Home > ... > Forum 9454

Il film completo dell’esecuzione di Saddam Hussein : Risveglio nell’inferno

2 gennaio 2007, 14:11

Esser grati al boia multimediale?

di Vittorio Zambardino www.repubblica.it

Martedì, 2 Gennaio 2007

Dovremo ringraziare il farabutto che ha filmato Saddam che muore?

Ora che il video girato con un telefono e finito su internet viene ripreso da tutto il mondo, immagini dove un paio di carnefici insultano un uomo che muore in nome dell’odio religioso, perché non ci scandalizziamo? Tecnicamente il videoclip telefonico di Baghdad è uguale a quello dei bulli di Torino. Anzi in questo caso è orrore “puro” quello che viene da Baghdad, dove in quel caso era una viltà di quartiere, un piccolo episodio, al confronto con l’esecuzione.

In quei giorni, quelli del video dei bulli, e in questo blog, decine di persone hanno chiesto la censura per internet (i “filtri”) dopo il video di Torino, “perché non voglio che mio figlio veda queste cose”. Ecco, tuo figlio vedrà anche un tiranno pendere dalla sua forca, e un uomo che lo insulta mentre quello, come cantava De André, “dà calci al vento”. Quel video lo stanno “trovando” in tanti, sulla rete.

La riposta, che viene dal buon senso e dalla conoscenza dei fatti, è che il video di Baghdad è cronaca di un possente fatto dei nostri giorni. Ha già fornito qualche buona chiave d’interpretazione (la guerra di religione, non civile, in corso in Iraq) per capire quella corda tesa con un uomo alla fine, ed entrerà negli archivi e nei libri di storia - anche nei documentari, vista la sua natura audiovisiva.

E però, tecnicamente, non c’è nessuna differenza fra Torino e Baghdad. Perché questa volta non ci ribelliamo, perché non invochiamo “l’immagine raccapricciante” (una fattispecie del codice) e la censura, com’è successo in Italia quando a finire sulla rete, via telefono, erano le nostra bambine e i nostri bambini? Anche ministri e parlamentari di sinistra si sono spesi con quella parola, censura, in quei giorni.

La morale dorme a capodanno, signori moralisti? O la sfida che viene dalle immagini della forca chiarisce per sempre l’inutilità di ogni polemica repressiva e censoria perché ci svela come stanno le cose?

Fanno bene a tacere - facciamo bene a non vedere, tutti noi, la violenza devastante che c’è in quel video. Nonostante tutti sappiamo e immaginiamo che quelle immagini le vedranno tutti, grandi e piccini, orientali e occidentali, religiosi e laici. Ed è chiaro a tutti che non ci sono forbici di censore che ce ne possano salvare, nell’epoca del blob planetario, capillare, snack-television. E così il videoclip di Baghdad ci regala una nuova coscienza dei media.

E’ vero: l’orrore, senza internet, ci raggiungerebbe meno, e noi non sapremmo che esiste. Vivremmo più tranquilli. E però… Se ci fosse stata internet, quanto in più e quanto prima avremmo saputo dello stupro etnico e dei massacri in Iugoslavia, per dire di una cosa vicina anche per chi ha 20 anni? E non parlateci di televisione: ai tempi di Srebrenica, gli operatori televisivi venivano ammazzati o fuggivano, e le immagini se arrivavano, passavano prima mille filtri e perplessità. L’immagine dell’orrore era difficile da ottenere e più di una regola ne frenava la completa diffusione.

Oggi i grandi media “debbono” pubblicare, mandare in onda, altrimenti sono bucati dai siti internet, dai blog, da YouTube. “Debbono”, altrimenti vengono battuti sul loro terreno. Quindi devono veicolare, in parte, con cautela, con auto censura a volte, l’orrore. “Debbono” perché la fine di ogni esclusiva mette in luce il paradosso del “diritto ad essere traumatizzato” che è il fondamento del cittadino elettronico.

Non è un caso che il termine più usato, da quando un sito internet è apparso al pubblico, sia quello di “esperienza”. Lo usano gli specialisti di marketing, lo usano quelli che i siti li disegnano: “consente una buona esperienza”, parlano così. Internet, molto più di ogni altro media, permette l’esperienza del reale e dell’altro, e anche del folle, dell’immaginario e del “male” che c’è nel mondo. Ma non è forse ogni media esperienza? A un padre che contesta il “rincoglionirsi con la televisione”, un figlio di una vignetta di Altan rispondeva: “Tutta invidia perché te ti sei dovuto rincoglionire con la radio”. Le generazioni dei media stentano a capire le successive. Per un paragone, un punto di contatto, chiediamoci cosa sarebbe stata la seconda guerra mondiale senza i cinegiornali, senza i soldati-operatori americani spenzolati fuori dagli aerei per riprendere ogni cosa, senza quella macchina da presa dell’Armata Rossa prima, poi degli angloamericani che filmarono i forni crematori? Cosa sapremmo, oggi, cosa avremmo “provato” oggi, se di quelle cose avessimo saputo subito, nei giorni del ‘45?

Certo l’esperienza è anche alla base del fanatismo, della propaganda, dell’imbonimento, come ogni dittatore e ogni addetto di marketing sanno. Oggi però abbiamo un mezzo che salta ogni filtro, il mezzo della “nostra” esperienza, il mezzo che porta l’orrore nel cuore di ognuno di noi. Al padre che dice “non voglio che mio figlio veda queste cose”, l’unica risposta sensata è: tuo figlio vedrà, come te, quelle immagini, e crescerà con te. L’orrore lo farà persona, perché questo è il pane dell’informazione del nostro tempo. L’unica salvezza è in un’opinione pubblica che sappia sopportare l’orrore, vivendolo nella propria esperienza virtuale ed elimandolo da quella reale. La salvezza è vedere, non coprirsi gli occhi.

Forse dovremmo ringraziare il farabutto che ha filmato la morte di Saddam.

Il suo è uno spot contro la pena di morte.