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> 1 GIUGNO ATESIA - SCIOPERO TOTALE !

5 giugno 2006, 22:49

Vita in Atesia

Adesso tenteremo brevemente di descrivere come effettivamente si svolge
il lavoro all’interno di Atesia. Il collaboratore ha un orario da
rispettare. Un turno all’interno del quale può scegliere liberamente
se lavorare o meno. Se volesse lavorare in altri orari dovrebbe
richiedere l’autorizzazione dagli assistenti di sala (ats).
Generalmente si lavora 6 giorni su 7. Non esistono festività che
chiudono l’azienda. Atesia, ovvero gli operatori di call-center, è
attiva 24 ore al giorno per 365 giorni l’anno.

Come abbiamo già detto non è riconosciuto alcun pagamento per ferie o
malattia. L’unico elemento di retribuzione è il contatto utile. Con
questo si intende ogni attività (generalmente una telefonata ricevuta
od effettuata) chiusa positivamente. La definizione dell’utilità del
contatto è quella decisa dall’azienda sulla base della durata della
chiamata o delle risposte ricevute dal cliente. In sostanza è un
lavoro a cottimo. Il cottimo però è condizionato perché non è il
lavoratore che decide quante chiamate effettuare o ricevere ma è
l’azienda che decide i volumi di lavoro. In teoria un lavoratore
potrebbe prestare il suo tempo (elemento vincolante della
quantificazione della retribuzione secondo la Costituzione) e non
ricevere nulla in cambio. La realtà non si discosta molto da questa
ipotesi. Spesso, per logiche aziendali oscure, i volumi di lavoro sono
bassi e si guadagnano anche meno di 10 euro lordi al giorno.

Quello che succede spesso è che a prescindere del volume generale del
lavoro la distribuzione di esso non è equamente distribuita tra i
lavoratori. Quello che avviene concretamente è che l’azienda ha la
possibilità di dirottare un numero maggiore o minore di chiamate su un
lavoratore anziché su un altro. Inoltre all’interno di un stessa
commessa l’azienda può assegnare a suo piacimento una campagna
migliore a chi preferisce. Ad esempio nelle outbound una telefonata per
promuovere un servizio può essere pagata meno di quella per
promuoverne un altro. Quindi due lavoratori che lavorano la stessa
quantità di chiamate avranno guadagni differenti. E’ chiaro quindi
il potere, che si spinge fino al ricatto, che l’azienda ha sui
lavoratori per imporre determinati comportamenti. Altro che
collaborazione! Il ricatto e l’intimidazione ha negli assistenti di
sala (ats) i suoi principali esecutori. Nel posto di lavoro
l’attività viene coordinata dagli ats, in realtà spesso a loro
volta precari (un po’ la logica del kapò). In teoria, secondo il
contratto, dovrebbero fungere da riferimento per il collaboratore per
le problematiche inerenti allo svolgimento del lavoro. In pratica
quello che avviene è che la loro principale attività è quella di
controllo. In modi a volte anche autoritari impongono l’attività e
le sue modalità di svolgimento.

Tornando alla retribuzione essa viene cambiata dall’azienda in modo
unilaterale, anche retroattivamente. Vi sono situazioni limite che
sembra paradossale non possano essere sanzionate nonostante siano state
oggetto di interrogazioni parlamentari. Ad esempio nella campagna Tim
Business, dedicata ai contratti di telefonia mobile aziendale, al
lavoratore la telefonata di oltre 3 minuti viene pagata meno di quella
che dura da 2 minuti e 40 fino a 3 minuti. Oltre all’evidente danno
per l’utente, dato che necessariamente su indicazione aziendale si
tenderà a "tagliare" i tempi della chiamata, risulta palese
l’incostituzionalità di un pagamento che avviene in aperto contrasto
con la norma di proporzionalità tra tempo e retribuzione.

Nelle campagne inbound la chiamata fino a 20 secondi non è pagata.
L’assurdità della situazione è che invece il committente comunque
paga Atesia[1]. Si lavora gratis!

Oltre a tutto ciò dovremmo segnalare l’assoluta mancaza di rispetto
della Legge 626 sulla sicurezza sul lavoro. Come operatori lavoriamo
costantemente di fronte a monitor che non sono a norma di legge.
L’igiene del posto di lavoro è spesso scadente. L’impianto di
condizionamento non è sufficiente, d’inverno fa freddo e d’estate
fa caldo. La struttura stessa è fatiscente e presenta spesso pavimenti
dissestati e controsoffitti cadenti. In concomitanza con la brutta
stagione piove all’interno della struttura compromettendo la
praticabilità di alcune postazioni. L’inquinamento acustico dovuto
alla mancanza di insonorizzazione non permette di svolgere le normali
mansioni di lavoro, compromettendo la salute stessa degli operatori.
Gli strumenti tecnici forniti, necessari allo svolgimento della
mansione (cuffietta e microfono), sono inadeguati e difficilmente
reperibili.

Per quanto riguarda la rappresentanza sindacale essa in Atesia, per i
collaboratori, è costituita da Rsa. Quindi i sindacati nominano ed
impongono le rappresentanze senza che i lavoratori possano votare i
propri rappresentanti. La situazione è costante: lavoratori a cui sono
negati continuamente diritti, anche quelli sindacali.

Non possiamo fare a meno di constatare il fatto che Atesia in questi
anni è cresciuta esponenzialmente mentre ha prodotto migliaia di
lavoratori con guadagni infimi, nessuna garanzia, nessuna possibilità
di assicurare a sé e alla propria famiglia un’esistenza libera e
dignitosa.

[1] L’assoluta mancanza di trasparenza aziendale fa sì che non si
conoscano i rapporti economici tra committenti ed Atesia. Quello che è
certo dalle nostre conoscenze è che i margini di profitto sul lavoro
degli operatori è enorme.

weisse.rose119@tiscali.it