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Le persone che alla guerra sono state sempre contrarie

18 luglio 2006, 06:22

Da la newsletter di "La Nonviolenza in cammino" inoltro l’appello di un gruppo di parlamentari e il dissenso ad esso di Peppe Sini che condivido in toto.Nadia De Luzio.

. DOCUMENTAZIONE. "PARTIRE DALL’AFGHANISTAN PER COSTRUIRE UNA POLITICA DI
PACE". UN APPELLO DI ALCUNI PARLAMENTARI
[Attraverso la mailing list di Attac-Roma (per contatti:
attac_roma@yahoogroups.com) riceviamo e diffondiamo il seguente appello
sottoscritto da alcuni parlamentari]

Il nostro obiettivo primario resta il ritiro delle truppe italiane
dall’Afghanistan, ed una radicale trasformazione della presenza dell’Onu e
dell’Unione Europea in quel paese, nonche’ un ripensamento dell’intervento
della Nato al di fuori del contesto nordatlantico.
Il ritiro del contingente militare italiano dall’Iraq rappresenta una svolta
importante sulla quale costruire una nuova politica estera di pace e
multilateralismo solidale.
Questa svolta non puo’ dirsi compiuta se sulla guerra in Afghanistan non e’
stato possibile assumere un’esplicita posizione comune nel programma
dell’Unione.
Ciononostante, le forze di sinistra ed il movimento della pace nelle sue
varie espressioni sono riusciti a strappare con difficolta’ una mediazione
che valutiamo positivamente.
Essa prevede il congelamento della presenza militare italiana sul campo,
respingendo le pressanti richieste della Nato, soprattutto di aerei da
combattimento, l’aumento della componente civile, ed il monitoraggio
parlamentare.
Pensiamo che a queste condizioni sara’ possibile costruire un percorso che
possa creare le premesse per una radicale trasformazione della presenza
italiana in Afghanistan, nella prospettiva di un ritiro delle truppe a
vantaggio di forme efficaci di promozione della sicurezza umana e dei
diritti fondamentali delle popolazioni afgane, nonche’ di prevenzione
politica e sociale del conflitto.
Tuttavia l’aumento dell’impegno militare italiano nell’operazione Enduring
Freedom, sotto comando Usa, prospettato nel decreto di rifinanziamento
appare palesemente in contraddizione con un tale percorso.
Chiediamo pertanto al Governo un’ulteriore riflessione ed un ripensamento.
Prendiamo atto delle decisioni che ora la coalizione e’ in grado di assumere
ma siamo intenzionati a sviluppare un’iniziativa costante a livello politico
e parlamentare per far si’ che agli impegni presi segua un effettivo
cambiamento di rotta della politica estera italiana in Afghanistan.
*
Francesco Martone, Silvana Pisa, Piero Di Siena, Giovanni Battaglia,
Giovanni Bellini, Maria Luisa Boccia, Paolo Brutti, Jose’ Luis Del Roio,
Guido Galardi, Nuccio Iovene, Giorgio Mele, Lidia Menapace, Sabina Rossa,
Anna Maria Palermo

. RIFLESSIONE. PEPPE SINI: UN PROFONDO DISSENSO DALL’APPELLO CHE PRECEDE E
UNA PREGHIERA ANCORA

L’appello che presentiamo sopra e’ sottoscritto anche da persone cui ci lega
un’antica e profonda amicizia. Amicizia che non e’ in discussione.
Cio’ che obiettiamo ai firmatari e’ che, se il testo che ci e’ pervenuto e’
corretto e se interpretiamo bene le loro parole, essi infine "prend[ono]
atto delle decisioni che ora la coalizione e’ in grado di assumere" con cio’
intendendo la prosecuzione della partecipazione italiana alla guerra in
Afghanistan.
Cosicche’, pur persuasi che la guerra sia un male e che la pace sia un bene,
non solo subiscono la prosecuzione della partecipazione italiana alla guerra
afgana, ma la avallano di fatto poiche’ ad essa non dichiarano - almeno
finora - che intendono opporsi esplicitamente nel modo in cui nelle
assemblee democratiche con potere deliberativo ci si esprime: con il voto.
*
Crediamo che cio’ significhi commettere due errori, anzi tre.
Il primo: farsi sostenitori de facto della guerra e recarne la
corresponsabilita’ qualora si voti a favore del decreto del governo che la
prosecuzione della partecipazione militare italiana alla guerra afgana
stabilisce.
Il secondo: violare la Costituzione, che all’art. 11 e’ esplicita ed
ineludibile: a una guerra come quella in corso in Afghanistan l’Italia non
puo’ partecipare, chi delibera in senso opposto agisce contro la
Costituzione; il fatto che altri lo abbiano gia’ fatto prima non autorizza a
farlo di nuovo, cosi’ come il fatto che nel corso della storia tanti omicidi
siano stati commessi non legittima l’omicidio. Qualora si voti a favore del
decreto che la prosecuzione della partecipazione militare italiana alla
guerra afgana stabilisce, la violazione della Costituzione e’ flagrante.
Il terzo: almeno una delle persone che hanno sottoscritto il testo che
precede e’ da sempre figura di riferimento dell’impegno di pace. Un suo voto
a favore della guerra sarebbe una palese contraddizione.
In questo momento di terribile confusione in cui alcuni pretendono di
chiamare missione di pace quella che e’ partecipazione alla guerra, e molti
stanno cedendo alla guerra facendosi scudo del fatto che anche alcune
persone buone stanno parimenti cedendo, noi ancora una volta preghiamo
coloro che in passato alla guerra seppero opporsi di non cedere ad essa ora.
*
E per dirla tutta: per chi scrive queste accorate righe non e’ in
discussione la stima e l’affetto per Lidia Menapace, come non era in
discussione la stima e l’affetto per Norberto Bobbio, e la stima e l’affetto
per Alex Langer, in vicende passate che con la presente hanno qualche
analogia di fondo: ma che gli sciagurati guerrafondai possano abusivamente
farsi scudo del nome di Norberto Bobbio, o di Alex Langer, o di Lidia
Menapace, questo ci indigna e ci addolora.
Il parlamento italiano sara’ chiamato al voto tra pochi giorni. Il
parlamento che anche noi abbiamo eletto. E poiche’ l’Italia e’ una
democrazia parlamentare, il potere di fare le leggi e’ del parlamento; ed e’
il parlamento quindi che decidera’ la guerra o la pace. Sappiamo bene che
pressoche’ la totalita’ delle forze politiche presenti in parlamento e’ per
la guerra. Ma almeno le persone che alla guerra sono state sempre contrarie
non si dimentichino di se stesse, e per quanto e’ in loro potere difendano,
con la pace, la Costituzione, la dignita’ del popolo italiano e delle
istituzioni democratiche, le vite di coloro che la guerra invece uccide.