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Camionisti in rivolta, Spagna in ginocchio

Publie le sabato 14 giugno 2008 par Open-Publishing

Camionisti in rivolta, Spagna in ginocchio

di Anna Maria Merlo

su Il Manifesto del 12/06/2008

Fabbriche e supermarket chiusi anche in Portogallo Chi paga la crisi del caro greggio? In Francia è scontro

Ieri i passaggi tra Francia e Spagna sono stati sbloccati, dopo un giorno di paralisi e le proteste violente che l’altro ieri hanno causato la morte di due camionisti - a Granada e a nord di Lisbona - investiti da colleghi che stavano forzando i picchetti. Ma i camionisti restano sul piede di guerra di qua e di là dei Pirenei e minacciano una paralisi totale delle strade per la prossima settimana.

Le forze dell’ordine sono intervenute ieri in Catalogna, per sloggiare i camionisti spagnoli che bloccavano il colle del Perthus. In Portogallo, ci sono stati tre feriti vicino all’aeroporto di Lisbona, semi-paralizzato dalle proteste. Nei supermercati di Spagna e Portogallo cominciano a mancare i generi alimentari di base, mentre le fabbriche che lavorano con il sistema del just in time (Seat, Peugeot, Mercedes) sono state costrette a sospendere la produzione per mancanza di pezzi.

Pescatori, camionisti e piccola e media impresa protestano per il caro-petrolio. Chiedono un intervento dello stato. In Spagna, José Luis Zapatero ha varato ieri 54 misure per attenuare le conseguenze del caro-petrolio. Bruxelles le ha giudicate «conformi» alle norme della Ue. Ma Zapatero è disposto soltanto a permettere ai trasportatori di riversare gli aumenti della benzina sul prezzo delle merci, mentre è contrario sia alla riduzione delle tasse sui carburanti che all’imposizione di tariffe minime per i servizi di trasporto merci. In Francia, Sarkozy avrebbe voluto spingere i 27 paesi della Ue a ridurre l’Iva sui carburanti. Ma Bruxelles ha bocciato l’iniziativa.

L’opposizione ha alzato la voce e chiede che a pagare siano le compagnie petrolifere, a cominciare da Total, che l’anno scorso ha accumulato utili per 12,2 miliardi di euro (e ha speso 1,7 miliardi per comprare proprie azioni e pagare così dividendi in rialzo dell’11% agli azionisti). Lunedì il direttore generale di Total, de Margerie ha incontrato la ministra delle finanze, Lagarde ed è stato costretto ad accettare di finanziare il rialzo dell’assegno che viene versato alle famiglie meno abbienti per il riscaldamento (che passa da 150 a 200 euro l’anno e riguarda 700mila famiglie francesi).

Sarkozy non sa bene cosa fare, anche perché non solo Bruxelles impedisce di abbassare l’Iva, ma lo stato non può rinunciare così facilmente alla quarta entrata fiscale che rappresentano i carburanti. Ségolène Royal afferma che i profitti di Total sono «un bene collettivo» e vanno ridistribuiti. Il sindaco di Parigi, Bertrand Delanoë, afferma che le compagnie petrolifere si «ingozzano» di guadagni. L’Ump, il partito di Sarkozy, accusa i socialisti di «demagogia» e mette in guardia: Total minaccia di delocalizzare e la Francia avrà solo da perdere ad accanirsi sulla compagnia. In questa polemica, alla vigilia della presidenza francese della Ue (luglio-dicembre), resta sullo sfondo il «pacchetto energia-clima» che dovrebbe rappresentare una delle priorità del prossimo semestre per l’Europa.

La Commissione ricorda blandamente che l’obiettivo è diminuire i consumi. La Ue, difatti, vuole presentarsi al prossimo vertice sul clima a Copenhagen, a fine 2009, con una legislazione «modello» per affrontare il dopo-Kyoto (che scade nel 2012). L’Europa dovrebbe costruire una politica comune dell’energia. L’obiettivo è una riduzione del 20% delle emissioni ad effetto serra rispetto ai valori del ’90, ma il Parlamento europeo chiede meno 30% per il 2020 e meno 60-80% per il 2050. Secondo l’Eurobarometro, l’80% dei cittadini europei vogliono migliori norme ambientali.

Ma molti punti sono oscuri nel programma in vista di Copenhagen: il sistema delle quote, con il mercato annesso, funziona male (perché lasciato in mano agli stati che subiscono le pressioni delle lobbies) e alcuni frenano (Malta, Gran Bretagna) per renderlo più vincolante; è contestata l’idea della Commissione di portare al 10% i biocarburanti nei trasporti per il 2020; alcuni stati, Francia in testa, vogliono inserire il nucleare nelle energie rinnovabili, per diminuire gli sforzi.