenere in vigore una legge abbastanza buona contro una campagna clerico-democristiana assai veemente. I toni erano molto simili a quelli di oggi. Chi voleva abrogare la legge 194 del 1978 che consentiva l’"interruzione volontaria della gravidanza" - in sigla IVG, perché "aborto" pare una brutta parola - faceva discorsi metafisici sull’inizio della vita: erano naturalmente preti, destri e democristiani e, come oggi, sussiegosi filosofi che per l’appunto amavano discettare di metafisica, ma ai quali io non avrei chiesto nemmeno come si infila correttamente un preservativo, tanto apparivano poco esperti di queste faccende. Un nome per tutti: Norberto Bobbio, all’epoca difensore della Vita, successivamente fautore delle Guerre Giuste. Proprio come di questi tempi Marcello Pera: salviamo gli ovociti e ammazziamo quei beduini miscredenti. Ma non rivanghiamo.

Sull’altra sponda, i difensori della legge - anche allora con meno mezzi e meno spazio sui media, ma forse un po’ più determinati e sicuramente più sostenuti dai politici sinistri e centrosinistri - portavano avanti ragioni eminentemente pratiche. La legge - dicevano - non "introduceva" l’aborto, l’aborto si faceva da tempo immemorabile, ma era in mano ai "cucchiai d’oro" delle cliniche private, per chi poteva permetterseli; oppure alle mammane coi ferri da calza e gli abortivi tossici, per le poveracce; oppure, negli ultimi tempi e solo per le più sgamate, ai gruppi di femministe e radicali che praticavano clandestinamente i primi Karman - veri eroi, credetemi. La legge aveva il merito di garantire l’aborto nelle strutture pubbliche, dando a tutte le donne il diritto a una assistenza medica adeguata e alla riservatezza: per questo andava mantenuta.

Un argomento, tuttavia, anche questo molto pratico, rimase piuttosto in ombra, quasi nessuno avesse il coraggio di affrontarlo: perché una donna può voler abortire? A parte il caso limite, che ogni tanto veniva evocato, del rifiuto della donna violentata di avere un figlio dal proprio stupratore, questo aspetto non venne affatto approfondito.

Coraggio, facciamolo ora.

Per una donna, trovarsi incinta senza rimedio può essere psicologicamente insostenibile in moltissimi casi - e intendo casi comuni, comunissimi, non necessariamente vicende da romanzo strappalacrime o da cronaca nera. Può essere veramente tremendo. Ragazze, non dovete credere a quella roba che vi propina la televisione: «Caro, devo dirti una cosa...» «Ma è meraviglioso, tesoro!». Non è così che funziona nella vita. Mi raccomando, ragazze: siate prudenti, prudentissime! Evviva il preservativo, e guardate che la pillola non fa male coi dosaggi che ci sono adesso (a proposito, lo sapete, vero, che la chiesa è contraria anche a queste cose, e che la "pillola del mese dopo" non è nemmeno commercializzata in Italia perché le case farmaceutiche non ci pensano proprio a scatenare beghe col Vaticano). Siate prudenti, perché una gravidanza indesiderata può essere un guaio davvero. Soprattutto per le donne giovani e per le donne anziane.

Per le donne giovani: studi interrotti, scelte di lavoro sacrificate, matrimoni precipitosi con partner che non si conoscono abbastanza, o che magari si conoscono fin troppo bene per quegli stronzi che sono, scenate in famiglia, parenti che si intromettono. E l’idea, comunque, di una svolta irreversibile: fine del divertimento, prematuro e irreversibile inizio dei doveri e dei sacrifici. «Femmine un giorno e poi madri per sempre», cantava De André in una strofa che mi ha sempre fatto correre i brividi giù per la schiena. Mica facile da affrontare, l’idea.

Sono cattiva? Dal punto di vista di chi inzeppa di sacrifici l’aldiquà e rinvia la gioia all’aldilà, senz’altro. Cattiva, egoista, edonista. Ma che volete, io penso che la vita è solo questa, terrena e breve. Su questa giostra si fa un giro solo.

Ragazze care, lasciatevi dare un consiglio: finché siete giovani e carine, datela. Non state ad aspettare il principe azzurro, l’uomo perfetto: vi andrà di lusso se beccherete qualche uomo normale. Datela in giro, fate esperienza, è difficile trovare l’uomo giusto al primo tentativo, ma prendersi e lasciarsi alla vostra età non è una tragedia, anzi, è decisamente educativo. Imparate che comunque bastate a voi stesse, e che c’è ampia scelta. Datela, datela in giro e datela allegramente, con le precauzioni di cui sopra.

Poi, quando sarete diventate più forti e mature, quando i vostri gusti saranno più precisi e le vostre scelte di vita e di lavoro quantomeno abbozzate, bene: allora fate pure coppia fissa, sperimentate bene il partner, assicuratevi che non sia uno stronzo, e a questo punto - se vi va - figliate. Pensateci bene e soprattutto decidetelo voi, perché sarete comunque voi, nel bene e nel male, a pupparvi i figlioli. Lo so, oggi i maschi un po’ più civilizzati (ma quanti sono?) danno una mano, ma non ci contate troppo: che sono le donne a occuparsi della prole è scritto in profondità nei geni e negli ormoni, temo troppo in profondità perché qualsivoglia civilizzazione ci possa sovrascrivere. Dunque vi pupperete i figlioli. A lungo, perché ormai prima dei trent’anni non se ne vanno di casa.

E veniamo alle donne anziane - che poi sono quelle che più di frequente ricorrono alla IVG. Immaginate una donna tra i 45 e i 50, che magari ha già figli, li ha già svezzati, forse non ancora tutti sistemati, comunque non ne può più di vivere in funzione degli altri e vorrebbe pensare un po’ a se stessa. Resta incinta. Può capitare. A me è capitato, con tutto che al consultorio avevo passato l’esame sulla contraccezione a pieni voti. Può capitare, tanto più che il periodo precedente la menopausa da questo punto di vista è a rischio. Bene. Una donna tra i 45 e i 50 resta incinta.

Lasciamo pur stare i rischi per la salute sua e del marmocchio, riuscite a immaginarvi la prospettiva di ritrovarsi a 65, 70 anni con un figliolo in piena crisi adolescenziale? Senza arte né parte, ancora da sistemare? Ma non se ne parla nemmeno.

Ora avrete senz’altro sentito dire (senz’altro, perché la guardate troppo quella televisione): «l’aborto è comunque una tragedia». Balle. Lo è soltanto se lo si sovraccarica psicologicamente. E datemi retta: drammatizzano perché vi vogliono male, vogliono farvela pagare, vogliono che vi sentiate in colpa, che soffriate. Non gliela date vinta: è propaganda, credete a me. Dunque sdrammatizziamo. Un aborto non è affatto questo chissaché, col metodo Karman è un interventino da day hospital, niente paura. L’importante è partire da un buon consultorio (vi consiglio caldamente quelli dell’AIED), che vi indirizzi a un ospedale come si deve.

Questo perché ci sono posti dove potrebbero trattarvi male, purtroppo è così ed è una vergogna, ma non è difficile avere la dritta giusta.

Ora mi chiederete perché la faccio così lunga sull’aborto, visto che il referendum della settimana prossima riguarda invece le "norme in materia di procreazione medicalmente assistita". Non mi è andato il cervello in pappa, non mi sono lasciata trascinare dai ricordi a causa dell’età avanzata. E’ chiaro, e non è nemmeno più un mistero perché alla fine l’han detto fuori dai denti: i famosi "diritti del concepito" sono stati ficcati nel primo articolo della legge n. 40 del 2004, quella sulla procreazione assistita, per giocarli prima o poi contro la legge n. 194 del 1978, quella sull’aborto, quella che assai più civilmente afferma il «diritto alla procreazione cosciente e volontaria», quella che finalmente ha trattato le donne (altro che le cellule!) come persone, titolari di diritti e capaci di scelte responsabili, anziché come fattrici decerebrate.

E’ questa la posta in gioco, ragazze.

Perciò vi prego, andate a votare. Se il quorum non sarà raggiunto, sarà davvero brutta: per quella minoranza di donne che vive un problema - non frequentissimo - di infertilità; per tante, tantissime donne che vivono banali, frequenti, normalissime storie di gravidanze indesiderate; per tutte noi, per i nostri diritti ributtati indietro di trent’anni.

Maria Turchetto